Diventare curatori di criptoarte. Intervista a Eleonora Brizi

Come si diventa curatori della criptoarte? E quali sono le ragioni che spingono a farlo? Ce lo siamo fatti raccontare da chi ha scelto di intraprendere questa strada

Eleonora Brizi (1985) è una curatrice di arte digitale riconosciuta soprattutto all’interno del nuovo movimento della criptoarte e divenuta influente a livello internazionale. Dopo la laurea in Studi Orientali presso l’Università La Sapienza di Roma con una tesi di arte contemporanea sul gruppo delle Stelle – movimento artistico-politico cinese di inizio Anni Ottanta –, si trasferisce a Pechino dove entra in contatto con l’artista Ai Weiwei e diventa la sua assistente per quattro anni, organizzando mostre e curando il suo archivio. Inoltre, durante il periodo in Cina, Brizi lavora anche come assistente del curatore Jérôme Sans, grazie al quale implementa e affina ulteriormente le competenze in ambito curatoriale. La sua continua curiosità e intraprendenza la portano a spostarsi a New York nel 2018 e proprio qui viene a conoscenza delle nascenti sperimentazioni tra arte e blockchain.
Nell’ottobre 2020 organizza nei Musei di San Salvatore in Lauro a Roma la mostra di arte digitale e cripto Renaissance 2.0 2.0. Inoltre, nel 2022, ha curato il libro Crypto Art Begins, edito da Rizzoli, pubblicazione fondamentale per il settore e nella quale sono raccolte oltre cinquanta interviste ad artisti.

Eleonora Brizi

Eleonora Brizi

INTERVISTA A ELEONORA BRIZI

Hai compiuto un percorso accademico e lavorativo inusuale, puoi raccontarcelo?
La mia formazione è stata molto particolare perché non ho mai studiato arte a livello accademico, ma ne sono stata sempre appassionata e ha sempre fatto parte del mio background culturale. Nel 2005-06 ho deciso di iniziare a studiare cinese all’Università di Roma perché mi ritengo una persona molto curiosa e fino a quel momento era una cultura poco esplorata e sconosciuta alla gran parte delle persone. Mi sono laureata in storia dell’arte contemporanea con una tesi sul gruppo delle Stelle, movimento politico di artisti cinesi che negli Anni Ottanta ha inventato, creato e portato l’arte contemporanea in Cina. Dopo la laurea ho deciso di trasferirmi a Pechino, dove ho svolto un breve tirocinio presso la Galleria Continua. Finita la mia prima esperienza, mi sono presentata allo studio di Ai Weiwei, dove sono rimasta per quattro anni lavorando come assistente e studiando e riordinando il suo archivio. Dopo questa esperienza totalizzante ho lavorato due anni con il critico e curatore d’arte Jérôme Sans, dedicandomi alla parte cinese e collaborando alla stesura di un libro monografico su un artista cinese.

E poi?
Nel 2018 ho deciso che era il momento di lasciare la Cina e così mi sono trasferita a New York. Dopo solo due settimane sono capitata a una conferenza al National Arts Club di Manhattan in cui ho sentito parlare per la prima volta di arte digitale e blockchain. Sono rimasta affascinata da queste nuove possibilità e ho realizzato che questo nuovo spazio era il più contemporaneo, aperto e libero fra quelli di cui avessi mai sentito parlare. Nei giorni successivi mi sono iscritta subito a un corso privato intensivo di blockchain e ho imparato approfonditamente la tecnologia e il suo funzionamento. Qualche mese dopo ho deciso di realizzare un libro in cui ho raccolto tutto il progetto Rare Pepe e l’ho presentato nell’ottobre 2018 a un evento alla New Art Academy a New York. Da quel momento, ho iniziato ad andare a tutti gli eventi incentrati su criptoarte e blockchain, cercando di fare, dove possibile, la volontaria per potermi permettere l’ingresso. Tra la fine del 2018 e il 2019 sono riuscita a costruire molte relazioni all’interno di questo ecosistema, relazioni che mantengo ancora oggi e che sono per me fondamentali.

DADA PERSPECTIVE, installation view at MEET, MIlano, 2023

DADA PERSPECTIVE, installation view at MEET, MIlano, 2023

Quali pensi che siano i punti di forza di questo movimento?
I punti di forza del movimento sono tutti quelli che sono stati descritti nell’articolo What is CryptoArt da Jason Bailey nel 2018. Per dirne qualcuno, la criptoarte è geograficamente agnostica, punto fondamentale perché per la prima volta non interessa di dove sei o da dove provieni. È collaborativa, perché gli artisti, sfruttando la tecnologia, possono collaborare in maniera più fluida e senza dover essere necessariamente nello stesso spazio fisico. È interdisciplinare, perché la creazione di nuove opere d’arte nasce da varie discipline. È decentralizzata, vero punto di forza e promessa del movimento, perché le nuove tecnologie sono state create per dare più libertà e autonomia agli artisti, riducendo il potere e l’influenza degli intermediari. Inoltre, è il primo movimento artistico veramente globale.

E i punti deboli?
Il punto debole della criptoarte è che molte caratteristiche elencate nell’articolo di Bailey non si sono mantenute fino a oggi. Spesso il movimento si è mostrato come una mera replica di ciò che inizialmente voleva evitare. Esistono però ancora molte opportunità e progetti di valore che bisognerebbe portare avanti e sfruttare, cercando di collaborare.
Il ruolo della community, invece, si colloca tra punto di forza e punto debole. Nel mondo della criptoarte è sempre stata fondamentale, fin dalle origini. Prendiamo ad esempio l’importanza della community creatasi intorno a Rare Pepe – primo progetto di criptoarte nato nel 2016 e totalmente incentrato su di essa –, o a DADA – collettivo artistico pioniere della criptoarte e inventore del sistema delle royalties nel 2017 –, che grazie a una struttura distribuita permette alla community di prendere decisioni importanti raggiungendo un consenso totale in maniera fluida. Dopo il boom degli NFT e del mercato nel 2021, invece, la community diventa un’altra cosa. Da unica community di artisti e creativi si suddivide in milioni di queste, cambiando totalmente il senso originario e generando risvolti economici.

DADA, Eleonora Brizi, Maria Grazia Mattei all' inaugurazione della mostra DADA PERSPECTIVE, MEET, Milano, 2023v

DADA, Eleonora Brizi, Maria Grazia Mattei all’ inaugurazione della mostra DADA PERSPECTIVE, MEET, Milano, 2023

CURATELA E CRIPTOARTE

Qual è il ruolo del curatore all’interno del movimento?
All’inizio è stato molto difficile emergere e trovare spazio, perché i protagonisti della criptoarte hanno sempre voluto eliminare la figura dell’intermediario. Così, abbiamo dovuto inventarci e sviluppare un nuovo mestiere che spingesse contemporaneamente le due controparti, cercando di trovare tra loro un punto di incontro e ottenere di più da entrambi.
Il curatore di arte digitale deve avere la capacità di mostrare alle istituzioni cosa significhi essere disruptive e quali risultati potrebbero ottenere grazie a un atteggiamento nuovo, e all’artista quale sia la ricchezza che potrebbe apportare, non a livello mediatico ma di creazione.
Quando realizzo una nuova mostra, vorrei che tutte le figure interessate – istituzioni, artisti e fruitori – ottenessero qualcosa di nuovo, che sia anche solo curiosità, conoscenza o divertimento.

Come pensi che si evolverà la curatela nella criptoarte?
Uno degli elementi fondamentali per far crescere il ruolo della curatela in questo movimento è sicuramente quello di avere più curatori. In questo spazio, purtroppo, ci sono ancora poche figure curatoriali che potrebbero dare un contributo importante, presentando progetti con nuovi punti di vista e nuove ricerche artistiche.
Quando curo una mostra o un progetto sono sempre influenzata dal filtro dei miei occhi, che molte volte non mi permette di essere oggettiva. Quello che normalmente cerco di fare è trovare nelle opere delle verità, che non necessariamente devono rispecchiare le mie. Per me è importante essere aperta e cercare di percepire anche altre verità, quelle che l’artista vuole comunicare o quelle che il pubblico potrebbe vedere.
Un problema, invece, è quello di essere una figura centralizzata in un mondo decentralizzato.
Sono in corso molti dibattiti sul cercare di provare a rendere il ruolo del curatore decentralizzato. Per me, una delle opzioni più interessanti è usufruire di algoritmi di intelligenza artificiale per eludere quelli dei social network. Questo permetterebbe di aggirare l’algoritmo standard e scovare nuovi artisti, che altrimenti non si troverebbero mai. Molte volte noi curatori ci limitiamo alle persone che conosciamo, agli artisti che ci piacciono, a quelli che ci vengono mostrati dall’algoritmo o a quelli che troviamo all’interno dei marketplace.

Eleonora Brizi con il libro Crypto Art Begins

Eleonora Brizi con il libro Crypto Art Begins

GLI ARTISTI DELLA CRIPTOARTE

L’artista cripto è diverso dall’artista tradizionale? Come vedi il ruolo dell’artista in questo momento?
Credo che il ruolo dell’artista all’interno della società sia sempre quello di provare a catturare lo spirito del tempo. E questo non è cambiato. La differenza si trova nel modo di essere e nei mezzi utilizzati. Oggi, l’artista agisce nel web3 e gestisce tutte le principali fasi dei processi creativi, tecnologici e commerciali: la creazione della propria arte, la promozione sui social network, il mint e la vendita sulle varie piattaforme di scambio.

Credi che esista un’estetica della criptoarte?
Un movimento artistico nato in questo momento storico come la criptoarte è difficile che si possa basare su un’estetica ben precisa. Questa nuova corrente artistica si basa su dei valori ed è nata dalla necessità di trovare una libertà dal punto di vista espressivo, basandosi sulla decentralizzazione delle nuove tecnologie. La criptoarte accetta tutti gli artisti che vogliono sperimentare con i nuovi strumenti digitali, cercando di rompere le barriere stilistiche dei movimenti tradizionali. Mi verrebbe da dire che l’estetica di questo movimento è quella di rompere gli schemi estetici.

Hai nuovi progetti in corso?
Il 10 maggio ha inaugurato un nuovo progetto molto ambizioso e importante curato da me presso il MEET Digital Culture Center di Milano. Questa nuova mostra è dedicata interamente al collettivo DADA, rendendo per alcuni mesi il centro culturale un laboratorio digitale aperto a tutti.

Dove ti vedi tra un anno?
Tra un anno mi vedo integrata tra il metaverso e la blockchain, finalmente interoperabile.

Alessio Tozzi

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati