La forma come nutrimento totale. Germano Celant in Triennale

Alla Triennale di Milano, dai giardini al piano terra al primo piano, Germano Celant plasma “Arts & Foods. Rituali dal 1851” a propria immagine e somiglianza. Un percorso fitto e sequenziale, che prende avvio con un dipinto di William Orpen e termina con Sandy Skoglund. Ed è già clima di Expo.

GERMANO CELANT DÀ I NUMERI
Fino al 1° novembre, tra l’escatologico Nutsy’s McDonald’s (2001) di Tom Sachs, posto all’ingresso della Triennale di Milano, il primo dipinto di rilievo (a piano terra), firmato da William Orpen (Le Chef de l’Hotel Chatham, Paris, 1921) e la giallissima foto Sandy Skoglund (The Cocktail Party, 1992) intercorreranno 7mila mq e oltre 2mila opere. Una galassia estensiva e allo stesso tempo puntuale, un percorso che si propone al visitatore come una mappa universale, un viaggio attraverso differenti piani e pianeti, artefatti e processi, simulacri estetizzanti e diorama abitabili del nutrimento: dal 1851 alla contemporaneità.
Un percorso dal titolo seriale Arts & Foods. Rituali dal 1851 ma dall’andatura espositiva serrata, improvvisamente poetica, totalizzante, pedagogica, enciclopedica e talvolta necessariamente famelica. La rassegna curata da Germano Celant è nata per rendere la Triennale di Milano un padiglione di richiamo di temi e percorsi di Expo 2015, ma si è trasformato in un’enorme esposizione a tempo, un promemoria ordinato e leggibile come un flusso esperienziale che, in principio, ricostruisce quaranta vetrine per l’ostensione di oggetti collegati al nutrire e al nutrirsi, nonché oltre quindici ambienti visitabili per infusione, per poi affastellarsi e rapprendere, al piano superiore. Tra i dipinti di Igor Baskakov (Twix, 2001), il pesce biblico di Frank O. Gehry, i macchinari senza meccanismi di Krzysztof Wodiczko, il destabilizzante Project for the Walls of a Dining Room: Broken Plate of Scrambled Eggs, with Fabrication Model of the Dropped Bowl Fountain di Oldenburg e van Bruggen, nonché l’autoritratto di Braco Dimitrijevič, Triptychos Post Historicus del 1996.

Arts & Foods. Rituali dal 1851 – veduta della mostra presso la Triennale, Milano 2015

Arts & Foods. Rituali dal 1851 – veduta della mostra presso la Triennale, Milano 2015

ARTE & DESIGN PER IL CIBO
Non solo arte, però: anche oggetti di design industriale (Branzi, Sottsass, La Pietra, Pesce, Dalisi, Thun, ma anche Prouvé e Zanini), diorami ricostruttivi e stanze domestiche, tra estensioni spaziali e temporali dedicate a una ricollocazione di luoghi linguistici, estetici e fisici dedicati al cibo. Dalla sala da pranzo alla cucina, dal bar agli spazi deputati al pic-nic, in cui quadri, arredi, oggetti, sculture, fotografie, elettrodomestici, documenti, fotografie, video proiezioni, giochi, menù gastronomici che intersecano la storia dell’uomo alla rappresentazione della sua vita. Così come il prodotto alla sua visibilità e al messaggio, al significante che lo accompagna.
L’itinerario espositivo prende infatti avvio a partire da alcune vetrine, teche enormi poste al fianco della biglietteria, inizio dei volumi architettonici che formano e accompagnano la Curva est. La data di principio del percorso, il 1851, coincide con la posa del manto storico di riferimento di Germano Celant e con la nascita, l’affermarsi delle esposizioni, durante le quali si evidenzia il processo del mostrare come possibilità di portare all’attenzione, quanto al giudizio, l’aspetto di un oggetto. Nel 1851 a Londra aprirà i battenti la prima Esposizione universale o Expo, che si terrà nel Crystal Palace, una vera e propria visione d’insieme sull’innovazione e sul progresso della produzione, più che una ripresa sistematica di una linea storiografica.
Tra sale da pranzo ottocentesche, antichi macchinari, la ricostruzione di un bar Campari e la rievocazione di una macelleria, non mancano camei visuali quasi dimenticati come La Gardeuse de vaches o Jeune Bretonne di Gaugin del 1889, dipinto che attesta l’evoluzione del tempo e del prodotto-cibo, un segno che si mostra in continua opposizione tra democratizzazione e diffusione consumistica è stata quest’ultima a imporsi. Nel procedere del percorso, l’universo di Campari costituito da Depero segna con una certa repentinità il rapporto tra la divulgazione di un’idea consumistica e le avanguardie storiche, dal Futurismo al Suprematismo, dal Dadaismo al Surrealismo, complici di un processo di una quotidianità estetizzante che alla fine si sovrappone con la loro stessa consacrazione culturale ed economica.

Arts & Foods. Rituali dal 1851 - veduta della mostra presso la Triennale, Milano 2015

Arts & Foods. Rituali dal 1851 – veduta della mostra presso la Triennale, Milano 2015

UNA MOSTRA… SATOLLA
Dopo un excursus tra gavette militari, razioni da trincea e alcune delicatissime nature morte di Morandi (1941-55), la prosecuzione di Arts & Foods, nell’Ala Est, si incarna nello Zeitgeist degli Anni Sessanta e Settanta, modificando totalmente la percezione dello spazio allestitivo, che abbandona gli ambienti composti, rigorosi e gli spot luminosi caldi, per adagiarsi all’interno di un’esplosione di colori acidi, dal violetto al giallo, al grigio, al pervinca. Saturazioni che accompagnano gli Still Life #49 (1964) di Tom Wesselmann così come l’astronomica Maison Bulle à 6 Coques (1968) di Jean Maneval. Qui, tra la Eat art di Spoerri che prevede persino l’esposizione di Le coin du Restaurant Spoerri (1969), e il Cézanne Still Life #4 (1981) di George Segal, la densità del percorso di Germano Celant comincia a intaccare percettivamente il registro di lettura di qualsiasi spettatore, rendendo la mostra sul cibo un lontano richiamo alla forma. In attesa della contemporaneità.

Ginevra Bria

Milano // fino al 1° novembre 2015
Arts & Foods. Rituali dal 1851
a cura di Germano Celant
TRIENNALE
Viale Alemagna 6
02 724341
[email protected]
www.triennale.it

MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/43189/arts-foods-rituali-dal-1851/

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Ginevra Bria

Ginevra Bria

Ginevra Bria è critico d’arte e curatore di Isisuf – Istituto Internazionale di Studi sul Futurismo di Milano. È specializzata in arte contemporanea latinoamericana.

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