Cosa sta accadendo nel mondo dello spettacolo dal vivo in Italia?
In questi giorni la pubblicazione delle assegnazioni dei contributi del FNSV (Fondo Nazionale per lo Spettacolo dal Vivo) sta suscitando non poche preoccupazioni e perplessità: proviamo a spiegare perché...

Il Fondo Nazionale per lo Spettacolo dal Vivo è lo strumento attraverso cui il MiC – e, in particolare, la Direzione generale dello spettacolo – eroga i contributi destinati alle attività di produzione e programmazione nel campo del teatro, la danza, la musica e il circo. In questi giorni sono stati resi pubblici i risultati del lavoro svolto dalle commissioni consultive di ciascun settore, incaricate di valutare le richieste di riconoscimento ministeriale e, dunque, di finanziamento giunte in seguito all’emanazione del bando triennale, pubblicato il 23 dicembre scorso. Il “caso” che ha suscitato maggior scalpore è quello del “declassamento” del Teatro della Toscana guidato da Stefano Massini ma molte sono state le realtà penalizzate e il tema vero al centro del dibattito è la concezione stessa di politica culturale.
I contributi pubblici allo spettacolo dal vivo in Italia: un po’ di storia
Le modalità di finanziamento delle attività che rientrano nel settore dello spettacolo dal vivo sono state oggetto di modifiche e proposte di riforma dell’intero settore senza che si sia mai giunti davvero a una riflessione approfondita e condivisa. Con la legge 30 aprile 1985, n. 163, venne istituito il Fondo Unico per lo Spettacolo, comunemente indicato come FUS. I decreti ministeriali 12 novembre 2007 e poi 1° luglio 2014 specificarono ulteriormente criteri e modalità di concessione dei contributi che vennero poi modificati da un nuovo decreto, pubblicato il 27 luglio 2017 e in vigore dall’esercizio 2018. Decreto che introdusse numerose novità, come la nascita di categorie tra cui, nel campo della prosa, quella di Teatro Nazionale e di TRIC (Teatro di rilevante interesse culturale).
Successivamente, la pandemia e la conseguente crisi dell’intero settore ravvivarono la speranza di una riforma virtuosa del sistema che, tuttavia, non avvenne, dato che l’allora MiBAC si limitò ad approvare un nuovo DM, il 25 ottobre 2021, valido per il triennio 2022-2024, con cui il FUS veniva sostituito dal FNSV; poi ulteriormente modificato dall’attuale MiC con il decreto 23 dicembre 2024, inerente il triennio 2025-2027. Incaricate di valutare le domande presentate dalle differenti realtà italiane – teatri, centri e imprese di produzione, festival, circuiti, ecc. – sono specifiche Commissioni consultive, il cui compito è attribuire un punteggio per ciascuno dei criteri di valutazione individuati dal DM, raggiungendo una somma che consenta di stabilire una graduatoria in base alla quale vengono calcolati i contributi.

Le novità del DM 23 dicembre 2024
Il nuovo decreto ministeriale è intervenuto proprio sui suddetti criteri di valutazione, inserendo per esempio quello della “congruità gestionale”, articolato in due parametri: il rapporto tra costo totale dell’attività e numero di spettatori; e quello tra incassi totali dell’attività e numero di spettatori. Il cosiddetto “rischio artistico”, ovvero la vocazione all’innovazione e alla sperimentazione, viene quindi sacrificato a favore di proposte che, almeno sulla carta, possano raggiungere un pubblico più “generalista”, garantendo incassi maggiori al botteghino. È, dunque, chiaro come l’attenzione e la cura, fondamentali per lo sviluppo della ricerca culturale, retrocedano a favore del sostegno a proposte di facile fruizione e immediata attrattività.
Le polemiche e le dimissioni di tre membri della commissione teatro
Da qualche settimana si parlava di un possibile “declassamento” – ovvero dell’esclusione dalla categoria dei Teatri nazionali, quella più prestigiosa e finanziata – del Teatro della Toscana, diretto da qualche mese dallo scrittore e attore Stefano Massini. Una questione dibattuta a lungo in Commissione Teatro – come testimoniato dai verbali delle varie sedute – e sfociata, il 19 giugno scorso, nelle dimissioni di tre dei sette membri della Commissione – Alberto Cassani, Carmelo Grassi e Angelo Pastore – e, il giorno successivo, nella super-mediatica conferenza stampa convocata dallo stesso Massini in piazza della Signoria a Firenze. Le dimissioni dei commissari, tuttavia, come spiega uno di loro, Angelo Pastore (operatore di lunghissima esperienza, dallo Stabile di Torino al Centro Teatrale Bresciano fino allo Stabile di Genova), non sono avvenute solo per il caso Firenze: “siamo partiti dai Nazionali per confermare i vari accordi e valutazioni fatti a maggio [durante le prime sedute della commissione, n.d.r] e ci siamo incartati su Firenze. Inizialmente eravamo tutti e sette d’accordo a mantenere per Firenze lo status di Teatro Nazionale ma assegnando un punteggio molto basso per far capire l’imperfezione del cambiamento di governance da un punto di vista formale-istituzionale. Infatti, nella corsa, il programma del 2025 risulta dettagliato, mentre quello per il triennio appare come un progetto di buone intenzioni. Eravamo tutti d’accordo ma il 18 giugno, la maggioranza dei commissari non lo era più. Atto che, con gli altri due colleghi, ho ritenuto un cattivo segnale, oltre che un autogol, poiché ha fatto di Massini e della Toscana delle vittime. A cascata, poi, sono venute fuori quelle diversità di vedute esistenti fin dall’inizio ma su cui eravamo riusciti a trovare delle mediazioni”.
I risultati per il settore Danza e Circo
Il malcontento da parte del mondo dello spettacolo dal vivo italiano era però già emerso qualche giorno prima con la pubblicazione dei finanziamenti del settore Danza; per quanto i verbali riportino un costante lavoro di ricerca di compromessi da parte dei membri della specifica Commissione, spesso fautori di posizioni opposte. Anche in questo caso saltano all’occhio declassamenti ed esclusioni eccellenti: la compagnia Abbondanza/Bertoni e la cagliaritana Spazio Danza non riescono, la prima a diventare, la seconda a mantenere, la classificazione di Centro di Produzione; mentre sono stati esclusi dai finanziamenti DA.RE., il progetto formativo di una protagonista della danza contemporanea, quale Adriana Borriello, nonché alcuni festival importanti anche per la loro positiva ricaduta sul territorio, come Conformazioni a Palermo e Tendancea Latina. Per quanto riguarda il circo, si registra una penalizzazione nel punteggio alle realtà più innovative a favore del circo più tradizionale.
I risultati per il settore Multidisciplinare
Ulteriore preoccupazione hanno suscitato, poi, i risultati per il settore Multidisciplinare, riguardante quei festival, circuiti e organismi di programmazione in grado di ibridare musica, danza e teatro; la cui Commissione valutatrice, infatti, comprende due membri della Commissione Danza, due di quella Teatro e altrettanti di quella Musica, e uno della commissione Circo. Festival di riconosciuta professionalità e consolidata capacità di intercettare e promuovere quanto di felicemente innovativo matura sulla scena nazionale e internazionale, sono stati esclusi, non raggiungendo il punteggio minimo per rientrare nei finanziamenti, ovvero fortemente penalizzati. Fra i primi, stupisce l’estromissione dello storico Teatri di Vetro di Roma, creatura di Roberta Nicolai (8,5 punti contro i 29 nel precedente triennio); di Teatro Akropolis di Genova per il suo Testimonianze, Ricerca, Azioni (8,5 punti contro i precedenti 29); ancora nella Capitale, Margine Operativo (9 contro 26) e, in Lombardia, il festival Wonderland di Idra Teatro. Nell’elenco dei festival che, pur rientrando nei finanziamenti, hanno visto una drastica riduzione del proprio punteggio, spicca sicuramente Santarcangelo: malgrado il suo direttore artistico, Tomasz Kireńczuk, goda di prestigio internazionale e abbia portato nel borgo romagnolo artisti e compagnie di indubbio valore, al festival è stato attribuito un misero punteggio di 14. E un ancor più misero 10,10 ha permesso ad Armunia (Inequilibrio festival) di ottenere un magro finanziamento.
Anche in questo caso alcuni commissari hanno fatto verbalizzare il proprio dissenso che, tuttavia, non ha impedito che fra le 39 “prime istanze” – ovvero i progetti che richiedono per la prima volta l’ammissione ai finanziamenti – soltanto 7 abbiano ottenuto il punteggio necessario e primo sia risultato quel Benevento Città Spettacolo che nel suo cartellone comprende personaggi televisivi quali Stefano De Martino… La ricerca e la sperimentazione sacrificate sull’altare del teatro più commerciale insomma…
I risultati per il settore Teatro
Lunedì 30 giugno sono infine usciti i verdetti della commissione teatro: le dimissioni dei tre commissari, pur non inficiando il lavoro svolto in precedenza, in un “clima civilissimo malgrado le sensibilità diverse”, hanno avuto conseguenze sulla valutazione della categoria Teatri Nazionali – con il preannunciato declassamento del Teatro della Toscana, che potrà chiedere di diventare Teatro della Città -Tric, oltre alla penalizzazione di ERT – Emilia-Romagna Teatro e Teatro di Genova. Molti i compromessi e le mediazioni per riuscire a non sacrificare troppo il lavoro di realtà consolidate e valorizzare alcune nuove istanze, anche se colpisce il bassissimo punteggio attribuito, per esempio, al Teatro Metastasio di Prato, Teatro della città di rilevante interesse culturale diretto da Massimiliano Civica, non a caso sempre in prima linea nel denunciare le distorsioni del sistema…
Il futuro dello spettacolo dal vivo
A fronte delle polemiche e della burrasca di ricorsi che si abbatterà nelle prossime settimane sulla Direzione generale dello spettacolo, il sottosegretario alla cultura Gianmarco Mazzi ha annunciato di volere lavorare a una riforma del modello di assegnazione dei contributi per lo spettacolo dal vivo, incaricando il novantenne avvocato romano Giorgio Assumma di presiedere l’apposita commissione. Dal canto suo Angelo Pastore riflette: “chi attualmente governa ritiene giusto che l’intervento dello Stato faccia anche da volano per il reperimento di altre risorse da privati e botteghino. Da qui discendono una serie di ragionamenti e norme assolutamente coerenti. Stabilito che il modello è quello, credo che questo triennio appena partito sia già finito, poiché le risorse e le scelte sono quelle. Ma se io fossi in prima linea, da oggi cercherei di ragionare sul prossimo DM per il triennio 2028-30 e sulle proposte concrete da presentare oggi.” E aggiunge: “la categoria dei teatranti è sodale rispetto ad alcuni obiettivi. Un esempio: in questo DM per i centri di produzione la discriminante è la capienza sala. Io, se fossi ancora in prima linea, proporrei al Ministero di ritornare alle vocazioni, ossia teatro d’innovazione, ragazzi e giovani, commedia musicale-musical, commedia brillante. La vocazione e non 450 posti… Se, invece, la linea dovesse rimanere questa che, azzerando il rischio culturale, pone il focus sul reperimento delle risorse, allora riterrei opportuno che fosse lo Stato in primis ad erogare più fondi”. Angelo Pastore conclude sottolineando l’evidente volontà di egemonia culturale della destra attuale: “Chiedendo l’appartenenza politica vogliono dare una linea culturale precisa: contano i numeri, il botteghino ed è su questo che i teatranti devono dare una risposta.”
Laura Bevione
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