La Medina e i suoi riad secondo Quentin Wilbaux

Il nostro reportage da Marrakech prosegue con un tuffo in un riad d’eccezione, quello dell’architetto belga Quentin Wilbaux.

L’architetto belga e storico della medina Quentin Wilbaux ci ha aperto le porte del suo riad, Dar El Qadi, raccontandoci l’importante attività di rivalorizzazione della Medina, oggi perfezionata dall’utilizzo delle nuove tecnologie.

Perché la passione per Marrakech?
Ci sono dei luoghi nel mondo dove ci si sente bene, dove c’è una certa elettricità. Quando sono arrivato a Marrakech c’era una calma, una pace, e la gente era gentile e aperta. Marrakech non ha mai sviluppato una vera borghesia come è avvenuto a Fez, ad esempio, perché è una città di passaggio che si è sempre arricchita del crogiolo delle culture. All’inizio degli Anni Ottanta la Medina non interessava a nessuno. Pochi europei vivevano al suo interno, i Getty, Alain Delon erano al confine. Ancora oggi ci sono luoghi sconosciuti.

Cosa ti attrae nei riad?
L’esotismo. All’epoca il prezzo per acquistare un riad era ridicolo. Marrakech è una città di riad: nelle foto aeree di cent’anni fa si vedono anche micro-riad. Varcato l’ingresso, si dischiude un nuovo mondo. Ho realizzato le piante e scattato le foto di tutti i riad che vedevo, era diventato il mio hobby. Non era facile scoprire le case più belle. Mi hanno aiutato i percorsi di canalizzazione sotterranei che conducono alle abitazioni, un accesso privato all’acqua solo per i più ricchi.

Quentin Wilbaux. Photo © J. Van Belle WBI

Quentin Wilbaux. Photo © J. Van Belle WBI

Cosa li caratterizza?
La grande sorpresa è la semplicità: muri bianchi, tappeti, mosaici e pochi mobili. I costruttori locali sapevano mettere l’accento su alcuni punti più elaborati, ma anche far riposare lo sguardo. Purtroppo è un savoir-faire che sta scomparendo, non ci sono delle scuole di formazione. Ho collaborato anche con le Guide Routard e ho scoperto riad spesso ristrutturati con uno stile arabeggiante che non corrisponde al progetto iniziale. Oggi i marrakchi preferiscono vivere all’esterno delle mura, in palazzi moderni, e i riad sono quasi tutti trasformati in bazar, hotel e ristoranti.

Parlaci del tuo riad.
Dar El Qadi, la “casa del giudice-astronomo”, è concepito per lo studio e la contemplazione. Il simbolo è la sua torre che domina la terrazza e tutta la medina, che all’epoca era molto più bassa. Avevano realizzato una stanza nella torre, la piccola stanza dell’intellettuale che può sprofondare nei suoi pensieri. Al piano terra c’è un grande patio, come nella tradizione arabo-andalusa, con una fonte d’acqua e un’alcova. Oggi Dar El Qadi è una maison d’hôtes, abbiamo aggiunto i comfort europei ma senza intaccare il carattere della casa.

Cosa ci racconti invece del progetto Tournai-Marrakech Map 3D?
Il drone cattura una serie di piccoli punti che sono georeferenziati nelle tre dimensioni e che restituisce in immagini computerizzate. Leggendo questa terza dimensione della città possiamo avere un’indicazione, ad esempio, su come l’acqua si poteva distribuire nelle case. Questa tecnica permette di fare dei rilevamenti estremamente precisi su tutto ciò che è patrimoniale e archeologico, si può rilevare anche quale elemento è sparito e quale è stato aggiunto. Stiamo iniziando a lavorare anche sulle tecniche di rilevamento all’interno degli edifici, in futuro bisognerà definire quali sono i dati sensibili, chi può accedere a cosa. Ma ho l’impressione che questo tipo di tecnica aprirà delle nuove conoscenze sulle metodologie di classificazione e archiviazione. Marrakech sarà un paradiso per gli archeologi del futuro.

‒ Giorgia Losio

www.darelqadi.com

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #52

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Giorgia Losio

Giorgia Losio

Giorgia Losio, nata a Milano, è storica dell’arte e appassionata di design. Ha studiato storia dell’arte presso l’Università degli Studi di Milano e si è specializzata in storia e critica dell’arte contemporanea all’Université Sorbonne Paris-IV e in museologia e museografia…

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