Fatmata Binta: storia della cuoca che difende la cucina nomade

La cuoca appartenente alla tribù africana Fulani, la più grande comunità nomade del mondo, utilizza il cibo per promuovere l’emancipazione femminile e aiutare la vita di comunità nell’Africa Occidentale. Vince l’edizione 2022 del premio per chef etici Basque Culinary World Prize

Si ripete fin troppo spesso che il cibo è cultura, come se fosse necessario ribadire un’ovvietà. In quanto necessità individuale primaria e al contempo forma di espressione dell’identità collettiva di una comunità – tra i linguaggi più intellegibili utilizzati dall’essere umano, perché fondato sulla condivisione – il cibo sviluppa dinamiche sociali, economiche, religiose e simboliche. E parlare di etica del cibo, partendo dall’etica del lavoro necessario per produrlo per arrivare a considerarne l’impatto sull’ambiente (tema drammaticamente all’ordine del giorno), ma anche le ricadute positive sullo sviluppo di un territorio e l’urgenza di garantire a tutti la dignità alimentare, non è questione sterile.

Fatmata Binta, Photo Francis Kokoroko for The New York Times

Fatmata Binta, executive chef, photographed at a fulani settlement in Shai Hills, Greater Accra Region-Ghana. December 4, 2021. New York Times/Francis Kokoroko
Fatmata Binta, Photo Francis Kokoroko for The New York Times

IL SENSO DEL BASQUE CULINARY WORLD PRIZE

A San Sebastian, il Basque Culinary Center, centro di ricerca gastronomica all’avanguardia (che presto si doterà di una nuova sede d’autore in centro città), promuove dal 2016 un premio per chef che si concentra proprio sull’impatto benefico di progetti gastronomici improntati a lasciare un segno nella società, incentivando cambiamenti strutturali per un futuro migliore. Ogni anno, il vincitore è scelto tra una rosa di candidature pervenute alla giuria del Basque Culinary World Prize, composta da chef influenti chiamati a decidere sul profilo più meritevole di avere accesso ai 100mila euro in palio, destinati a finanziare il progetto indicato da chi ottiene il premio.

La cucina nomade Fulani

La cucina nomade Fulani

CHI È FATMATA BINTA. CIBO A SOSTEGNO DELLA COMUNITÀ

L’edizione 2022 consegna per la prima volta la vittoria all’Africa, con la nomina di Fatmata Binta, cuoca da molti anni al lavoro nell’ovest del continente con l’obiettivo di far conoscere la cultura culinaria nomade sostenibile (quella dei Fulani, gruppo a cui appartiene, per parte di una famiglia di origini guineiane) e di sensibilizzare il mondo sul fenomeno della diaspora della cucina dell’Africa occidentale, legato alle migrazioni di popolazioni in cerca di stabilità e sicurezza (anche alimentare). Originaria della Sierra Leone, classe 1980, Binta ha costituito una fondazione destinata a donne e ragazze di tutte le regioni Fulani, la Fulani Kitchen Foundation, il cui scopo è soddisfare bisogni sociali ed educativi (sostenendo l’istruzione come prima forma di lotta alla povertà, in un Paese che ancora sconta gli effetti della guerra civile durata dal ’91 al 2002, vissuta in prima persona dalla chef), nonché trasformare ingredienti come il fonio – cereale tipico della cultura locale, particolarmente resistente alla siccità, dall’alto potere nutritivo – in fonti di reddito, autonomia economica, sicurezza alimentare e lavorativa per queste comunità rurali.

Vita di comunità nella tribù Fulani

Vita di comunità nella tribù Fulani

LA CUCINA NOMADE DEI FULANI. SOSTENIBILITÀ E SALVAGUARDIA DELL’IDENTITÀ

Oggi più di 300 famiglie di 12 comunità e 4 regioni del Ghana beneficiano dell’attività della fondazione, che si sostiene grazie al progetto Dine on a Mat, un ristorante itinerante proprio come la cultura culinaria che si impegna a valorizzare, quella della più grande tribù nomade dell’Africa (e del mondo), che porta più di 20 milioni di persone dedite alla pastorizia a spostarsi costantemente attraverso vasti territori. Le cene pop up ideate dalla chef hanno preso forma a partire dal 2018 in tre continenti diversi, sempre con l’obiettivo di restituire l’autenticità della cucina Fulani, e il loro rapporto con il cibo, che è anche un modello di adattamento e sostenibilità, fondato com’è sulla condivisione di cereali e sull’utilizzo di tecniche ancestrali di trasformazione. Lo spazio in cui ci si ritrova intorno a un tavolo viene così celebrato come momento di incontro e scambio pacifico, un luogo sicuro per impostare il dialogo e generare prospettive di futuro. Ma premiare l’operato della chef significa anche riconoscere l’importanza di salvaguardare le tradizioni gastronomiche di una comunità in quanto tutela di un sapere comune e forma di emancipazione individuale e collettiva (nel caso specifico, femminile, essendo la comunità Fulani a base matriarcale). Tutti i proventi delle iniziative, non a caso, sono reinvestiti nella comunità. Fatmata Binta è nata e cresciuta a Freetown, si è spostata altrove per crescere nella sua professione e imparare dal mondo (prima in Spagna, poi al Culinary Institute del Kenya), ma ha scelto di tornare. E ritirando il premio – che arriva dopo il riconoscimento come Rising Star ai Best Chef Awards 2021 – ha  voluto sottolineare un altro aspetto fondamentale del suo approccio al lavoro: “È un vero onore ritirare il premio, non solo per me ma per tutte le donne che saranno legittimate e ispirate a raggiungere il loro massimo potenziale. Contribuirà a evidenziare le sfide che le donne affrontano, e soprattutto a trovare le soluzioni. Non possiamo più permetterci di disconoscere il potenziale delle donne, il mondo deve sfruttare pienamente il talento e la loro saggezza. Che si tratti di sicurezza alimentare, ripresa economica o pace, la partecipazione delle donne è ora più che mai necessaria!”.

Livia Montagnoli

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