La galleria d’arte P420 di Bologna compie 15 anni: intervista ai fondatori 

I galleristi Alessandro Pasotti e Fabrizio Padovani con la mostra “15 Years” celebrano i primi 15 anni della galleria e, con l’occasione, ci raccontano come hanno iniziato e come sono andati questi primi anni di attività…

La galleria P420 di Bologna compie 15 anni e per l’occasione ha realizzato la mostra collettiva 15 Years, in cui ha riunito ventotto artisti che ne hanno costituito la storia. P420 sta per Pantone 420 che corrisponde ad un grigio neutro, la base su cui hanno costruito e accresciuto il loro programma espositivo.  
All’interno della mostra, artisti storicizzati, che hanno caratterizzato l’inizio della loro attività, dialogano con altri più giovani ed emergenti, giunti in galleria grazie alla partecipazione ad eventi con l’Accademia di Belle Arti di Bologna e alla collaborazione continuativa con curatori. Adelaide Cioni, Laura Grisi, Paolo Icaro, Richard Nonas, Francis Offman, Monika Stricker, Franco Vaccari sono solo alcuni degli artisti in mostra.  
Per approfondire abbiamo intervistato Alessandro Pasotti e Fabrizio Padovani, i due fondatori, facendo una panoramica sull’attività, dall’esordio ai progetti per il futuro.  

15 Years, 2025, installation view. Courtesy P420, Bologna. Photo Carlo Favero
15 Years, 2025, installation view. Courtesy P420, Bologna. Photo Carlo Favero

Intervista ad Alessandro Pasotti e Fabrizio Padovani, fondatori di P420 

Ingegneri di formazione, come avete fatto a entrare nel mondo dell’arte legato ai collezionisti e al mercato? Sembra sempre un’impresa, anche per chi è già del mestiere…  
Fabrizio Padovani A dir la verità faccio fatica anch’io a spiegarmi esattamente la dinamica. È stato un cammino, in cui ogni passo è stato necessario per il successivo. Tutto è avvenuto in maniera graduale e ci siamo spinti oltre quando capivamo di essere pronti a farlo. È un percorso che sembra volato, ma in realtà è durato anni.  

Come avete combinato la vostra formazione con quella artistica? 
FP Ci siamo avvicinati al mondo dell’arte per attrazione: andando a visitare le mostre, le gallerie, comprando libri e, a un certo punto, quasi per gioco, iniziando il business del libro d’arte. Considera anche una predisposizione agli aspetti commerciali che abbiamo sempre ritenuto interessanti e attraenti.  

Quindi avete iniziato dai libri d’arte?  
FP Esattamente. Più ne vendevamo più ne compravamo e più ne compravamo più ne vendevamo. Cercavamo libri fuori edizione, per lo più degli Anni ‘50, ‘60, ‘70, che ci interessavano perché di grandi cambiamenti che volevamo approfondire.  

Su cos’è stata la vostra prima formazione artistica? 
FP Sulle Neoavanguardie: Concettuale, Arte Povera, le ricerche di quegli anni sono state il nostro imprinting. E dato che questi libri spesso interessavano ai collezionisti, abbiamo cominciato a conoscerli, formando spontaneamente un rapporto. 

Quindi, prima di aprire la galleria avete iniziato con la compravendita di libri d’arte e solo dopo di opere, giusto?  
FP Sì abbiamo iniziato con i libri e poi siamo passati alle opere. Le prime erano molto semplici, opere minori, sempre per questioni di budget. Siamo partiti da zero: non avevamo denaro di famiglia, né genitori collezionisti o finanziatori, abbiamo sempre fatto tutto da soli. Dai nostri genitori abbiamo comunque avuto moltissimo, prima di tutto la fiducia. 
Alessandro Pasotti Inizialmente avevamo qualche opera in conto vendita da alcuni collezionisti privati. Prima di aprire la galleria abbiamo fatto alcune fiere che non richiedevano di avere uno spazio fisico.  

Avete sviluppato sin da subito una linea estetica? 
FP Si, compravamo opere minori ma sempre selezionando molto, solo degli artisti che ci interessavano. Del resto, anche sui libri avevamo una linea precisa, Poi, come diceva Alessandro, con il crescere di questa attività abbiamo cominciato a trovare degli sbocchi, inizialmente nelle fiere “secondarie”, come Brescia, Bergamo, Forlì, che per noi rappresentavano un trampolino di crescita.  

Qual è stato il momento in cui vi siete autodefiniti galleristi? 
AP Quando abbiamo iniziato a cercare uno spazio. Anche se era tutto fatto con leggerezza.  
FP È vero, abbiamo iniziato a cercare lo spazio in maniera non troppo convinta. Le cose funzionavano. Mio padre aveva cominciato a tenere la macchina in strada e ci aveva generosamente concesso il garage per appoggiare le nostre cose. Poi, con la crescita dell’attività abbiamo sentito la necessità di uno spazio in cui sviluppare un programma e incontrare le persone.  

Qual è stato il momento decisivo? 
FP Quando abbiamo visto un appartamento a un primo piano e abbiamo condotto una trattativa sul prezzo. Il proprietario accettò, telefonandoci in piena estate 2009, dicendoci: “Mi siete piaciuti e voglio darvi fiducia, vi riduco il prezzo e ve lo do”. Così, sebbene con un po’ di incertezza, accettammo per aprire nel gennaio 2010.  

Shafei Xia, She has no secrets, 2024, acquarello su carta di sandalo intelata-watercolor on sandal paper mounted on canvas, cm.198,5x238. Courtesy l’artista & P420, Bologna. Photo Carlo Favero
Shafei Xia, She has no secrets, 2024, acquarello su carta di sandalo intelata-watercolor on sandal paper mounted on canvas, cm.198,5×238. Courtesy l’artista & P420, Bologna. Photo Carlo Favero

Com’è andato il primo periodo? 
AP Quando abbiamo aperto non avevamo chiara l’idea di cosa volesse dire essere un gallerista, è nato tutto nel tempo. Non avevamo in mente una programmazione, né quali artisti presentare. Le prime mostre sono nate mettendo insieme le idee con i contatti che avevamo via via raccolto. La prima mostra si intitolavaDadamaino, Piero Manzoni. Storia di un grado zero. Perché da un lato ci eravamo appassionati alla vicenda Azimuth, Zero; dall’altro avevamo avuto la fortuna di incontrare a Milano un collezionista di Piero Manzoni e uno di Dadamaino che accettarono di darci da vendere opere dalle loro collezioni. Ma poi in mostra c’erano anche cataloghi, pieghevoli, inviti originali, insomma, anche libri. Insomma, non c’era molta pianificazione, ci siamo fatti portare dal destino. 
FP Quando abbiamo aperto sapevamo con quale mostra inaugurare, ma non quale sarebbe stata la seconda…  

E gli artisti? 
AP Abbiamo capito nel tempo (seppur breve) cosa volesse dire scegliere gli artisti da rappresentare e portare avanti. E anche se dalla prima mostra avevamo coinvolto gli artisti o i loro archivi, è stata la personale di Richard Nonas, nel 2011, la prima mostra concepita con una progettualità, realizzata tra l’altro con lui; che rappresentiamo ancora oggi che è venuto a mancare. 
FP E meno male che non eravamo pienamente consapevoli… Razionalizzare troppo può essere bloccante.  

Quali sono stati i vostri riferimenti? 
AP Le gallerie e le fiere internazionali, come Art Basel, che visitiamo da sempre. Nel 2011 ci avevano già invitato ad Artissima. In poco tempo siamo entrati nel sistema, soprattutto perché guardando alle gallerie internazionali, abbiamo capito l’importanza delle fiere.   

In merito al vostro programma espositivo. Voi avete cominciato con artisti più storicizzati? 
FP Cominciando dai libri, gli artisti più storicizzati erano la nostra prima aspirazione; così, abbiamo cercato di recuperare quelli che non erano ancora particolarmente riconosciuti, anticipando quella dinamica poi definita (o oramai diffusa) “riscoperte”.  
AP Richard Nonas, Paolo Icaro, Irma Blank, Ana Lupas, Laura Grisi ma anche altri… 

Avete mai fatto secondo mercato?  
FP In verità, avevamo già chiara l’idea di lavorare direttamente con gli artisti. Anche la mostra dedicata a Dadamaino e Piero Manzoni l’abbiamo fatta in collaborazione con i rispettivi archivi. Mentre, la seconda, sulGRUPPO T, l’abbiamo realizzata con gli artisti e gli archivi. Insomma, ci siamo sempre relazionati con i protagonisti del lavoro.  

Come siete arrivati, nel 2014 ad aprirvi agli artisti più giovani, con la collettiva“Le leggi dell’ospitalità”, curata da Antonio Grulli? 
AP Per essere precisi la prima mostra in cui abbiamo inserito un artista più giovane fu Luce, giorno del 2013, dialogo tra Antonio Calderara e Helene Appel, artista e pittrice tedesca, che ancora rappresentiamo, a cura Davide Ferri. Seguita dalla mostra a cui ti riferivi. Abbiamo colto l’importanza di entrare in relazione con la contemporaneità; quindi ci siamo interfacciati con curatori esperti in tal senso, come Antonio Grulli, Chris Sharp, João Laia e altri… 
FP I curatori sono preziosi per orientarsi nel sistema, perché svolgono il lavoro di “scandagliare”. Poi noi filtriamo.  

Vi sentiste più galleristi-artisti o galleristi-mercanti? 
FP In generale la figura del gallerista implica il mercato, specialmente in Italia dove non sono previste sovvenzioni. Tuttavia, direi che apparteniamo alla seconda categoria, per noi è prioritario il rapporto con gli artisti, da cui tra l’altro, in questi primi 15 anni, abbiamo appreso moltissimo.   
AP Credo che nel nostro lavoro la vendita sia solo l’atto finale che arriva grazie alla passione che mettiamo nel rappresentare gli artisti.  

Come avete scelto le opere da esporre nella mostra “15 Years”? Avete attinto alle vostre opere o avete chiesto agli artisti di proporvi dei lavori?  
FP Abbiamo strutturato la mostra con un’pera per artista, importante e, se possibile, inedita. Quindi sì, molte sono state realizzate appositamente. Mentre, per i casi in cui abbiamo lavorato con gli archivi, abbiamo effettuato insieme la scelta. 

Per il futuro, immaginate di mantenere questo dualismo tra artisti giovani e storicizzati? Oppure pensate di orientarvi verso una delle due direzioni?  
FP Negli ultimi quattro/cinque anni abbiamo inserito nel programma artisti appena usciti dall’Accademia o addirittura ancora studenti. Francis Offman ha esposto da noi quando ancora era studente… 

In quale contesto? 
FP Nell’ambito di Opentour, l’evento realizzato dall’Accademia di Bologna in collaborazione con l’Associazione delle gallerie della città e la Fondazione Zucchelli, che consente a un’ampia selezione di studenti di esporre nelle gallerie della città.  

E in futuro… 
FP Onestamente non vogliamo precluderci nulla. Anzi, proprio perché il nostro programma è forse più proiettato verso gli storicizzati sentiamo la necessità di coinvolgere i giovani.  

La prossima mostra? 
A settembre 2025 stiamo per l’appunto organizzando per la prima volta una mostra, con dieci/dodici artisti, che attualmente non appartengono al nostro programma. Si tratta di artisti che abbiamo visto in giro per il mondo negli ultimi uno o due anni e che per qualche motivo hanno lasciato il segno. Per la mostra abbiamo un titolo che non è ancora ufficiale ma che ci piace molto… 

Si può dire? 
AP Ma certo: What the eye brought back

Elisabetta Pagella 

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Elisabetta Pagella

Elisabetta Pagella

Elisabetta Pagella nasce a Bergamo nel 1996. Cresciuta a Verbania, sul Lago Maggiore, dopo gli studi classici ha intrapreso il corso di laurea in Lettere a indirizzo artistico con una tesi sulla figura della gallerista Claudia Gian Ferrari, in seguito…

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