La differenza tra fruizione e consumo misura la distanza tra valorizzazione e vendita

Qual è il vero significato di tutela e valorizzazione? Una riflessione a partire dalle infelici dichiarazioni del Ministro della Cultura

Le ultime dichiarazioni del Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, riportate da Il Tempo, rappresentano quanto sia veramente poco compreso il valore della cultura. Il Ministro, in sintesi, individua nell’impresa e nella cultura i due pilastri della nostra Nazione. Bene.
Poi il Ministro dice che l’Italia è una superpotenza culturale, qualunque cosa quest’affermazione voglia significare, perché nel nostro passato, il nostro territorio è stato attraversato da una successione di civiltà. Affermazione che già introduce un velo di tristezza per almeno tre motivi.
Primo: è possibile certo affermare che la fortuna del nostro Paese, oggi, sia generata da una serie di civiltà eterogenee che hanno abitato il territorio prima di noi. Ma da tale affermazione dovrebbe derivare una generale apertura a che individui e capitali di tutto il mondo venissero a colmare il nostro bilancio demografico.
Secondo: è ancora possibile affermare che l’Italia ha ereditato un patrimonio culturale importante. Ma dire che oggi l’Italia sia una superpotenza culturale perché qualcuno ci ha lasciato un patrimonio culturale importante significa, semplicemente, cancellare il fatto che ci possa essere qualcosa di prezioso nella nostra Italia.
Terzo: proclamare quest’affermazione con orgoglio è patetico. Ricorda molto quelle persone che, sprovviste di talento e di ingegno, rivendicano a gran voce il fatto che la loro famiglia è ricca.
Il punto però non è questo. 

Dire che oggi l’Italia sia una superpotenza culturale perché qualcuno ci ha lasciato un patrimonio culturale importante significa, semplicemente, cancellare il fatto che ci possa essere qualcosa di prezioso nella nostra Italia

Tutela e valorizzazione del patrimonio

Dopo aver affermato questa grande importanza culturale, il Ministro dice che le cose che dobbiamo fare sono due: tutelare e valorizzare. Bene. Anzi, benissimo. 
Ma poi dice che abbiamo sviluppato il patrimonio mettendo il Pantheon a pagamento.
Aspetta. Aspetta.
Allora forse il discorso è più complesso. 
Immaginiamo per un attimo il Pantheon, il Colosseo, e tutto ciò che ci viene in mente quando pensiamo al nostro Patrimonio Culturale come a delle enormi pietanze che abbiamo ereditato.
Bene. Allora per il Ministro dobbiamo fare due cose: surgelare le pietanze (e quindi tutelarle) e nel frattempo valorizzarle, ovverosia venderle.
È piuttosto evidente che ci sia qualcosa di sbagliato in tutto ciò.
Continuiamo il surreale parallelismo sul cibo: quando una persona, oggi, va al ristorante e mangia qualcosa di nuovo, scopre dei nuovi sapori. Si relaziona ad essi cercando di comprendere se sono vicini o lontani dal proprio gusto. Se a suo avviso il piatto è ben realizzato (la pasta è cotta bene?). Come quel piatto è stato realizzato. Quali tecniche (fritto o bollito?). Con quali materie prime, per quanto tempo è stato necessario cucinarlo, ecc.
Quando quella persona torna a casa e deve cucinare, adesso avrà una pietanza in più cui ispirarsi. Potrà usare nuove spezie. Potrà modificare alcuni tempi di cottura.
Questo è valorizzare: fare in modo che le persone nutrano curiosità verso qualcosa, e che percepiscano quel qualcosa come importante. Fare in modo che le persone possano dunque fruirne. Ma fare in modo anche che da quella fruizione possano nascere delle riflessioni quotidiane e reali. Un confronto con la propria cultura. Un confronto con le proprie capacità tecniche. Un confronto con i mezzi che oggi si utilizzano. Se non c’è questo tipo di fruizione, non c’è valorizzazione. C’è vendita.
Sono elementi chiaramente visibili nella nostra società: ci sono stati momenti nella nostra storia in cui il nostro Paese era tra i più potenti al mondo, e quando guardiamo ai resti di quel periodo, non c’è una volta che pensiamo a cosa avessero quei nostri antenati di diverso da noi. A come sia stato possibile passare da un impero che accoglieva costantemente nuovi abitanti, ad un piccolo Paese che vede invece crollare i giovani. Guardiamo il buon governo e non ci chiediamo cosa di quelle riflessioni “su muro” possa aiutarci a definire una nostra nuova visione di governo.

“Se non riprendiamo il concetto di fruizione, non stiamo valorizzando nulla. Stiamo soltanto vendendo un consumo

Valorizzare significa creare possibilità di fruizione

Ora, è chiaro quanto sia importante tutelare il nostro patrimonio, e quanto sia altresì importante fare in modo che tale patrimonio concorra alla creazione di flussi monetari utili al suo stesso mantenimento. È chiaro che tale patrimonio debba essere “venduto” (con la comunicazione, con le aspettative, e con tutte le tecniche di vendita che in fondo conosciamo bene). 
Ma tutte queste operazioni sono strumentali: sono necessarie e utili perché permettono un confronto che possa far arricchire le persone. 
Impariamo a comprendere, una volta e per tutte, che vedere una sfilza di immagini (che siano su carta, su schermo o su tavola, poco conta), non vuol dire fruire cultura. 
Nemmeno se le immagini sono griffate. 
Se non lo capiamo, è normale che si inceppa quel meccanismo di “progressivo accrescimento” che ha portato il nostro Paese a raggiungere vette culturali altissime nella sua storia. 
Certo. Bisogna portare le persone nei musei. Bisogna favorire l’affluenza. Il ritorno. Ma tutto ciò può avvenire soltanto se crei la “fruizione” e non “la passeggiata”.  Se sono confuso e voglio confrontarmi con chi, prima di me, ha vissuto alcune esperienze e le ha messe in opera, allora posso anche andarci dieci volte al museo. Se l’esigenza di approfondire il senso di vuoto generato dalla normalizzazione mediatica dei conflitti in corso può trovare un confronto nella riflessione di un artista contemporaneo, allora io vado anche più volte ad un’esposizione. Se ho bisogno di confrontarmi con riflessioni che esulano dalla mia sfera normale di pensiero, allora realmente vado più volte a teatro, leggo più libri, guardo più mostre.
Se non riprendiamo il concetto di fruizione, non stiamo valorizzando nulla. Stiamo soltanto vendendo un consumo.
E tra tutte le ricchezze che la cultura può creare, il prezzo del biglietto, per quanto importantissima, è comunque la più misera.

Stefano Monti

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Stefano Monti

Stefano Monti

Stefano Monti, partner Monti&Taft, è attivo in Italia e all’estero nelle attività di management, advisoring, sviluppo e posizionamento strategico, creazione di business model, consulenza economica e finanziaria, analisi di impatti economici e creazione di network di investimento. Da più di…

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