Riscatto e rinascita nella fotografia narrativa di Davide Bertuccio

"Il silenzioso battito delle loro mani”, racconto per immagini presentato da Davide Bertuccio a Cortona On The Move, è una testimonianza armonica di resilienza. Ne abbiamo parlato con lui, che si è aggiudicato, nell’ambito della rassegna, il Premio Canon Giovani Fotografi 2020.

La fotografia documentaristica di Cortona On The Move torna a custodire, nel verde della campagna aretina, progetti di respiro internazionale, virando quest’anno il timone verso il visual narrative, con l’obiettivo di creare un archivio alimentato dalla memoria collettiva sulla pandemia. A raccontare storie c’è anche Davide Bertuccio, fotogiornalista milanese classe 1991, inserito nel 2014 tra i 10 migliori under 25 italiani. Da sempre concentrato sul tema della globalizzazione, alla ricerca di fatti che diano voce alle piccole realtà schiacciate da quell’infaticabile desiderio di uguaglianza, non smette, nel tempo, di seguire la sua passione per la scienza e i problemi ambientali.

Il silenzioso battito delle loro mani è una testimonianza armonica di resilienza, che porta gli occhi nella dimensione onirica e naïf di un circo dentro casa, rifugio poetico dal mondo e dalla pandemia. 
Sì, il Circincà di Claudio è un mondo a sè. Quando varchi quella porta sai già che non sei più nel mondo normale. Spero di essere riuscito a tradurre in immagini questa sensazione, ma posso assicurarti che è stata una delle sfide più ardue che ho dovuto superare in questi anni. Di sicuro mai mi sarei immaginato, la prima volta che sono entrato come spettatore al Circincà, che poi quella storia sarebbe finita al Cortona On The Move e che mi permettesse di vincere il Canon. Quel luogo magico, semplice; Claudio e il suo modo di vivere, la sua forza di volontà, credo abbiano fatto parte di uno di quei lavori che difficilmente dimenticherò.

E il tuo, d’isolamento, com’è stato? 
Non amo la solitudine e odiavo la sensazione di non essere libero di poter andare dove volevo. Oltre che tutte le relazioni che avevo giornalmente erano virtuali, non reali, e questo mi ha lentamente ucciso. Porterò a lungo le cicatrici di quei giorni, credo. Però è stato anche un periodo di grande ricerca.

Ci sono delle persone, o degli eventi in particolare, che hanno disegnato il tuo contorno?
Da piccolo non sognavo di diventare fotografo, mi sono visto da sempre un medico. Ho fatto di tutto, una volta finiti gli studi scolastici, per provare a entrare a Medicina, ritrovandomi poi a studiare Biotecnologie Mediche a Milano. La fotografia fino a quel momento aveva sempre fatto parte di me, della mia vita, ma come nota a margine. È stata Milano a permettermi di poter credere nella possibilità di trasformare quello che fino a quel momento era semplicemente un hobby in un lavoro, un mestiere.

Davide Bertuccio, The Silent Clapping of their Hands

Davide Bertuccio, The Silent Clapping of their Hands

LA FOTOGRAFIA SECONDO DAVIDE BERTUCCIO

Il maestro dal quale hai imparato di più.
Non ho un maestro in particolare, ma mi sento in dovere di dover nominare August Sander, Erwin Olaf, Richard Avedon e Gregory Crewdson. Ho studiato e guardato tantissimo i loro lavori.

E un fotografo emergente da tener d’occhio? 
La nuova generazione di fotografi, quella dei miei anni, è molto forte, di conseguenza è difficile riuscire a fare dei nomi. Secondo me su tutti sono degni di nota due ragazzi del 1994, Emile Ducke e Nanna Heitmann.

Con cosa si annaffia la pianta della tua creatività?
Sono una persona curiosa. Mi piace variare cercando sempre di conoscere ciò che caratterizza i nostri tempi. Sia nel cinema che nella letteratura m’interessa ciò che accade e c’è adesso. Capire che evoluzione stanno prendendo le parole e le immagini. La cosa che nutre più di ogni altra la mia creatività è la cucina. In ogni viaggio che faccio mi piace assaggiare e conoscere i vari ingredienti che trovo, per poi portarli a casa e mischiarli con quelli di uso comune.

Quando ti accorgi di essere più produttivo?
Credo durante le parentesi di malinconia. Non l’ho mai disegnata come uno stato d’animo forzatamente negativo. Chi mi conosce sa che sono una persona estremamente positiva, e forse mi descriverei anche io così, però come tutti attraverso attimi di noia. È proprio lì che nasce la voglia di creare.

La Sicilia, terra dove sei nato, quanto entra nel tuo quotidiano? 
Chiunque sia stato in Sicilia e l’abbia vissuta per un periodo, magari attraversandola dall’entroterra alla costa, sono sicuro che porti con sé un ricordo, una sensazione, difficile da spiegare. Come di qualcosa che difficilmente si riesce a trovare altrove. Ecco io lì ci sono nato e cresciuto. La Sicilia t’insegna a non prendere la vita troppo sul serio e saperti prendere i tuoi tempi. T’insegna il valore dell’amicizia e della famiglia. T’insegna il valore della libertà.

Davide Bertuccio, The Silent Clapping of their Hands

Davide Bertuccio, The Silent Clapping of their Hands

L’ATTENZIONE ALL’AMBIENTE DI BERTUCCIO

Parlando di valori, la tua ricerca dà voce a storie che invece non ne avrebbero: come si articola il tuo lavoro?
Per realizzare una storia bisogna partire dai propri interessi, perché poi quella stessa storia diventa, per un periodo, parte integrante della tua vita. Partendo dal presupposto che comunque essere completamente oggettivi è impossibile, ho deciso fin da subito di dare una mia chiave di lettura a qualsiasi progetto. Tutto questo fa parte della pre-produzione, poi, una volta che vado sul campo a realizzare il reportage, so già cosa dovrò fare e più cose avrò studiato prima (quindi più cose saprò), più sarò in grado di vedere. Nulla capita per caso, neanche una buona foto.

Ti sei occupato anche di temi ambientali, come il problema della plastica nel Mediterraneo.
Sì, questo lavoro è stato bellissimo da fare, perché mi ha riportato a casa e dopo anni di viaggi, finire per lavorare a Messina, su una tematica tanto attuale, è stato gratificante. A riguardo posso dire che comunque mi ha fatto molto male pensare quanto l’essere così tanto menefreghisti verso l’ambiente stia causando così tanti danni alla natura che presto potrebbero ritorcercisi contro.

Nuovi progetti all’orizzonte? 
Sì, in questi mesi sto studiando per poi realizzare un nuovo progetto. Non posso ancora dire molto a riguardo, ma sicuramente avrà come tema principale il cambiamento climatico e l’energia rinnovabile.

‒ Ginevra Barbetti

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Ginevra Barbetti

Ginevra Barbetti

Nata a Firenze, si occupa di giornalismo e comunicazione, materie che insegna all’università. Collabora con diverse testate in ambito arte, design e cinema, per le quali realizza soprattutto interviste. Che “senza scrittura non sarebbe vita” lo ripete spesso, così come…

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