La Biennale delle alternative. Intervista a Ralph Rugoff

A poche ore dalla presentazione alla stampa di contenuti e artisti della 58. Esposizione Internazionale d’Arte, abbiamo parlato con il curatore Ralph Rugoff. In attesa di una Biennale all’insegna della possibilità.

La scelta dell’aggettivo “interessante” usato nel titolo della sua Biennale mi ha colpito. Interessante è un termine complesso e anche abusato. Durante la conferenza stampa di presentazione ha spiegato le ragioni di questa scelta, ma io vorrei sapere quale genere di “tempi interessanti” si augura la sua Biennale.
Non è una questione di augurio. È più una questione di accettare i tempi in cui vivi. Ma puoi augurarti modi differenti di pensare a essi, di guardarli. “Interessante”, nel mondo dell’arte, è una parola buffa perché capita spesso di sentirla dire in riferimento a un artista o a un’opera. Le persone non dicono quasi mai: “È bello”, “È grandioso”, usano l’aggettivo interessante che, impiegato in questo senso, non è male.

Perché?
Perché non veicola un giudizio di valore, e un bravo artista deve anche essere interessante. Oggi viviamo in un mondo in cui il falso e il falsificato sono diventati credibili. Non possiamo rimuoverli, hanno una loro realtà. Dunque è una situazione piuttosto complessa: non solo dobbiamo avere a che fare con la realtà, ma anche con una realtà falsa. E l’arte è una delle attività umane che più ha a che vedere con l’artificio, con la fiction, con il far credere. Una lettura che mi ha influenzato, da questo punto di vista, è un saggio di Bruno Latour, pubblicato nel 2004 e intitolato Why Has Critique Run out of Steam?.

Qual è la tesi del libro?
A emergere da quel saggio è l’ipotesi che la critica debba elaborare nuove strategie, capaci di andare oltre il criterio di decostruzione corrosiva. Deve anche interessarsi alle cose, dare loro valore e formarle. E credo che i lavori esposti nella prossima Biennale riescano a suggerire delle alternative al semplice puntare il dito e dire che qualcosa non va.

Dunque non crede che l’arte e gli artisti debbano prendere un’esplicita posizione politica, soprattutto oggi?
Ci sono delle cose, anche spiacevoli, che accadono per una ragione e fondare la critica esclusivamente sull’opposizione non funziona. Bisogna domandarsi come mettere in gioco il proprio opporsi e le proprie opinioni, nell’ottica di poterle anche cambiare. Uno dei lavori in mostra, emblematico in questo senso, si intitola BLKNWS ed è di Kahlil Joseph, filmmaker afroamericano di base in California.

Ralph Rugoff ph. Mark Atkins

Ralph Rugoff ph. Mark Atkins

Ho visto il suo lavoro all’ultima Biennale dell’Immagine in Movimento di Ginevra, insieme a quello di altre personalità che lei ha invitato, come Korakrit Arunanondchai, Lawrence Abu Hamdan e Neïl Beloufa. Ho avuto l’impressione che questi artisti siano in grado di osservare il mondo con uno sguardo lucido, consapevole e disincantato, trasmesso usando un linguaggio altrettanto chiaro. Tale componente di disincanto è uno degli aspetti che ha voluto includere nella sua Biennale?
Lo scrittore americano James Baldwin ha detto “Gli artisti sono qui per disturbare la pace” e credo sia vero. Un artista che non mette in discussione lo status quo non è interessante, ma ci sono diversi modi per farlo. Il libro The City & the City di China Miéville si basa sull’idea che noi viviamo nelle nostre città senza guardare le altre persone, separati da muri invisibili che strutturano la nostra percezione. A volte l’arte può mostrarti che cosa c’è dall’altra parte di quel muro e lo fa intrattenendoti il giusto.

Ci fa qualche esempio?
Soham Gupta, giovane fotografo indiano che esporrà alla Biennale, realizza strepitosi ritratti di individui per le strade di Calcutta. In queste opere c’è un mix di finzione e realtà. Le persone sono reali, ma Gupta chiede loro di mostrarsi per ciò che vorrebbero essere. Dunque è l’artificio a garantire l’accesso all’umanità di queste persone, ben più di una foto giornalistica di un individuo che soffre. La percezione che si ha degli individui ritratti da Gupta è egualitaria: si tratta di persone, non di altre categorie di esseri umani. Dunque ci sono modi di criticare la società, il divario della ricchezza e il modo di guardare alle immagini che agiscono in maniera alternativa, consentendo a qualcos’altro di accadere e di manifestarsi. Si tratta di strategie post critiche.

Strategie che coinvolgono anche lo spettatore. Ha dichiarato che la sua Biennale avrà momenti di incontro ludici. In quali modi ha previsto di coinvolgere un pubblico così ampio come quello della Biennale?
Ci sono alcune modalità giocose che posso mettere in campo come curatore, ma l’energia viene dagli artisti. La mia azione più importante è stata creare due mostre differenti con i medesimi artisti e spero che questa sia un’esperienza singolare per gli spettatori, così da portarli a riflettere di più su cosa significhi essere artisti e sul loro lavoro. Per me questo è giocoso, divertente. Non in maniera sciocca, ma intelligente. Penso infatti che la giocosità sia una qualità dell’intelligenza, consente di capire che le cose cambiano, non sono statiche. Non credo che tutta l’arte sia divertente, ma che tutta l’arte possa essere giocosa. Senza necessariamente farti ridere.

Due anni fa Christine Macel presentava una Biennale ottimista. Come definirebbe la sua, senza usare gli aggettivi interessante e giocosa?
Non dirò che sarà ottimista né pessimista. Ma credo che lo spettatore potrà creare moltissime connessioni interessanti fra le opere. E la mia speranza è che continui a farlo anche dopo aver visto la mostra, innescando connessioni fra ciò che vede nel mondo.

A tal proposito quale è per lei una definizione di “buona mostra”?
Continuare a godersi il dialogo tra le cose anche dopo aver visto la mostra. A volte succede di riuscire a vedere il mondo attraverso gli occhi di un’altra persona, a me capita con le opere di Luigi Ghirri. Questo rende il tuo mondo più grande, ti dà il senso di come tu possa affrontare le cose guardandole in modi diversi.

Arianna Testino

www.labiennale.org

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Arianna Testino

Arianna Testino

Nata a Genova nel 1983, Arianna Testino si è formata tra Bologna e Venezia, laureandosi al DAMS in Storia dell’arte medievale-moderna e specializzandosi allo IUAV in Progettazione e produzione delle arti visive. Dal 2015 a giugno 2023 ha lavorato nella…

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