Il futuro del metaverso è fuori dal metaverso?

Tra scetticismo ed entusiasmi, il metaverso sembra essere parte già della nostra realtà, ma è davvero così? Prima che il metaverso possa essere chiamato tale, gli investimenti economici e la crescita tecnologica dovranno essere altissimi

Dopo un periodo di grande attenzione mediatica, la fabula del metaverso è decisamente scomparsa dai radar. È comprensibile, ci sono altri temi che oggi preoccupano l’opinione pubblica e, certo, la possibilità di incontrarsi con gli amici mediante visori non ha più la medesima priorità che avrebbe potuto avere durante i periodi di lockdown.
Ciò ha portato anche ad alcune riflessioni sul metaverso in sé: da un lato c’è chi sostiene sia un flop, e che, come riportano alcune testate giornalistiche, neanche gli stessi dipendenti di Meta lo utilizzino; dall’altro c’è chi invece sostiene che proprio il metaverso rappresenti un solido alleato per migliorare la comunicazione a livello lavorativo, come ad esempio tra colleghi o con i responsabili, o uno strumento utile per incrementare il livello di formazione, chi ritiene che possano nascere veri e propri meta-lavori, e chi, invece, sta traducendo il proprio modello di business all’interno del metaverso.
Come è giusto che sia, le considerazioni sul metaverso sono numerosissime, e riguardano aspetti molto eterogenei tra loro: del resto, così come è stato presentato, il metaverso ambisce a essere un meta-mondo, e ciò implica che qualsiasi disciplina possa guardare al metaverso attraverso il proprio campo di indagine.
Sono dunque apparse riflessioni, e alcune davvero molto interessanti, sul rapporto tra metaverso e sicurezza, o riflessioni legate alla giustizia sociale, alle dimensioni più prettamente di mercato, o ai risvolti artistici che tale dimensione immaginifica può generare.
Uno dei tratti comuni alla maggior parte delle riflessioni, però, riguarda lo specifico punto di osservazione dalle quali esse vengono formulate. Esse rispecchiano infatti una dimensione che attualmente è ancora ben lontana dall’essere concreta: sono timori, entusiasmi e cronache da dentro il metaverso. Ed è una circostanza alquanto singolare: al di là della propria inclinazione personale (se si è dunque entusiasti o scettici), è un dato di fatto che il metaverso di cui si parla quando si parla di metaverso non esista ancora.

Astronomical di Travis Scott in Fortnite (da Epic Games)

Astronomical di Travis Scott in Fortnite (da Epic Games)

LE CARATTERISTICHE DEL METAVERSO OGGI

Cos’è oggi, dunque, il metaverso, nella nostra realtà?
Un progetto di investimento di lungo periodo. Uno statement, e un protocollo industriale che, evocando un obiettivo condiviso, veicola le ricerche dei singoli e le attività produttive verso il raggiungimento di uno specifico obiettivo. Visto così, può essere la più grande campagna di crowdsourcing mai realizzata a partire dalla Seconda Guerra Mondiale, anni in cui i segmenti della Difesa, soprattutto negli Stati Uniti, finanziavano qualsivoglia ricerca potesse generare prodotti, servizi, o componenti intermedi di elementi che avrebbero potuto garantire un vantaggio tecnologico e bellico. Con la differenza che, in questo caso, la macchina del metaverso si basa sui risultati: chiunque può partecipare alla costruzione della sua infrastruttura, e chiunque può quindi sviluppare elementi di ogni tipo che potrebbero essere interessanti per la concreta implementazione del metaverso così come definito da Meta & Co.
Ma lo si fa, tendenzialmente, in rischio d’impresa, con la promessa che però chi riesce a creare un mattone piuttosto importante nella futura architettura del metaverso diverrà probabilmente molto ricco, dopo essere stato acquisito da una delle big della tecnologia.
Prima che il metaverso possa effettivamente vedere una luce, prima che si possa davvero chiamare tale, insomma, sarà necessario implementare tecnologie hardware e software, definire strumenti economici funzionali, individuare algoritmi capaci di rendere il passaggio da e verso il metaverso sempre più fluido, comprendere sistemi di controllo, definire strumenti attraverso i quali trasferire un input reale all’interno del metaverso, come muovere una gamba, un dito. Bisogna comprendere la grande mole di energia che sarà necessaria, la grandissima velocità e stabilità di connessione.

“Prima che il metaverso possa effettivamente vedere una luce, prima che si possa davvero chiamare tale, sarà necessario implementare tecnologie hardware e software, definire strumenti economici funzionali, individuare algoritmi capaci di rendere il passaggio da e verso il metaverso sempre più fluido”.

Ognuna di queste funzioni, ognuno di questi tasselli non avrà soltanto un ruolo nella costruzione del metaverso. Prima del batti 5 all’interno di uno spazio virtuale, la capacità di tradurre un input su un device digitale in un output in un posto dislocato nello spazio e nel tempo avrà probabilmente applicazioni industriali di altro tipo, da quella militare a quella medica. Prima che i nostri movimenti oculari vengano tracciati dal visore in modo così accurato da spostare l’inquadratura senza dover girare completamente la testa, la tecnologia di eye-tracking sarà probabilmente utilizzata nelle vetrine dei negozi, nei siti web, ecc.
Allora il punto non è tanto se il metaverso esista o non esista davvero, quanto piuttosto chiedersi se il metaverso stia già generando effetti reali.
Basta guardare dunque al nostro mondo reale per capire dove, oggi, sia il metaverso. E di certo non è dentro un visore.

Stefano Monti

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Stefano Monti

Stefano Monti

Stefano Monti, partner Monti&Taft, è attivo in Italia e all’estero nelle attività di management, advisoring, sviluppo e posizionamento strategico, creazione di business model, consulenza economica e finanziaria, analisi di impatti economici e creazione di network di investimento. Da più di…

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