Storia del Campus Reti in Lombardia: la Silicon Valley dell’arte contemporanea

A Busto Arsizio, un ex cotonificio si è trasformato in un luogo aperto alla città, frequentato dagli artisti e custode di una importante collezione d'arte

È una storia di edifici “che parlano”, opere d’arte “randagie” e rigogliosi agrumi monitorati in digitale (incluso un raro arancio-limone) quella del Campus Reti. Pochi minuti a piedi separano la stazione ferroviaria di Busto Arsizio, lungo la tratta che connette Milano Centrale con l’aeroporto di Malpensa, dal complesso di quasi 20mila mq in cui Bruno Paneghini, Presidente e Amministratore Delegato di Reti S.p.A, ha scelto di insediare la sua azienda, vivere con la sua famiglia ed esporre la collezione di arte moderna e contemporanea costituita con la moglie Ilenia.Tra i principali player italiani nel settore dell’IT Consulting, specializzata nei servizi di System Integration, Reti occupa gli spazi di uno dei siti produttivi che per decenni ha contribuito a rendere solida la reputazione dell’operosa Busto Arsizio nel comparto tessile. La città cotoniera, com’era altrimenti nota, ha poi assistito alla dismissione delle strutture industriali di un tempo e al parallelo sfaldamento della sua identità manifatturiera. Seppur ormai rare, alcune inequivocabili memorie di quel passato si possono ancora individuare nel tessuto urbano cittadino, dal cui mix di epoche e stili emerge orgogliosamente un itinerario Liberty, ritmato da monumenti e residenze private.

Il progetto di rigenerazione urbana a Busto Arsizio: la storia del Campus Reti

Emblema di una fase produttiva ormai archiviata, nonché punto di riferimento per la comunità locale, è la ciminiera oggi inclusa nel Campus Reti. “È la più alta di Busto Arsizio e tra le poche rimaste”, spiega Paneghini che, come altri imprenditori del suo settore, ha avviato l’attività autonoma in una spartana ex officina, dopo aver maturato varie esperienze professionali: la prima in Olivetti. Forse trent’anni fa, all’atto di fondazione di quella che oggi è una realtà quotata alla Borsa di Milano (la prima B Corp quotata su Euronext Growth Milan), nessuno avrebbe immaginato quanto sarebbe avvenuto in appena tre decenni. E non solo in termini di crescita economica dell’azienda, la cui ascesa costituisce ovviamente l’innesco per tutti i processi al centro di questo racconto. L’esigenza di disporre di spazi più generosi in cui lavorare e la volontà di non procedere con una costruzione ex novo (e dunque attraverso il consumo di suolo), hanno spinto Paneghini a intraprendere quella che si potrebbe definire come una sorta di “avventura imprenditoriale parallela”: il maxi intervento di rigenerazione ancora in corso.

A Busto Arsizio una “Silicon Valley” dell’arte moderna e contemporanea

A ridosso del precedente headquarter Reti, nel corso dell’ultimo decennio Paneghini ha iniziato ad acquisire i fabbricati del dismesso cotonificio Venzaghi (di oltre 40mila mq). Piuttosto che abbattere questi volumi, risalenti all’inizio del Novecento, ha provato a decifrarne la natura, ponendosi in loro ascolto (“mi parlano”, confessa) per poi decidere, caso per caso, come riattivarli. È cominciato così un percorso che non è solo quello della graduale trasformazione funzionale di sei edifici diversi per tecniche costruttive, dimensioni, periodo storico, con specifici livelli di complessità interna. Con il tempo sono nati spazi per il lavoro dall’impostazione ibrida, gestiti con le innovazioni della domotica (spesso messe a punto direttamente in azienda), nei quali è sempre presente la componente vegetale e in cui si sperimenta una costante vicinanza fisica con le opere d’arte della collezione di famiglia. Soprattutto, a farsi progressivamente strada, è stato il proposito di poter contribuire al presente e all’avvenire di Busto Arsizio, puntando soprattutto sui linguaggi e sulla forza comunicativa delle arti.

Il contributo dell’artista Jorrit Tornquist nel Campus Reti a Busto Arsizio

Imprenditore e, con la moglie Ilenia, anche collezionista, Paneghini lavora dunque alla riconversione dei manufatti storici. Ne conserva l’impronta industriale, evidente nella maggior parte delle finiture e negli impianti (esclusivamente a vista), e introduce funzioni complementari. A partire dall’auditorium, concepito come parte integrante del percorso espositivo, anch’esso in divenire come la raccolta d’arte, allestita senza interruzioni nell’intero sito. A conferire concretezza a tutta questa complessa visione sono l’architetta Elena Ciapparelli e alcune consulenze d’eccezione, che riflettono tanto la passione di Paneghini per l’arte quanto i legami d’elezione via via stretti con alcuni dei protagonisti della scena artistica contemporanea. Scomparso meno di un anno fa, Jorrit Tornquist (Graz, 1938 – Cisano, 2023) è la figura chiave per capire come si è arrivati all’aspetto attuale del Campus Reti. “È stato essenziale per individuare quale colore adottare negli interni, che è uno dei tanti temi di questo progetto”, riconosce Paneghini, identificando nell’autore originario di Graz la “paternità” della vernice opalescente e della palette di grigi scelta per le pareti interne. Una questione, quella cromatica, in effetti non secondaria, specie se si ragiona sul fatto che questa è una “cittadella” a tutti gli effetti polifunzionale e quindi con composite esigenze di carattere tecnico. Qui si lavora, certo, ma si espongono anche circa due terzi della collezione di arte e design di famiglia (con opere per le quali è stata scelta una collocazione fissa e altre che invece sono oggetto di allestimenti a rotazione), si ospitano iniziative pubbliche, si studia e vengono organizzati corsi di formazione (nelle aule messe a disposizione per ITS INCOM). E, prossimamente, si potrà anche alloggiare e mangiare. 

Il futuro in evoluzione del Campus Reti di Busto Arsizio

Dopo aver ragionato sull’adattamento dei già flessibili spazi per il lavoro alle esigenze espresse dai dipendenti nel post-Covid (in seguito alla pandemia sono stati ad esempio raddoppiati i volumi dei phone booths per le ormai imprescindibili call con clienti e colleghi in remoto), il percorso di rigenerazione procede ora verso una nuova fase. Oltre al conseguimento della certificazione LEED, in progress, il prossimo traguardo è legato alla rinascita del blocco di case di ringhiera: adiacente uno dei volumi già ristrutturati, dovrebbe ospitare prossimamente una foresteria e accogliere, in particolare, giovani da ogni parte del Paese e dall’estero desiderosi di maturare un’esperienza professionale in questo contesto aziendale. Il capannone situato proprio a ridosso dell’iconica ciminiera, inoltre, doterà il sito di un ristorante aperto a tutti. “L’arte deve diventare cibo da offrire a una mensa comune”, scrive sulla tela con gli immancabili fili Maria Lai in uno dei lavori entrato nella raccolta di famiglia ed esposto all’interno del Campus. “Per noi è un’opera con una marcia in più, perché esprime un messaggio che sentiamo nostro, un concetto coerente con ciò che facciamo con la nostra collezione”, sottolinea Paneghini, che due volte al mese – gratuitamente e previa prenotazione – apre le porte della sede Reti per accompagnare chiunque desideri vedere con i propri occhi un luogo in cui si produce ogni giorno “impalpabile” tecnologia.

Gli eventi culturali per il trentennale

Per questo mese di marzo, infine, sono in cartellone due appuntamenti gratuiti, pensati per un pubblico ampio: venerdì 15 marzo salirà sul palco dell’auditorium Carlo Vanoni, storico dell’arte e ideatore di BienNolo, che presenta lo spettacolo L’Arte è una caramella. Venerdì 22 marzo sarà quindi la volta del popolare volto di  Sky Arte ed esperto d’arte contemporanea Nicolas Ballario, e di Rodrigo D’Erasmo, polistrumentista, compositore e membro degli Afterhours: con il loro progetto LIVES, in questa occasione si concentreranno su Maurizio Cattelan. “Credo che sia importante, oggi più che mai, soffermarsi ad ascoltare i racconti di professionisti come Vanoni e Ballario o lasciarsi trasportare dalla musica di D’Erasmo, che ci regalano bellissimi momenti di riflessione e di condivisione”, conclude Paneghini, che con queste iniziative si appresta a celebrare il traguardo del trentennale dell’azienda. Ovviamente nella cornice del suo campus, in costante evoluzione.

Valentina Silvestrini

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Valentina Silvestrini

Valentina Silvestrini

Dal 2016 coordina la sezione architettura di Artribune, piattaforma per la quale scrive da giugno 2012, occupandosi anche della scena culturale fiorentina. È cocuratrice della newsletter "Render". Ha studiato architettura all’Università La Sapienza di Roma, città in cui ha conseguito…

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