Arroganza e presunzione: il caso dello stadio di Firenze

Salvaguardia o trasformazione? Oscilla tra questi poli il dibattito in merito al futuro dello stadio di Firenze firmato Pier Luigi Nervi. Antonio Natali punta lo sguardo sulla burocrazia e sulla necessità di rispettare le leggi per la salvaguardia dei beni comuni. Soprattutto ora che dal ministro Franceschini è arrivato l’ok al restyling.

La responsabilità d’ogni ritardo e d’ogni dilazione è attribuita in Italia alla burocrazia. Magari poi, quando càpiti di sperimentarne i ceppi, si potrà forse constatare che il disagio dipende, più che dalla burocrazia, da chi la maneggi, dai burocrati cioè (che sono armi nelle mani della politica). La burocrazia è la prima (e sovente l’unica) imputata di qualsiasi deficienza. È un’attitudine che in questi mesi trova un veridico riscontro a Firenze, dove si discute del futuro dello stadio. Si tratta d’una controversia che – com’è noto – vede contrapposto chi vorrebbe modificarlo (se non addirittura demolirlo) per farne uno che sia aggiornato alle necessità attuali (soprattutto economiche), a chi invece vi s’oppone, adducendo la ragione che lo stadio fiorentino, disegnato da Pier Luigi Nervi e tirato su agli esordi degli Anni Trenta del secolo scorso, sia uno degli esempi più alti dell’architettura del Novecento.

LE POLEMICHE E IL DIBATTITO

Non c’è giorno che la stampa non dia conto d’un dibattito (anche aspro nei toni) fra quelli che si battono per la salvaguardia dello stadio di Nervi e quelli che premono per la sua trasformazione. Fra questi ultimi, a far la voce grossa sono i tifosi della Fiorentina, che non vogliono rischiare di sdegnare un ricco imprenditore italo-americano, disposto a investire nella squadra di calcio molto danaro (questo almeno è quanto promette), purché gli si consenta di modificare lo stadio. E però i tifosi sono sempre meno molesti d’alcuni politici (inopinatamente di spicco) che ne cavalcano il malumore per cavarne consensi elettorali. Politici arroganti; che rivelano peraltro una modestissima conoscenza del nostro patrimonio e della legislazione saggia pensata per proteggerlo; e perfino della Costituzione. Politici disposti a cambiare le regole della tutela pur di secondare interessi particolari. Chi sostiene la salvaguardia dello stadio s’avvantaggerebbe – si sente dire – delle pastoie burocratiche che da sempre tengono al palo l’Italia.

Scala elicoidale dello Stadio Artemio Franchi di Firenze progettato nel 1929 da Pier Luigi Nervi e Gioacchino Luigi Mellucci

Scala elicoidale dello Stadio Artemio Franchi di Firenze progettato nel 1929 da Pier Luigi Nervi e Gioacchino Luigi Mellucci

BUROCRAZIA E LEGGI

La burocrazia? Cos’ha a che vedere la burocrazia con le leggi? Giacché sono le leggi (che grazie a Dio l’Italia s’è data), col fondamento etico che le sottende, a imporre una tutela rigorosa dei beni come lo stadio fiorentino, architettura ch’è sui manuali di tutto il mondo. Non ci fossero state le leggi promulgate per custodire i beni comuni, oggi le nostre città sarebbero stravolte dai guasti prodotti dal capitale privato. Soltanto l’ignoranza della storia e una cultura men che approssimativa possono far venire in mente di proporre – com’è successo – interventi sullo stadio che ne preservino però le strutture reputate più emblematiche e innovative; quasi che le celebri scale elicoidali – per esempio – o la svettante torre di Maratona avessero valore in sé e non in relazione al loro contesto; come se lo stadio di Nervi non fosse un’entità omogenea e coerente. Interventi che vengon gabellati per interpolazioni parziali dettate da benefici economici. Un po’ come dire che, se ci fossero vantaggi finanziari ragguardevoli, si potrebbero – a beneficio dei turisti – sostituire i tetti degli Uffizi con terrazze panoramiche a tasca affacciate sul cuore di Firenze. Ma ora il terrore mi viene d’aver dato un’idea a queste menti illuminate.

Antonio Natali

Articolo pubblicato su Grandi Mostre #23

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Antonio Natali

Antonio Natali

Dal giugno del 2006 al novembre del 2015 è stato direttore della Galleria degli Uffizi, dove ha lavorato dal 1981 al 2016. Nello stesso 2006, in un concorso al Politecnico di Milano, ha ottenuto l’idoneità come professore ordinario di Storia…

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