Le Stazioni. Un nuovo spazio per l’arte contemporanea a Milano

Intervista a Carlo Cinque, ideatore del progetto “Le Stazioni”, che da settembre fa tappa a Milano.

Il 27 settembre ha aperto un nuovo spazio a Milano, in via Melchiorre Gioia, al 135, che permette a chi lo visita di immergersi in un percorso sinestetico decisamente inusuale. Si chiama Le Stazioni ed è la quindicesima fermata di un progetto iniziato dal suo creatore, Carlo Cinque, nel 2015.
Per la recente inaugurazione della mostra Invitation to a Disaster Carlo ha aggredito le pareti e ci invita alla visita attraversando squarci violenti e appuntiti. A metà tra lo spaesamento e un sentimento catartico, ci si sente attratti dal buio e dalla luce, nel costante rituale di passaggio tra le stanze.
Le opere, di Antonio Trimani (Cosenza, 1969) e di Matteo Montani (Roma, 1972), che abitano le pareti sono visioni, apparizioni e l’esposizione si rivela un’esperienza complessa e sfuocata, fatta di scorci, di angoli e di percezioni confuse. Entrambi gli artisti mettono in scena la propria riflessione sulla natura: Montani con il suo intervento pittorico che crea forme sinuose e tracce fugaci; Trimani con i suoi video di elementi naturali, vere ipnosi congelate negli strappi del muro.
L’happening, un “vanishing painting” di Matteo Montani è invece un’ombra che compare, è attesa. La terrazza è un’illuminazione nel senso più letterale. Il cielo stellato della città riverbera sull’ultima opera che conclude la mostra: una figura inquieta di Montani a cui si unisce un intervento sonoro di Trimani, mentre il pavimento brilla.
Al momento non si vede nulla del genere a Milano, città che dimostra sempre più di saper tornare ad assumere un ruolo preminente nella promozione culturale, anche con scelte azzardate e non convenzionali.

Invitation to a Disaster. Antonio Trimani, Risveglio Trittico, 2017

Invitation to a Disaster. Antonio Trimani, Risveglio Trittico, 2017

INTERVISTA A CARLO CINQUE

Le stazioni. Ti piacciono i treni?
Il treno offre una visione laterale della vita; è un mezzo affascinante che sposta le persone e diventa per un minuto, un’ora o per un periodo della vita il nostro piccolo mondo. Agatha Christie in Assassinio sull’Orient Express scrive: “Persone di diverse classi sociali, diverse nazionalità e diversa condizione, estranee fra loro, devono stare raggruppate insieme…”. E già questo mi sembra stimolante. Io amo il confronto con la gente e se i treni potessero parlare!
Le Stazioni, le Contemporary Art, sono tappe della mia vita sempre diverse per un coinvolgimento continuo nella più stimolante sperimentazione. Non necessariamente di arrivo o di partenza.

Da dove vieni?
Ho una formazione trasversale che spazia dalla regia di opere liriche agli allestimenti di produzioni televisive. Ho anche sviluppato una conoscenza nel settore della comunicazione e della valorizzazione dei beni culturali, con particolare attenzione alle tecniche video, alla curatela, all’organizzazione e all’allestimento di eventi di profilo artistico. E l’arte contemporanea mi ha conquistato e fatto comprendere che ogni cosa è immensa.

Viaggi in prima o seconda classe?
Il 3 giugno 1956 era stata abolita la terza classe ferroviaria. Ma in Italia tutto si risolve come al solito: si promuovono le carrozze di terza che diventano seconda, e quelle di seconda diventano prima, assieme alle ex carrozze di prima classe, dai morbidi sedili di velluto rosso con poggiatesta bianchi, di fatto declassate. Fuori da ogni metafora, il primo aspetto da prendere sempre in considerazione nel parlare di questo progetto è quello legato al lavoro di gruppo e alla condivisione di un’idea. Con i miei compagni di viaggio Antonio Trimani e Matteo Montani, durante quest’ultima Stazione, Invitation to a Disaster, abbiamo sperimentato e realizzato tutto con talmente tanta armonia che nonostante le difficoltà ci è sembrato di viaggiare in prima classe.

Invitation to a Disaster. Matteo Montani, Linea di Massima. Antonio Trimani, Risveglio a Milano

Invitation to a Disaster. Matteo Montani, Linea di Massima. Antonio Trimani, Risveglio a Milano

Quella in via Gioia 135 che fermata è?
Invitation to a Disaster è la Stazione #15. Vuole essere un evento che parte da uno spazio architettonico decostruito, violato, ridisegnato e in parte distrutto per poi essere riconfigurato e accogliere le opere realizzate per lo spazio.

Lo spazio è labirintico e violento, ma anche catartico. Attraversare tutti questi passaggi assomiglia a un rituale di rinascita…
Lo spazio si presenta davvero ferito e spoglio per una scenografia spietata, ma pian piano si trasforma, dialogando tra l’offesa e la cura, il buio e la luce, l’interno e l’esterno, sempre con uno sguardo volto alla contemplazione. È la Stazione che più mi ha segnato, ferendomi appunto, come sintesi di un percorso che lavora a livello inconscio e che, con questa mostra, mi ha portato a una ripetuta e continua rinascita.

Trimani e Montani lo sapevano?
Ovvio. La prima persona alla quale ho proposto il progetto ancora in stato embrionale è stato proprio Antonio Trimani, che con grande entusiasmo mi ha suggerito il titolo Invitation to a Disaster. Sua anche la proposta di invitare al “disastro” Matteo Montani che ha accolto immediatamente la provocazione. Tra loro c’è un rapporto artistico e di amicizia decennale e questo ci ha permesso di costruire, con un pizzico di presunzione, un’opera totale, dove il contenitore delle opere è esso stesso un’opera in dialogo attivo con gli elementi inseriti, in un viaggio ricco di pitture, sculture, affreschi, video, sculture specchianti, performance e installazioni ideati e condivisi insieme con stimoli continui.

Alla fine, ancora più estatici, ci fai salire in terrazza e lì?
Dopo aver attraversato il percorso tra lo stupore e, forse per alcuni, oppressione, lo spettatore, che agisce e che misura il proprio corpo con gli elementi architettonici quasi prigioniero dello spazio, sale in quella che abbiamo rinominato “la stanza dell’aria” (il tetto) con il lavoro finale luminescente e rigenerante di bellezza e luce. In dialogo con la scultura di Montani, la stella di luce di Trimani riproduce con un eccezionale sound effect le basse frequenze delle stelle cadenti.

Invitation to a Disaster. Antonio Trimani, Trittico (attraverso lo squarcio)

Invitation to a Disaster. Antonio Trimani, Trittico (attraverso lo squarcio)

Perché hai scelto Milano?
Milano, che ormai mi ha adottato, rappresenta in verità l’esatta contrapposizione della mia nativa Positano. Ma qui ho la forte sensazione che tutto possa succedere. Nonostante Le Stazioni in giro per il mondo, qui mi sento davvero a casa.

Come ti inserisci rispetto agli altri spazi della città?
In questa occasione ci troviamo in una civile abitazione che si trasforma non in un domestico luogo espositivo, come avviene nell’ormai consolidata formula dell’home gallery, ma in un percorso iniziatico per lo spettatore, un luogo veramente ferito che mostra concretamente questo suo carattere. Le Stazioni è però un progetto intorno alle diverse arti contemporanee; sono eventi aperti e difficilmente definibili in un genere, il cui senso si ritrova nel loro svolgimento piuttosto che nella loro forma.

Quanto pensi di fermarti?
StazioneBASE ha sede a Milano in via Vincenzo Foppa 46. È un luogo espositivo importante per me non solo perché ospiterà altri artisti ed eventi, ma anche perché quartier generale delle Stazioni Contemporary Art e ormai seconda casa. Spero di rimanerci per molto tempo, ci sono affezionato.

E poi? Hai già qualche nuovo dissesto in programma?
Tante Stazioni previste per il 2019. Una tappa a New York e una a Zurigo, ma anche una su una spiaggia privata accanto a quella grande di Positano, con delle imponenti installazioni visibili dalla costa o dal mare con eventi serali accessibili soltanto via mare.

Giulia Crespi

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