Design e ambiente. POV, il progetto di Giorgio Ferrero e Studio EX per la Milano Design Week 2024

Il fotografo e regista torinese e lo studio di progettazione sono i creatori delle immagini stranianti che vediamo in questi giorni in piazza Gae Aulenti e che interpretano il tema del Fuorisalone “Materia Natura”. Grazie alla scienza e alle luci UV, i segni impressi dall’uomo su rami, pietre e pezzi di ghiaccio diventano visibili

Il duetto fra Giorgio Ferrero (regista – suoi Beautiful Things e Happy Birthday presentati alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2017 e nel 2022 -, fotografo – ha documentato la mostra di La Chapelle alla Reggia di Venaria -, compositore musicale – sue le colonne sonore di decine di film -, direttore artistico – la mostra Il mondo di Tim Burton a Torino -, nonché fondatore dello studio multidisciplinare Mybosswas) e Andrea Cassi dello studio EX apre lo sguardo sulla storia che li unisce da alcuni anni e li ha condotti, grazie ad affinità di visione e comunione di intenti, alla realizzazione di POV. Punti di vista tra materia e natura, un’opera fotografica e audiovisiva. Concepita come un’imponente installazione liberamente fruibile dal pubblico, è presentata durante la Design Week in piazza Gae Aulenti a Milano, ma è divenuta anche un lavoro (cinque immagini Fine Art e un video sonoro) condiviso con la galleria NContemporary di Milano. Straordinarie le immagini dagli accesi cromatismi, giocate su “tranche” di materie naturali “artefatte” dall’uomo e poi indagate nelle alterazioni subite attraverso l’uso di accorgimenti ottico-luminosi, che Giorgio Ferrero e Andrea Cassi ci raccontano in questa intervista.

POV, il progetto di Giorgio Ferrero e Andrea Cassi per la Milano Design Week 2024

Come siete giunti alla formulazione di POV?
Giorgio Ferrero: POV, suggerita da Nicola Ricciardi in collaborazione con Studio Labo, ci è stata affidata come sperimentazione: dovevamo creare un’opera d’arte contemporanea sul tema Materia Natura, partendo dal brief di un grande evento nell’ambito della Design Week. Ho lavorato con lo studio EX liberamente, mettendo a fuoco un tema che avevamo già affrontato in passato: il mondo naturale su cui l’uomo interviene, e le conseguenze di tali interventi sulla materia. Non a caso, Andrea Cassi e Michele Versaci si occupano di Land Art in montagna e progettano bivacchi in alta Val di Susa – ad esempio il Corradini – che si prestano a diventare esperimento tra rifugio e situazione abitativa estrema, con un segno architettonico molto incisivo.

Come si è sviluppato il dialogo con Andrea Cassi e Michele Versaci di EX?
G.F.: Amo lavorare con gli architetti – nel 2020 ho scritto e diretto il documentario The Importance of Being an Architect dedicato ad Antonio Citterio e Patricia Viel, sottolineando la responsabilità di chi progetta nella costruzione della società di domani – e ho con EX un rapporto fatto di complicità e complementarietà: loro sono appassionati di cinema, io di fotografia d’architettura, ci integriamo bene.

Quale invece il punto di vista di Andrea Cassi?
Andrea Cassi: Sono socio dello Studio Carlo Ratti Associati a Torino e New York. Con Giorgio ci siamo conosciuti in quel contesto per realizzare insieme installazioni, dopodiché il nostro rapporto di collaborazione non si è mai interrotto, grazie anche alla sua competenza in campo audiovisivo. A lui – come anche a me e a Michele Versaci – interessa molto l’ibridazione dei linguaggi.

Ibridazione…, in che senso?
G.F.: Sì, l’ibridazione è la chiave di lettura del nostro pensiero: non basta la scienza per capire l’evoluzione del mondo contemporaneo, non basta l’architettura per decifrare l’evoluzione delle città, è necessaria la contaminazione fra le discipline. Tutte le volte che ho la fortuna di dialogare con EX e Carlo Ratti – come è avvenuto in passato anche con Italo Rota – mi sento stimolato, perché la loro è una visione della contemporaneità molto concreta da un lato e molto visionaria dall’altro; perché gli architetti prevedono l‘evoluzione delle abitudini che sono alla base del nostro ciclo di vita, principalmente occidentale. È un punto di vista che a me interessa: mi piace sentire la voce di chi ha un’impronta forte sulla vita urbana come anche mi appassiona l’opinione dei ricercatori glaciologi in Antartide. In POV l’attenzione si concentra sul processo di trasformazione che la materia subisce attraverso il taglio inferto da un’accetta o il riscaldamento provocato da fonti termiche. Si tratta di mutazioni che l’occhio non coglie e che vengono rese visibili grazie alla luce a frequenze ultraviolette.

Pietra lavica (Etna) © EX. (Andrea Cassi e Michele Versaci) e Giorgio Ferrero (MYBOSSWAS), NContemporary. Courtesy Fuorisalone
Pietra lavica (Etna) © EX. (Andrea Cassi e Michele Versaci) e Giorgio Ferrero (MYBOSSWAS), NContemporary. Courtesy Fuorisalone

Ogni nostra azione quindi ha conseguenze sulla materia e sull’ambiente?
A.C.: Aldo Leopold, per citare un grande studioso di ecologia del passato, l’ha sempre sostenuto: ciò che importa è capire come le tracce del nostro operato persistono nella materia e come sono percepite da altre specie. L’impatto zero non esiste. Quando si parla di un evento a impatto zero, si dicono menzogne. Qualsiasi nostra attività provoca reazioni a catena.

Possiamo affermare che in POV si coglie in prima battuta l’effetto estetico?
G.F.: Sì, noi abbiamo costruito una sorta di provocazione estetica per raccontare però la manipolazione della materia, mettendo in discussione il punto di vista assoluto e routinario con cui affrontiamo la realtà e le materie su cui lavoriamo e con cui conviviamo.

Quale dunque lo scopo ultimo di POV?
A.C.: Vogliamo approfondire come i manufatti umani si relazionino con il contesto ambientale. E a questo scopo siamo intervenuti su cinque elementi: legno, ghiaccio, pietra della Val di Susa (gneiss), marmo (onice iraniano), pietra lavica (materia di costruzione per insediamenti abitativi: dalle grotte sotto il vulcano alle case fatte di blocchi di lava). Rappresentare un pezzo di legno, tagliato dall’uomo, in modo non realistico per gli occhi dell’essere umano, in realtà assolutamente realistico per altri tipi di occhi, è un modo di fermarsi un momento e provare a riflettere su quello che noi riteniamo oggettivo, ma che non lo è per tutti, e quindi per il mondo che ci circonda. Vogliamo mettere in discussione la volontà assoluta – antropica – di essere oggettivi riguardo al nostro operato sul mondo. Questa è la nostra provocazione.

Alessandra Quattordio

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Alessandra Quattordio

Alessandra Quattordio

Alessandra Quattordio, storica dell’arte e giornalista indipendente, ha esordito a fine Anni Settanta come curatrice dei cataloghi d’arte e fotografia editi dalla Galleria del Levante a Milano. Dopo la laurea in Storia dell’arte all’Università Statale di Milano, inizia a collaborare…

Scopri di più