Il Memoriale dell’Olocausto di Londra progettato da David Adjaye non piace agli inglesi

Inglesi sul piede di guerra contro il progetto di David Adjaye per Il Memoriale dell’Olocausto di Londra. Il motivo? È troppo grande e per gli ambientalisti deturpa il paesaggio. È proprio il caso di dire che tutto il mondo è paese…

Critiche feroci in Inghilterra per il Memoriale dell’Olocausto progettato da David Adjaye (Dar es Salaam, Tanzania, 1966) con Ron Arad Architects e i paesaggistici Gustafson Porter + Bowman. L’opera, che sarà inaugurata accanto al Palazzo di Westminster nel 2021, sta raccogliendo molte più critiche che consensi. I lavori proseguono alacremente ma agli inglesi la struttura sembra non piacere proprio per niente.

IL MEMORIALE NEL CUORE DI LONDRA

Un progetto faraonico, dal costo complessivo di 50 milioni di sterline, firmato dall’architetto inglese più in voga del momento. Il monumento in memoria delle vittime dell’Olocausto ha tutte le carte in regola per diventare uno dei monumenti più visitati della capitale inglese. In primis per la collocazione a Victoria Tower Gardens, accanto al Palazzo di Westminster, anche conosciuto come Houses of Parliament, sede le due camere del Parlamento del Regno Unito: la Camera dei Lord e la Camera dei Comuni. Il cuore politico ed economico di Londra, frequentato e visitato ogni anno da milioni di turisti. L’opera è dedicata ai sei milioni di ebrei e a tutte le altre vittime Rom, gay e persone disabili perseguitati e assassinati dai nazisti. Ispirato dalla locuzione latina Historia magistra vitae, tratta dal De Oratore di Cicerone, il memoriale sarà affiancato da un centro di ricerca sulla storia della Shoah, ma anche delle diverse forme di odio all’interno della società contemporanea, dall’antisemitismo all’islamofobia, dal razzismo all’omofobia e agli estremismi in generale.

IL PROGETTO VINCENTE

Il progetto di David Adjaye e Ron Arad Architects ha vinto all’unanimità il concorso internazionale lanciato nel 2016 su una shortlist di candidati di altissimo livello. Da Norman Forster a Caruso St. John, da Zaha Hadid a Daniel Libeskind, sono stati dieci gli studi di architettura arrivati a contendersi la vittoria finale. Il monumento di Adjaye, costituito da 23 piani in bronzo patinato che delimiteranno gli ingressi obbligando a percorrerli singolarmente, per accedere ad un’ampia sala e al Learning Center posto sottoterra, è quello che ha maggiormente colpito la giuria – composta fra gli altri da Julia Peyton-Jones, il sindaco Sadiq Khan e il rabbino capo del Regno Unito Ephraim Mirvis – per il suo sapore fortemente internazionale. E l’internazionalità, del resto, è sempre stata la vocazione primaria dell’architetto, nato in Tanzania da genitori ghanesi, che ama definirsi un “architetto globale”. Dopo gli esordi nell’East London con le fortunate residenze per artisti e le pionieristiche biblioteche Idea Store, l’ascesa di Adjaye è proseguita inarrestabile negli anni, portando il suo studio ad avere quattro sedi tra Europa, America e Africa, e cantieri aperti in quattro continenti. La consacrazione planetaria è arrivata con lo Smithsonian National Museum of African American di Washington, primo museo degli Stati Uniti dedicato alla storia e alla cultura afro-americana.

LE CRITICHE AL PROGETTO

Contro il Memoriale dell’Olocausto di Adjaye sono scesi in campo gruppi di cittadini e gli ambientalisti. La prima critica mossa all’opera è legata alla sua grandezza che rischia, secondo gli oppositori, di togliere respiro e visuale al palazzo storico di Westminster, la cui parte più antica risale addirittura al 1097. I gruppi ambientalisti accusano, invece, l’architetto di distruggere il giardino di Victoria Tower Gardens per lasciare spazio al suo monumento. Molti, poi, sostengono che l’opera sia poco leggibile e, dunque, non adatta a ricordare le vittime. Infine, tante critiche sono legate ai costi dell’operazione giudicati troppo gravosi per l’amministrazione pubblica. E mentre gruppi organizzati provano a bloccare la costruzione del monumento, i piani per lo sviluppo del progetto stanno procedendo. Alla luce di tutto questo è proprio il caso di dire: tutto il mondo è paese…

–    Mariacristina Ferraioli

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Mariacristina Ferraioli

Mariacristina Ferraioli

Mariacristina Ferraioli è giornalista, curatrice e critico d’arte. Dopo la laurea in Lettere Moderne con indirizzo Storia dell’Arte, si è trasferita a Parigi per seguire corsi di letteratura, filosofia e storia dell’arte presso la Sorbonne (Paris I e Paris 3).…

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