Cassata Drone. Conversazione con g. olmo stuppia, Luca Gennati e Giacomo Pigliapoco

L’ideatore del progetto siciliano “Cassata Drone”, g. olmo stuppia, ne approfondisce origini e sviluppi, coinvolgendo anche i curatori Luca Gennati e Giacomo Pigliapoco.

Qualche sera fa, invitata a cena nell’appartamento che ha visto nascere e crescere nell’arco di due anni Cassata Drone, nel centro storico di Palermo, ti ho chiesto perché ami definirti artista e director. Mi hai spiegato che il senso di questa doppia definizione ha a che fare con il tuo desiderio di fondare qualcosa di importante per te e per le persone che ti circondano. Come definiresti quindi Cassata Drone nel suo complesso?
g. olmo stuppia: Cassata Drone è un progetto di cultura visuale aperto e rizomatico nato in Sicilia a partire dalla mostra omonima con Raqs Media Collective, MDR e Stefano Cagol, che ho realizzato insieme a Giovanni Rendina e Chiara Bordin dal 14 giugno al 5 ottobre 2018 nell’attico di quello che ora viene chiamato “Palazzo Storto”, in via Malta 21, a Palermo.
Il progetto, nato ancora prima di Manifesta12, si situa nella relazione problematica tra le pratiche di arte sociale, scultura espansa e performance spettacolare. Infatti, la collimazione tra artista e curatore, nell’epoca post-mediale è più che evidente e palese. Prendendo spunto dal libro di Elena Filipovic, The Artist as a Curator, An Anthology (Mousse, 2013), il progetto può essere considerato una mia performance a lungo termine come direttore artistico e attivatore di processi positivi. Una critica contundente, metaforica, simbolica e visiva alla creazione di immagini e di azioni contro il potere fallico-militare, all’uso criminale dei big data nonché alla metafora “erotica” del consumo quotidiano della Cassata siciliana nata a Palermo nel 1853 a opera del Cav. Gulì. È un mangiare che sussume le stratificazioni siciliane su di sé.
Cassata Drone ha una dicotomia linguistica nella quale una “comunità in divenire” può riconoscersi.

Marco Strappato in collaborazione con Gianluca Moscoloni, Flying over the white threshold, 2019. Courtesy The Gallery Apart, Roma. Photo A. Gambino – Cassata Drone Expanded Archive

Marco Strappato in collaborazione con Gianluca Moscoloni, Flying over the white threshold, 2019. Courtesy The Gallery Apart, Roma. Photo A. Gambino – Cassata Drone Expanded Archive

Spiegaci meglio.
La peculiarità del mio progetto consiste nel coinvolgere sia artisti di livello internazionale sia personalità più giovani, muovendosi su più registri, senza dimenticare l’aspetto educativo che, a partire dalla mostra e dal libro dal titolo Désolé, (curati entrambi da Giuseppina Vara e Izabela Anna Moren), assume i connotati di Cassata Drone Expanded Archive. È un archivio di azioni prima che di mostre e di immagini, a partire dal lungo cammino a piedi da Sigonella a Palermo realizzato grazie al patrocinio dell’Università IUAV di Venezia, della Scuola di Architettura di Siracusa e dell’Università Politecnica di Palermo. In quel frammento, a Pasqua 2018, con il curatore Giovanni Rendina e l’artista Claudia di Gangi abbiamo spalancato le porte di un baratro e iniziato un’indagine visiva e culturale complessa quanto problematica anche su noi stessi, che sonda l’interiorità siciliana. Il progetto, che ora è alla sua terza mostra con il titolo Preferire l’ombra, ha portato in Sicilia James Bridle (con il primo suo intervento in una piazza pubblica italiana), Valentina Furian, Julius Neubronner, Paolo Cirio, Il Pavone, Marco Strappato, i quali si sono appropriati della sede di via Malta 21, della Piazza Borsa e del prestigioso Loggiato di San Bartolomeo. La mostra è visitabile fino al 30 ottobre, poi l’archivio viaggerà con me a Parigi dove sono stato invitato come artista a realizzare il 15 novembre una performance e una mostra curate da Anna Battiston all’INHA, con una componente sonora e una oggettuale connotate ad hoc.

È sempre interessante ascoltare la storia dei progetti che nascono da una reale passione. Puoi raccontarci la genesi del progetto e i suoi sviluppi futuri? L’avere invitato non solo gli artisti ma anche Luca Gennati e Giacomo Pigliapoco a curare l’ultimo capitolo del progetto dal titolo Preferire l’ombra, ha allargato le pratiche di Cassata Drone ad altre finalità?
Cassata Drone nasce come progetto a lungo termine nell’aprile 2016 ed è scaturito da una chiacchierata da bar con Stefano Cagol e da una conversazione più teorica con Chiara Bordin e Giovanni Rendina a Venezia nel 2017. Nasce anche dal bisogno intimo di un oriundo siciliano, quale io sono, di ritrovare le sue radici attraverso la sua professione. Il mio focus è coinvolgere curatori, intellettuali, scienziati e visionari come pure studentesse e studenti di Palermo, baristi e posteggiatori in un processo trasversale e interclassista.
In via Malta 21 abbiamo avuto visitatori diversi tra loro, come Maurizio Cattelan, i bambini dell’Istituto Comprensivo Arenella di Palermo, gli artisti in residenza, lo Studio Calas di Vienna e il Pavone di Palermo, registi di diverse forme condivise, con risultati spesso opposti, in linea con la dicotomia di Cassata Drone.
La mostra Preferire l’ombra mi rende assai orgoglioso del lavoro svolto fino a oggi, perché è la terza esposizione che produciamo, ed è un “animale visivo”, figlio di Luca Gennati e Giacomo Pigliapoco, a cui ora chiedo di approfondire gli aspetti curatoriali.
Luca Gennati, Giacomo Pigliapoco: Il primo obiettivo che ci siamo posti istintivamente quando siamo stati invitati da g. olmo stuppia a progettare una mostra, è stato cercare di lasciare un’impronta del nostro passaggio a Palermo. Da qui è nata l’idea di presentare Drone Shadow di James Bridle e di farlo in Piazza Cassa di Risparmio, una piazza restaurata e resa pedonale da appena due anni. Questa, ci teniamo a sottolinearlo, è la prima volta che l’opera dell’artista inglese viene realizzata in un luogo pubblico italiano, e stiamo lavorando (tramite una raccolta di firme) con il Comune di Palermo per far sì che diventi un lavoro permanente. Una volta immaginata la sagoma uno a uno del drone da ricognizione RQ-4A, abbiamo sentito la necessità di ripercorrere visivamente la storia sia dello strumento drone sia della sorveglianza stessa. Il primo nucleo espositivo è stato progettato per l’attigua sede di Cassata Drone in via Malta 21 e vede presenti alcune fotografie d’archivio del chimico tedesco Julius Neubronner, che nel 1905 brevettò la fotografia aerea con i piccioni viaggiatori. Queste fotografie, presentate grazie alla collaborazione con Nicolò Degiorgis e la casa editrice Rorhof di Bolzano, sono in dialogo con l’installazione audiovisiva di Valentina Furian Il frutto del sorbo, che, essendo udibile sin dal livello stradale, e quindi da Piazza Cassa di Risparmio, chiude un cerchio visivo e progettuale. Sorvegliante e sorvegliato sono posti sullo stesso livello, in un rapporto tra visibilità e invisibilità che pensiamo siano agibili da entrambe le parti. Da qui il titolo Preferire l’ombra, titolo che ammicca a un verbo caro alla resistenza dello scrivano Bartleby di Melville e che richiede una conoscenza dell’ombra, scelta per nascondersi e per meglio difendersi da una costante sorveglianza.

Julius Neubronner's archive photos. Courtesy Rorhof Bolzano

Julius Neubronner’s archive photos. Courtesy Rorhof Bolzano

E per quanto riguarda gli artisti?
La collaborazione con la Fondazione Sant’Elia, che ci ha concesso uno spazio nel neo-restaurato Loggiato di San Bartolomeo, ha aperto un’altra strada di indagine che ha portato all’esposizione dei lavori di altri tre artisti. Paolo Cirio, con Sociality, un’installazione immersiva e soverchiante di circa 1300 brevetti, hackerati dallo stesso artista, sulla previsione dei comportamenti sociali, mette in chiaro l’onnipresente controllo tecnologico a cui siamo costantemente sottoposti. Flying over the white threshold di Marco Strappato, sfruttando la tecnologia e la posizione visiva dominante di un drone, ci introduce in un mondo onirico e caleidoscopico che supera il confine di una realtà innevata slittando percettivamente fino a un’immagine che sembra frutto di una mente digitale. Infine la nuova produzione de Il Pavone, che è una narrazione tra la geografia, la cultura, il simbolismo dei paesaggi intorno a Erice e Castelluzzo, passando dall’immaginazione dei bambini ai misteri dei servizi segreti, dagli avvistamenti notturni collinari sino al mondo massonico.

Maria Rosa Sossai

http://cassatadrone.org/it/

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Maria Rosa Sossai

Maria Rosa Sossai

Maria Rosa Sossai è ricercatrice nel campo delle pratiche artistiche e delle politiche dell’educazione. Nel 2012 ha fondato ALAgroup – Accademia Libera delle Arti, un collettivo indipendente che concepisce la pratica curatoriale e artistica come un processo di conoscenza condiviso,…

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