Biennale di Lione. Per una critica della modernità

La rassegna curata da Ralph Rugoff convince. Con uno svolgimento coerente e ampio del suo tema, "la vita moderna". In tre sedi (più programma collaterale) le istanze politiche e sociali di oggi viste con gli occhi dell'arte.

UNA BIENNALE COERENTE ED EFFICACE
Non ai livelli dell’estremamente innovativa edizione 2011 di Victoria Northoorn, ma superiore a quella del 2013 di Gunnar Kvaran. Paragoni a parte, è un’ottima edizione della Biennale di Lione, quella curata da Ralph Rugoff: ben allestita e ricca di opere realizzate per l’occasione (il 63%), rimane coerente con il suo tema (La vita moderna) e lo svolge in modo abbastanza ampio da non risultare illustrativa.
Moderno (e modernismo) sono termini abusati ma ancora significativi. Il curatore ne dà un’interpretazione non letterale: “la vita moderna” è da intendersi come “istanze sociali e politiche di oggi e del recente passato“. Istanze che non vengono illustrate con opere documentaristiche, ma con lavori efficaci che interrogano lo spettatore, “ponendo domande più che dando risposte“, come ama ripetere Rugoff a proposito della sua Biennale.

Biennale di Lione 2015 - Ralph Rugoff

Biennale di Lione 2015 – Ralph Rugoff

TECNOFUTURISMO, DISUGUAGLIANZE, NUOVA SCULTURA
La scansione degli spazi assegna a quasi tutti gli artisti un settore “monografico”. Alla Sucrière si apre con un occultamento della visuale, quello dell’installazione di Liu Wei, che bisogna aggirare per entrare. E ci si imbatte subito dopo nella batteria suonata da una cascata di noccioli di ciliegia di Céleste Boursier-Mougenot. Seguono opere sulla disuguaglianza sociale (Marinella Senatore), inquietanti visioni tecno-futuriste come quella di Simon Denny, lo straniante ufficio allestito da Kader Attia… Fino a giungere all’ultimo piano, ricco di installazioni spettacolari, tra cui l’inquieta stanza post-human di Alex Da Corte, oppure l’opera di Tatiana Trouvé, che prosegue la sua indagine sulla scultura in forma indiretta utilizzando il disegno e il collage.

Biennale di Lione 2015 - Lai Chih-Sheng

Biennale di Lione 2015 – Lai Chih-Sheng

UN PANORAMA DI ROVINE, NON SENZA IRONIA
Al MAC la qualità media sale ancora. Ed è questione soprattutto delle rovine della modernità, come nella bella sala in trompe l’œil di Emmanuelle Lainé e nella stanza ingombra di detriti di Lai Chih-Sheng. Ma non mancano gli slanci poetici (la videoinstallazione di He Xiangyu con 24 soggetti, uomini e animali, che sbadigliano) o esempi di un’attitudine ironica (la stanza di Camille Henrot con disegni e una sarcastica installazione interattiva). E c’è anche ottima pittura, come i perturbanti dipinti di Johannes Khars o le parodie del Modernismo di George Condo.
Dopo una deviazione nel parco della Tête d’Or, alla ricerca della seminascosta opera di Darren Bader, il percorso della mostra principale si conclude nella sala 15 del Musée des Confluences, dove è esposta una videoinstallazione di Yuan Goang-Ming – deludente, va detto, ma è una buona occasione per visitare il neonato museo.
Il programma collaterale, infine, merita attenzione. La mostra più in vista è quella di Anish Kapoor chez Le Corbusier, al Convento della Tourette, ma meritano una visita anche lo IAC, con la mostra di giovani artisti tra cui spicca la bella pittura di Johann Rivat, e il Plateau con opere dalla collezione del MAC. Tutte le altre iniziative sono raccolte nei programmi Veduta e Resonance, alla Fondation Bullukian, in città e in regione.

Stefano Castelli

Lione // fino al 3 gennaio 2016
13. Biennale de Lyon
a cura di Ralph Rugoff
www.labiennaledelyon.com

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Stefano Castelli

Stefano Castelli

Stefano Castelli (nato a Milano nel 1979, dove vive e lavora) è critico d'arte, curatore indipendente e giornalista. Laureato in Scienze politiche con una tesi su Andy Warhol, adotta nei confronti dell'arte un approccio antiformalista che coniuga estetica ed etica.…

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