È un’autobiografia molto speciale quella che traccia Francis Offman (Butare, 1987) attraverso i lavori esposti, fino all’8 gennaio, alla P420 di Bologna.
Recuperati e riutilizzati, mai acquistati, i materiali delle sue opere ci raccontano una storia, la sua, nascosta fra le pieghe dei segni astratti di opere che, per questo, si differenziano dalla tendenza figurativa degli ultimi periodi. Sono i mezzi di un racconto a cavallo fra Africa ed Europa, fra diverse culture, usanze, ricchezze e povertà. Carte e caffè (i fondi, attenzione, non la polvere ancora da utilizzare) parlano del suo Paese di origine, che ha scelto di abbandonare del tutto l’uso della plastica e che produce la gran parte della nostra bevanda preferita.

LE OPERE DI FRANCIS OFFMAN DA BOLOGNA A TORINO
Cemento e gesso richiamano il nostro Paese, dove, fra l’uomo e il terreno, quello vero, si frappone sempre una superficie che ci impedisce il contatto reale con la natura e, forse, con il mondo. Scoperto attraverso il progetto OpenTour, che aveva come obiettivo proprio quello di scovare i talenti del territorio, Offman arriva oggi a essere protagonista di una mostra in una nota galleria della città, con tutte le opere vendute, non solo qui ma anche alla fi Artissima, dove la P420 lo ha appena portato. Fra queste, due finiranno in collezione al Castello di Rivoli, che ospiterà anche la sua prossima mostra.
– Chiara Pilati
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