Artisti-stilisti. Il caso Sylvio Giardina

Ancora uno sguardo sull’asse Roma-Parigi e ancora attenzione concentrata sul rapporto fra arte e moda. Non però quello instaurato da grandi griffe come Prada e Trussardi. L’esempio è quello di Sylvio Giardina.

L’abito nasce intorno al corpo, lo copre o lo scopre, da sempre si muove attorno alla forma umana per cercare di raccontare agli altri chi è quell’uomo o quella donna. È, per un artista, una magnifica opportunità di dimostrare le proprie capacità creative producendo qualcosa di “utile”, rimanendo libero di esprimersi: cerare un abito è sempre un processo artistico, anche se su committenza. Lo stilista lavora per un’immagine ideale ma anche per un target preciso, reinventa lo stile, vive in un mondo creativo di ispirazioni che traduce in un’opera. È un percorso bene illustrato dalla mostra in corso a Parigi, Dries Van Noten Inspirations: fino alla fine di agosto, il Musée des Art Décoratifs racconta il rapporto tra arte, cultura e moda attraverso il lavoro dello stilista belga con una cura e una profondità illuminanti. Si capisce come non solo l’abito da sera ma anche la giacca e i pantaloni di ogni giorno trovino origine da un processo creativo che mette al primo posto l’artista-stilista ricercatore e culmina nella realizzazione produttiva di ottimo livello.
Negli stessi giorni in cui inaugurava la mostra – i giorni della fashion week parigina – un artista-stilista italiano presentava la sua collezione e le sue opere alla Galerie Essere. Un ambiente con gli stand e i manichini, con gli abiti come in tutti gli showroom, attiguo a un altro ambiente con un’istallazione sonora e visiva come una grane pagina tridimensionale piena di segni neri. I segni, morbidi come virgole, sono sospesi e generano un suono; ma per ascoltarlo ci si deve piegare, abbassare, si deve modificare la propria silhouette per trasformarsi in un essere capace di recepire.
Il percorso di Sylvio Giardina è una speranza per il panorama italiano, è la storia autentica di uno sperimentatore contemporaneo capace di muoversi sulle radici solide del saper fare couture con la forza dell’artista e del designer. Come ci spiega Emanuela Nobile Mino, la curatrice della doppia installazione parigina, la collezione autunno/inverno 2014/15 punta sulla triade tradizione, sperimentazione e artisticità realizzata con l’asimmetria, il contrasto e la tridimensionalità: un progetto che fonde classicità e innovazione spingendo la sapienza sartoriale a rischiare combinazioni inedite di forme, materiali e lavorazioni. I volumi fluidi ma scultorei delineano dettagli aggettanti per esaltare il design dei capi, in quella filosofia di memoria giapponese che supera la staticità dell’arte e che è espressa nella moda di Capucci.

Sylvio Giardina

Sylvio Giardina

La silhouette è dinamica e sinuosa, effetto ampliato dalla gamma cromatica che declina il nero in tutte le sue possibili inflessioni: dal profondo a lucido, opaco e vibrante, fino alle sfumature industriali del grigio di piombo, ferro e acciaio che arriva al verde. Il lavoro di Giardina ha origine nel movimento Neo-modernista, che negli Anni Ottanta indica un infinito modo di reinventare l’oggetto portando la fantasia sulla necessità: nasce quell’analogia tra moda e design che fa evolvere il concetto di stile in una variabilità e mutazione continua. L’estetica dello stilista-artista si basa sull’irregolarità di cui furono maestri designer come Issey Miyake, che rielabora plissettature di Mariano Fortuny grazie alla tecnica orientale dell’origami, o Rei Kawakubo, che con il marchio Comme des  Garçons dal 1981 scandalizza il pubblico con folli imbottiture su abiti di taglio impeccabile.
In un momento di grande reinvenzione, quando in molti sono pronti di rinascere ogni giorno, è importante raccontare esperienze con capacità reali, che non speculino sulla trasversalità. E far luce sul rapporto fra arte e moda in una storia che non si basi su collaborazioni estemporanee. In questo senso l’esperienza di Sylvio Giardina è esemplare: “Ho studiato a Roma all’Accademia di Costume e Moda di Rosanna Pistolese, luogo magico per me. Lì ho creato le basi culturali che in seguito ho applicato ai miei progetti  lavorativi. Mentre studiavo, designer come Yoji Yamamoto e Comme des  Garçons presentavano le loro collezioni a Parigi, scardinando i concetti classici della moda. Reinventavano per sottrarsi alle frenetiche regole del mercato, seguivano un percorso di ricerca sull’abito e sulle forme geometriche, sui volumi e sul tessuto” racconta. “È stato fondamentale per me imparare da loro una nuova percezione delle cose, concepire il prodotto non più come mero capo di abbigliamento, ma come espressione dell’essere”. Il punto di partenza resta però Roma: “Il lavoro è cominciato da Gattinoni, una maison storica romana: è li che Fernanda Gattinoni mi ha insegnato le tecniche sartoriali e progettuali dell’alta moda. Vivevo nella moda dove sfilavano Ferré, Valentino o Lancetti, e il mondo della moda era vivo”.

Sylvio Giardina

Sylvio Giardina

La Capitale, secondo Giardina, “ha mantenuto realtà produttive ad alto valore creativo, come l’artigianato”, ma “appena posso raggiungo gli amici a Parigi: amo il suo essere intrisa di passato, di storia e di vissuto. Per me il vissuto delle vite altrui è la più grande fonte di ispirazione”.
Dopo dieci anni di lavoro con Antonio Grimaldi (Grimaldi e Giardina), nel 2010 Sylvio Giardina dà vita al marchio omonimo: “Ho intrapreso un percorso nuovo, fatto di ricerca” ci confessa. “La mia ispirazione nasce dalla musica, dall’architettura, dal cinema, dalla danza, dal teatro e soprattutto dall’arte. Rielaboro ogni immagine, la studio e la trasformo secondo la mia visione. Mi sento un uomo del mio tempo, attento alle evoluzioni artistiche ma secondo la mia natura: non seguo tutti gli “appuntamenti” ma non manco la Biennale di Venezia, perché amo perdermi nei padiglioni come nei vicoli, e ritrovarmi davanti ad artisti nuovi con cui confrontarmi. Credo nelle nuove generazioni: sono capaci di contaminarsi, di far interagire la loro cultura e le diverse forme di espressione artistica”. Il modo è dunque proprio questo, il legame fra arte e moda. “Non penso a una cosa o all’altra in maniera distinta. L’arte e la moda sono complementari e indispensabili l’una all’altra, sin contaminano senza che io possa distinguere tra loro un confine”.

Clara Tosi Pamphili

www.sylviogiardina.com

Articolo pubblicato su
 Artribune Magazine #19

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Clara Tosi Pamphili

Clara Tosi Pamphili

Clara Tosi Pamphili si laurea in Architettura a Roma nel 1987 con Giorgio Muratore con una tesi in Storia delle Arti Industriali. Storica della moda e del costume, ha curato mostre italiane e internazionali, cataloghi e pubblicazioni. Ideatrice e curatrice…

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