Da Raffaello a Tiziano. Grand tour italiano in Polonia

National Museum, Varsavia – fino al 28 agosto 2016. Capolavori del Cinquecento lombardo in mostra presso il Museo Nazionale di Varsavia. Una rassegna ben pensata e organizzata, che raccoglie opere di maestri e autori minori, esemplari eccellenti del Rinascimento bergamasco e bresciano.

RINASCIMENTO A VARSAVIA
Mentre i nomi dei più grandi maestri del Rinascimento provenienti da Firenze e Venezia sono noti anche ai più distratti appassionati d’arte, la conoscenza dei maestri contemporanei provenienti dal nord Italia è riservata soprattutto a quelli più preparati”. Comincia così il pamphlet guida alla mostra Brescia. The Renaissance in Northern Italy, in corso al Museo Nazionale di Varsavia.
Il motivo nascosto dietro questo ambizioso progetto è, infatti, quello di portare in Polonia, per la prima volta in modo completo e curato, alcuni tra gli autori minori più illustri della tradizione cinquecentesca provenienti dalle scuole del nord Italia, accompagnati da esempi eccellenti di nomi consolidati che, al contrario, non hanno bisogno di introduzione.

UN GRAND TOUR ITALIANO
Il percorso che conduce in questa sorta di Grand Tour italiano parte dalla volontà di accogliere l’osservatore in un’atmosfera piacevole, all’insegna dell’otium e del godimento estetico. E più si viaggia o si vive al di fuori dei confini nazionali e più si intuisce quanto ancora questo lasciarsi coccolare dalla cultura classica italiana abbia un valore ineguagliabile e profondamente sentito dagli amanti dell’arte di tutto il mondo, sempre pronti a far file chilometriche pur di sentirsi parte di quella eredità inestimabile che – fa sempre bene ripeterselo – solo l’Italia può vantare.
Luci soffuse, musica sacra in sottofondo e un allestimento arioso permettono all’osservatore di passeggiare tra le nove sale del museo, sospirando estasiato ora di fronte a un Raffaello ora davanti a un Tiziano.
E ad aprire il tragitto è proprio il Cristo Benedicente di Raffaello Sanzio, forse l’opera più importante in mostra: raffinato, piccolo e potentissimo. Non si poteva sperare in un benvenuto migliore. D’altronde la composizione semplifica, di per sé, il concept dell’intero progetto: la nozione di bellezza sulla base delle proporzioni divine, l’armonia tra i canoni estetici classici e gli ideali della tradizione cristiana, l’utilizzo di colori morbidi e sfumati accolgono lo spettatore come un augurio a lasciarsi trasportare verso un livello di comprensione del reale più alto.
Il dipinto è accompagnato da una copia-studio originale della Madonna dei Garofani dello stesso Raffaello, conservata presso la Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia.

Moretto, Salomé, 1540 - Pinacoteca Tosio Martinengo, Brescia

Moretto, Salomé, 1540 – Pinacoteca Tosio Martinengo, Brescia

CONTRASTI E AFFINITÀ STILISTICHE
Il resto dei dipinti in mostra nella stessa stanza comprende esempi eccellenti, e forse meno noti, di arte del Cinquecento italiano: le austere composizioni di Vincenzo Foppa, tra i principali rappresentanti del Rinascimento lombardo, si contrappongono all’esuberanza decorativa delle composizioni di Luca Mombello (allievo del Moretto); nelle opere di Callisto Piazza e Romanino, invece, più lontani dagli stilemi leonardeschi e veneti, sembra far capolino la tradizione fiamminga, con la luce come elemento unificante all’interno delle scene.
In ogni caso, i contrasti e le affinità tra i vari pittori dimostrano la promiscuità degli elementi culturali e pittorici del periodo, e la vitale fioritura artistica del territorio bresciano, stretto tra pulsioni nord-europee e l’insegnamento dei maestri veneziani e lombardi del tempo (Tiziano e Da Vinci su tutti).

SULLE TRACCE DI LEONARDO
E proprio agli autori ispirati a Leonardo da Vinci è dedicata la seconda tappa del percorso espositivo. La sala raccoglie infatti esempi di alcuni tra i molti seguaci del genio toscano, pittori che ricevettero l’influenza di Leonardo dopo il suo trasferimento presso la corte di Ludovico il Moro.
L’impatto determinato dal suo arrivo a Milano fu essenziale per un’intera nuova generazione di artisti in terra lombarda: le opere di Giovanni Busi, Pasqualino Veneto, Giovanni Bellini, Antonio Campi e Bartolomeo Sardi sono alcuni tra i riferimenti in mostra.
L’elemento comune fra tutti i lavori è la riproduzione della natura sulla base dell’osservazione empirica dei fenomeni. A livello formale scioltezza compositiva, colori sfumati, e la bellezza malinconica dei soggetti sembrano il minimo comune denominatore per ognuno di questi dipinti, cristallizzati sullo stile e sull’insegnamento del maestro toscano.

Lorenzo Lotto, Adorazione dei pastori, 1534 - Pinacoteca Tosio Martinengo, Brescia

Lorenzo Lotto, Adorazione dei pastori, 1534 – Pinacoteca Tosio Martinengo, Brescia

L’ANTICONFORMISMO DI LORENZO LOTTO
La sala seguente è invece dedicata a Lorenzo Lotto. L’artista, di origine veneta, visse a lungo emarginato dal contesto lagunare, portando avanti la sua ricerca all’ombra di Tiziano (ben più popolare al tempo), dando vita a uno stile spesso al di fuori dei canoni consolidati, introducendo nuove formule tecniche tanto nell’uso dei colori quanto della composizione.
Un esempio eccellente in mostra, preso in prestito dall’Accademia Carrara di Bergamo è La Sacra Famiglia con Santa Caterina: la luce fredda e la scelta disarmonica dei colori allontanano l’opera dagli stilemi veneziani, ponendo la sua pittura su un piano assai personale e di forte ispirazione per molti dei pittori lombardi in attività nei primi decenni del Cinquecento, che ne furono influenzati durante il soggiorno di Lotto nel bresciano.

LA RITRATTISTICA LOMBARDA
Gli ultimi settori del museo sono invece impostati come grandi raccolte di dipinti di autori lombardi prevalentemente impegnati nella ritrattistica e nella rappresentazione di scene idilliache, tra ninfe, figure mitologiche e serafini.
Nel primo caso la mostra prevede una corposa carrellata di opere raffiguranti mezzibusti di personaggi illustri dell’epoca: è infatti proprio durante il Rinascimento che il ritratto si afferma con rinnovato interesse, attestandosi come genere autonomo, sulla base dei risultati eccellenti ottenuti – già nel Quattrocento – da Masaccio prima e Piero della Francesca poi.
Gli autori proposti in mostra sono ottimi esempi degli stilemi in corso nel Cinquecento in area lombarda, anche in questo caso sempre sospesi tra l’insegnamento veneziano e le costanti influenze fiamminghe. Le opere di Giovanni Bellini, Giovan Battista Moroni, Bernardino da Asola, Sofonisba Anguissola, ma soprattutto Tintoretto e Tiziano, racchiudono bene gli elementi caratteristici del ritratto di questo periodo: la presenza di elementi idealizzati e dettagli allegorici fanno della raffigurazione rinascimentale non solo una mera riproduzione delle fattezze della persona, ma un riassunto visivo volto a trasmettere il prestigio e la ricchezza del soggetto ritratto, attraverso la costante presenza di oggetti-simbolo.
E proprio questi oggetti, raccolti da pinacoteche e collezioni private, riempiono il centro della sala: ceramiche, gioielli, broccati e libri aiutano l’osservatore non solo nella lettura dei dipinti ma, più in generale, a tuffarsi in toto nel Rinascimento lombardo grazie a una panoramica sulla moda e sui gusti dell’epoca.

Dosso Dossi, Giove pittore di farfalle, Mercurio e la Virtù, 1523-24 - Castello di Wawel, Cracovia

Dosso Dossi, Giove pittore di farfalle, Mercurio e la Virtù, 1523-24 – Castello di Wawel, Cracovia

UN FINALE BUCOLICO
Chiude il lungo percorso la sezione dedicata alla raffigurazione di scene pastorali. Durante il sedicesimo secolo un mondo di divinità mitologiche, ninfe e paesaggi bucolici apparve nei dipinti di molti autori italiani, anche lombardi, testimoniando la profonda fascinazione verso la natura, il corpo umano e le sue nudità.
Esempi di vita idilliaca spuntano nelle opere del Moretto o di Lattanzio Gambara, entrambi in mostra con dipinti dal sapore fortemente scenografico, frutto dell’assimilazione tanto degli schemi del manierismo settentrionale italiano quanto degli influssi della pittura fiamminga.
Ultima tappa del percorso espositivo è un monumentale e leggerissimo Dosso Dossi, in mostra con Giove pittore di farfalle, Mercurio e la Virtù, in prestito dal Castello Wawel di Cracovia.
L’opera è un atto di conclusione eccellente: collocato al centro della sala, il dipinto si impone in tutta la sua ricchezza cromatica. Anche in questo caso, motivi mitologici ed elementi legati alla natura si mescolano in una sintesi perfetta, densa e delicatissima, che accompagna l’osservatore alla fine di un questo audace, e ben riuscito, Grand Tour italiano.

Alex Urso

Varsavia // fino al 28 agosto 2016
Brescia. The Renaissance in Northern Italy
a cura di Joanna Kilian
NATIONAL MUSEUM
Aleje Jerozolimskie 3
+48 (0)22 6211031
[email protected]
www.mnw.art.pl

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Alex Urso

Alex Urso

Artista e curatore. Diplomato in Pittura (Accademia di Belle Arti di Brera). Laureato in Lettere Moderne (Università di Macerata, Università di Bologna). Corsi di perfezionamento in Arts and Heritage Management (Università Bocconi) e Arts and Culture Strategy (Università della Pennsylvania).…

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