Di doman non v’è certezza
Al giro di boa, la seconda mostra di Punta della Dogana punta sul minimal e sull’eleganza. Riciclando qualche illustre nome noto e pure un paio di nomi più di ricerca. Una mostra che attende il suo completamento, a Palazzo Grassi, a giugno, durante la Biennale.
Venezia, Punta della Dogana, chez Pinault. Il percorso di Elogio del Dubbio, immaginato da Caroline Bourgeois, è a prima vista molto chic. Cifra stilistica della curatrice francese, il dialogo e l’attenzione per l’artista, che collabora attivamente anche con l’allestimento.
All’ingresso è stata eliminata la tenda di Felix Gonzales-Torres per far posto al minimalismo in acciaio e legno di Donald Judd e al sempreverde cavallo di Cattelan. La prima bella sorpresa è al piano rialzato, dove Edward Kienholtz presenta una inquietante stanza borghese dove abitano i fantasmi dei personaggi di un tempo passato, assenti e ingombranti allo stesso tempo, aperti allo sguardo indagatore del voyeur smaliziato.
Il solito McCarthy, banale nella sua sempre più esibita volgarità, non convince quanto il bel lavoro di Marcel Broodthaers, una mise en abyme dove diventa normale preservare sotto teca un’aragosta e un granchio che giocano a carte, attorniati da pistole e fucili. Spettacolare e scenografica Roni Horn con l’installazione Well and Truly (2009-10), una serie di semisfere di vetro acquoso che occupano una enorme stanza, preludio dell’arcinoto All (2008) di Maurizio Cattelan.
Del compianto Chen Zhen e del suo pop della crisi, la mostra propone un’installazione di casette composte da candele colorate e frutta di vetro trasparente, lontana parente di una composizione della Pop americana degli anni ’60. Thomas Schütte, sempre più inquietante con sottofondo di una fontana zen, fa lasciare il primo piano con un senso di inquietudine profonda.
La prima impressione a questo punto è di una gelida e controllata compostezza negli allestimenti e nelle scelte degli artisti, che si concatenano nel percorso in un fluire di picchi emotivi.
La sensazione di austerità del piano superiore si esaurisce con Jeff Koons, presente in mostra con il già collaudato Hanging Heart e con i cosiddetti “lavori morbidi”, ciambelle da spiaggia gonfiabili appesi su austere grate che arricchiscono di colore il monocromatico spazio di Punta della Dogana.
Il colore in effetti è il grande assente della mostra e, anche nella produzione site specific della giovane Julie Mehretu che propone enormi tele dal tratto elegante nella complessa “sala bunker” centrale, sembra non essere di alcuna importanza.
Il gigantesco cucchiaio di Gupta, Spooning (2009), eterno richiamo al mondo affamato, fa da contrappunto a un gustoso omaggio a Duchamp, presentato come un Cristo con vesti da Madonna e un paio di baffi alla Dalí. L’altra installazione site specific è di Tatiana Trouvé e appare come una variazione un po’ cool della lezione minimalista di Judd ma strizza anche l’occhio, forse volontariamente, alle nature di Fontana.
Il romantico Forgotten Dream (2000) di David Hammons è nascosto nella stanza del belvedere ed è in assoluto l’opera migliore di tutta la mostra. Il dialogo tra l’abito da sposa e la torretta sopraelevata dell’edificio rimandano a storie terribili di spose sedotte e abbandonate e di fantasmi di amori mai sopiti.
In Elogio del Dubbio si ripresenta la propensione di Pinault a vedere la Biennale come un supermarket. Questa volta il mega-collezionista bretone espone ben un quarto della produzione di Bruce Nauman presente alla scorsa kermesse veneziana con la notissima 3 Heads Fountain (2005) e i neon Perfect Door – Perfect Odor – Perfect Rodo (1972).
L’allestimento complesso del lavoro di Adel Abdessemed, composto da animali tassidermizzati, una carcassa di automobile e un neon che recita Grève Mondial, aprono la strada a un’altra perla di questa mostra: il lavoro di Elaine Sturtevant. La sua opera si basa sull’appropriazione del lavoro di grandi artisti del passato più o meno recente, come Marcel Duchamp, cui è dedicata una intera sala composta da multipli, o Felix Gonzales-Torres, che è pedissequamente citato nel sempre ottimo America America!(2004).
Elogio del dubbio è una mostra sofisticata pensata in dialogo con Il mondo ci appartiene, l’altra grande rassegna di Palazzo Grassi che sarà inaugurata in giugno. L’impressione generale? In un periodo di austerità e crisi, anche l’arte si pone dei dubbi e si mette in discussione. Aprendo quesiti senza risposte immediate.
Chiara Di Stefano
dall’otto aprile al 31 docembre 2011
Elogio del Dubbio
a cura di Catherine Bourgeois
Punta della Dogana
Dorsoduro, 2 – 30173 Venezia
Orario: da mercoledì a lunedì ore 10-19
Ingresso: intero € 20/15; ridotto € 17/12
Info: tel. +39 0415231680; www.palazzograssi.it
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