La demolizione del Teatro Nazionale di Tirana. Tra proteste degli artisti e speculazione

Al suo posto verrà costruito l’edificio “a papillon” dello studio danese Bjarke Ingels Group. Dal 2018 questa vicenda è stata campo di battaglia per scontri politici, sociali e civili.

A nulla sono serviti i movimenti di protesta formati soprattutto da attori, artisti e intellettuali che fin dal 2018 si sono scagliati contro la demolizione del Teatro Nazionale d’Albania a Tirana. Una vicenda che si fa testimone di un modello di gestione del patrimonio storico secondo molti discutibile. Un edificio storico, tuttavia, viene cancellato per far posto a una nuova costruzione che a dar credito ai critici ha nessuna continuità con ciò che l’ha preceduta.

La demolizione del Teatro Nazionale di Tirana

La demolizione del Teatro Nazionale di Tirana

TEATRO NAZIONALE DI TIRANA: LA STORIA

Il Teatro Nazionale d’Albania, detto in albanese Teatri Kombëtar, è stato il teatro principale di Tirana. La struttura rappresenta un lascito degli anni dell’Albania italiana: è stata costruita nel 1939, durante l’occupazione fascista, dall’ingegnere e architetto Giulio Bertè in stile futuristico. L’edificio fu commissionato l’anno prima dal Regno d’Albania e vi fu costruito attorno il quartiere italo-albanese “Scanderbeg”, diventando un polo culturale, artistico, sportivo e di intrattenimento anche dopo la fine dell’occupazione italiana (momento in cui fu ribattezzato Kinema Teater Kosova). All’interno del Teatro Nazionale, oltre agli spazi adibiti per lo spettacolo, sorgeva la biblioteca, ma anche l’ufficio informazioni e l’ufficio di traduzione letteraria. Nel 1945 fu apportato l’ultimo cambiamento, trasformandolo in un teatro popolare, poi in un teatro nazionale. Nel 2018, ormai in uno stato di conservazione pessimo – anche a causa dei materiali usati nella costruzione originaria, incluso l’ormai dimenticato e autarchico “Populit” – giunge la decisione del governo di Edi Rama di demolirlo. Così, la sua compagnia teatrale è stata temporaneamente trasferita in via Sami Frasheri nel quartiere Tirana Re.

LA DEMOLIZIONE DEL TEATRO NAZIONALE DI TIRANA: UNA STORIA DI SPECULAZIONE?

La bufera di proteste inizia a montare nel 2018, quando viene visto come fumo negli occhi il progetto di sostituire il vecchio teatro con uno nuovo e modernissimo, con una struttura “a forma di papillon” più capiente e degno di una moderna capitale occidentale, progettato dal rinomato studio di architettura danese BIG – Bjarke Ingels Group (qua vi spiegavamo il progetto). La formula presa inizialmente in considerazione era quella della partnership pubblico-privata: i terreni vengono di fatto regalati a un’impresa privata locale la quale, in cambio, edifica la nuova arena assieme ad altri palazzi alti fino a venti metri. Il tutto in una veste molto avveniristica. La questione ha causato non poche tensioni sociali e politiche, con una petizione alla quale si sono uniti migliaia di aderenti con esponenti del mondo della cultura albanese. A complicare le cose, è stata la discesa in campo dell’opposizione di centrodestra, che non ha perso l’occasione di strumentalizzare la battaglia per accusare la linea governativa di Edi Rama di approfittarsi dei terreni pubblici per tornaconto personale.

National Theatre of Albania

BIG-Bjarke Ingels Group, National Theatre of Albania – Tirana Image by BIG-Bjarke Ingels Group

LA DEMOLIZIONE DEL TEATRO NAZIONALE DI TIRANA: IL CAMBIO DI ROTTA DEL 2020

La svolta è arrivata nei mesi scorsi, quando il governo ha dichiarato di aver interrotto gli accordi con l’impresa privata per accogliere le richieste degli artisti e finanziare il progetto con fondi questa volta pubblici. Beninteso, però, mentre andrà incontro ai movimenti di protesta concedendo delle misure “tecniche” all’impianto della nuova struttura, la demolizione del teatro di epoca fascista verrà comunque portata a termine. “La commissione negoziatrice non è riuscita a raggiungere un accordo con la parte privata”, si legge in un comunicato stampa emanato dal Comune di Tirana. “Il modello finanziario proposto dall’impresa privata per la costruzione del nuovo edificio del Teatro Nazionale e lo sviluppo dell’area urbana non ha soddisfatto tutti i criteri tecnici richiesti dalla rappresentanza degli artisti in commissione, che chiedono infrastrutture moderne e un teatro contemporaneo. Dato l’interesse a costruire un edificio moderno e contemporaneo che soddisfi tutti i requisiti tecnici per gli spettacoli teatrali offerti alla comunità, il governo e il comune di Tirana hanno deciso di costruire il nuovo edificio del Teatro Nazionale con risorse pubbliche”. A questo era seguita la risposta di Alleanza per la Difesa del Teatro, associazione composta da alcuni rappresentanti degli artisti e della società civile, formatasi fin dagli inizi della vicenda: “Abbiamo vinto una piccola battaglia ma la guerra è ancora lunga. A noi interessa l’eredità culturale della città e non i tecnicismi legali. Ci opponiamo alla demolizione dell’edificio esistente. Il governo può e dovrebbe costruire un nuovo teatro nazionale con fondi pubblici in un altro spazio pubblico, preservando l’eredità del complesso teatrale esistente per le generazioni future”.

LA DEMOLIZIONE DEL TEATRO NAZIONALE DI TIRANA: INDIGNAZIONE DAL MONDO DELLA CULTURA

Se Tirana ha un sistema urbano e architettonico dignitoso nel suo centro, che le dà il diritto di essere chiamata città, è grazie ad un gruppo di appassionati architetti italiani, come Berte, Di Fausto, Ballio, Morpugo, Brasini, Bosio. Durante il comunismo per motivi politici non si poteva fare nulla per ricordare il loro contributo, ma non è giustificabile che quasi 30 anni più tardi la politica ufficiale albanese non voglia ricordarsi di loro. Si sarebbero potute intitolare una strada o una piazza di Tirana a loro nome in segno di gratitudine. Nessuno di noi si è ricordato di fare un gesto del genere per questi architetti, non perché non lo sapevamo o non lo volevamo, ma perché avevamo pianificato di rovinare ciò che ci è stato dato, e che a quanto pare non ci meritavamo. Mantenendo i nomi in anonimo per così tanto tempo, abbiamo fatto in modo che fosse più facile annullare il loro lavoro e legittimare la demolizione della loro opera”. Sono le parole con cui il regista e produttore cinematografico Ilir Butka ha voluto sottolineare la grossa perdita per il tessuto urbano della città: un portato di storia dell’architettura, del teatro e della comunità stratificato nei decenni, di cui non rimarrà traccia, a favore di un modello di modernità che però non tiene conto di un’identità territoriale. Si chiude così la cupa vicenda del Teatro Nazionale di Tirana, per il quale si apre un nuovo capitolo fatto di piani altissimi e dissonanza con il paesaggio circostante.

– Giulia Ronchi

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Giulia Ronchi

Giulia Ronchi

Giulia Ronchi è nata a Pesaro nel 1991. È laureata in Scienze dei Beni Culturali all’Università Cattolica di Milano e in Visual Cultures e Pratiche curatoriali presso l’Accademia di Brera. È stata tra i fondatori del gruppo curatoriale OUT44, organizzando…

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