Il poeta italiano che ha dato voce a un dipinto di Tiepolo

Il LACMA di Los Angeles ha intervistato Gabriele Tinti in occasione del lancio del video che ha documentato la lettura, da parte dell’attore, Jamie McShane dei versi del poeta italiano ispirati al dipinto “Apollo e Fetonte” di Giambattista Tiepolo, conservato nei depositi del museo


È stato pensato come un viaggio nei depositi del museo losangelino il reading ospitato dal LACMA per far riscoprire e focalizzare lattenzione sull’opera di Giambattista Tiepolo Apollo e Fetonte, attualmente non esposta a causa dell’ampliamento degli spazi del museo funzionali a ospitare le collezioni.
A “prestare” le parole all’attore Jamie McShane ‒ noto per i suoi ruoli in Sons of Anarchy, Southland, The Passage, Bloodline e nel film Mank diretto da David Fincher ‒ è Gabriele Tinti, poeta, scrittore e critico d’arte, i cui versi ispirati al capolavoro di Tiepolo sono alla base di questo progetto al confine tra arte e poesia, realizzato dal LACMA con il contributo della Fondazione Cultura e Arte, braccio operativo della Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale, e la collaborazione dell’Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles.

Jamie McShane legge Apollo e Fetonte di Gabriele Tinti, courtesy Brian Wertheim, 2022

Jamie McShane legge Apollo e Fetonte di Gabriele Tinti, courtesy Brian Wertheim, 2022

INTERVISTA A GABRIELE TINTI

Da dove deriva il suo interesse a scrivere poesie in risposta alle opere d’arte?
Lessing affermava che la poesia dovrebbe “attenersi alle leggi della pittura materiale” come fece Omero, che descrisse “pittoricamente” lo scudo di Achille in un “quadro” di più di cento versi “in virtù del quale è stato considerato sin dall’antichità un maestro della pittura” (Gotthold Ephraim Lessing, Laocoonte). Questa confusione, coabitazione in un medesimo spazio di creazione tra le arti che Lessing porta a un esito paradossale, nominando Omero “pittore” e la sua opera poetica “quadro”, è qualcosa di originario che trova compimento nel principio oraziano dell’ut pictura poesis: la pittura come poesia muta e la poesia come pittura parlante. In fondo, oggi come allora, chi scrive non può fare a meno delle immagini, così come chi dipinge della parola.

Che cosa l’ha colpita del dipinto Apollo e Fetonte?
Il modo in cui Tiepolo ha reso l’appello impossibile di Fetonte al padre Apollo. Nella sua opera il dio ‒ alla sommità di uno scorcio fastoso, lirico, a simboleggiare l’ineffabile ‒ sembra davvero rifuggire la richiesta che non honor est: poenam (non è onore ma condanna), mentre Fetonte viene colto nel proprio domandare insistente, nel voler a tutti i costi “peccare” prefigurando il “peccato” di Tommaso: dover toccare con mano per credere.

Jamie McShane e Gabriele Tinti, courtesy Brian Wertheim, 2022

Jamie McShane e Gabriele Tinti, courtesy Brian Wertheim, 2022

LA COLLABORAZIONE FRA TINTI E MCSHANE

Parliamo della sua collaborazione con l’attore Jamie McShane. Come siete arrivati a lavorare insieme a questo progetto?
Ho conosciuto Jamie McShane tramite un caro amico comune, Vincent Piazza, che ci mise in contatto anni fa. Jamie è attore solitamente impegnato a dare un corpo e una voce agli antagonisti, ai marginali. Da tanto parlavamo di collaborare e ci siamo incontrati su questa idea: dare voce a Fetonte, a quest’uomo tormentato, curioso, irrisolto, coraggioso che ‒ come le Naiadi scrissero sulla sua tomba ‒ magnis excidit ausis, morì osando una grande impresa.

Che cosa spera il pubblico tragga da questa sua opera?
Mi piacerebbe tornasse a interessarsi al mito come forza generatrice, dimensione partecipe e creatrice dell’oggi e non soltanto di un passato remoto che non esiste più.
Purtroppo gli studi accademici hanno ridotto l’ékphrasis a uno stile descrittivo, a un genere di scrittura didascalico quando invece nell’antichità il termine indicava la performance dell’aedo per la partecipazione (compartecipazione, mimesis) di un pubblico che ascoltava e rispondeva. La poesia era ritualità. Al giorno d’oggi tutto questo sembra essersi perso. Pure il significato autentico di ékphrasis ek (fuori) phrazein (mostrare) ‒ quello di tirar fuori, mostrare, portare in prossimità dell’ascoltatore/lettore un’immagine, rimane. Voglio pensare che sia possibile entrare nelle sale di un museo e scuotere le opere (i miti che queste rappresentano) dal torpore in cui le abbiamo confinate. Il pubblico può ancora essere chiamato alla sosta, all’attenzione, a una qualche risposta.

Intervista a cura del LACMA di Los Angeles

https://www.lacma.org/event/poetry-reading-inspired-apollo-and-phaethon

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