Coronavirus. E se riaprire subito i musei fosse una scelta sbagliata?

Il virus si sta ancora espandendo, non sappiamo come si comporterà, non sappiamo se il nostro sistema sanitario sarà nelle condizioni di gestirlo. Questo è il momento per mettersi tutti un po' in pausa, archiviando per qualche giorno l'ansia di ripartire che sembra contagiare politici e sindaci

Premessa: la posizione dei sindaci è delicata e particolare; dunque comprensibile a prescindere. Specie dei sindaci maggiormente in rampa di lancio, quelli a capo di città vivaci e volitive capaci di crescite in controtendenza negli ultimi anni. Primi cittadini come Dario Nardella e Beppe Sala (da noi più volte celebrati su queste colonne) hanno insomma tutte le ragioni di smaniare. Di raccontarsi in maniera positiva verso l’esterno. Di far sapere di essere “aperti” e di non essere “fermi”. Anche perché c’è un’enorme quota dell’economia delle nostre città che dipende dal turismo e dal suo gigantesco indotto. Parliamo di cose molto concrete: persone che perdono il lavoro, famiglie alla disperazione, aziende costrette a chiudere.

PER SUPERARE LA CRISI DOMANI BISOGNA FERMARSI OGGI

Si prospetta una crisi non indifferente su tutti i fronti che però potrà essere recuperata in maniera rapida, anzi potrà essere trampolino riformista di un paese che ha urgenza di cambiarsi a fondo. In maniera molto meno rapida sarà invece recuperabile uno scenario pandemico con ospedali in panne e servizi essenziali non più garantiti. Ecco perché – purtroppo! – la prima cosa da fare non è “ripartire con la cultura” bensì mettersi in pausa. Pausa. Una, due, tre settimane di pausa sono terribili, ma sono mille volte peggiori uno, due o tre mesi di caos. Le caratteristiche di questa epidemia non sono una sorpresa, sappiamo perfettamente come si è comportata in Cina – dove è nata – e sappiamo perfettamente anche quali sono state le risposte nella Regione cinese dell’Hubei dove la pausa (hanno chiuso perfino i negozi e i trasporti pubblici, figurarsi se pensava a riaprire i musei) è stata imposta alla popolazione quando i numeri erano perfino inferiori di quelli attuali dell’Italia. La crisi, insomma, non dovrebbe far perdere la lucidità. E sbagliare il momento rischia di essere imperdonabile oltre che ingestibile. Il momento di ripartire in quarta ovviamente verrà e verrà presto; precorrerne i tempi però è un azzardo totalmente inutile oggi e potenzialmente molto molto dannoso domani.

APERTURA DEI MUSEI INUTILE

Perché inutile oggi? Perché l’unica cosa capace di migliorare l’umore dei cittadini, dei consumatori, dei potenziali turisti e la reputazione del nostro paese nel mondo sarà il contenimento del contagio, la gestione serena degli ammalati e la diminuzione dei casi gravi. Non l’apertura o la chiusura dei musei per una settimana. E tutti questi obbiettivi si possono raggiungere esclusivamente limitando il più possibile i contatti tra persone: al momento non esiste altra ricetta da applicare e non solo in zona rossa o in zona gialla.
Non ci sarà museo, mostra o apertura gratuita capace di far tornare i turisti a Firenze o a Milano in questa specifica fase della crisi. E la posta in gioco – ovvero rischiare di far partire nuovi contagi nel cuore delle aree metropolitane, le più insidiose – è davvero troppo alta per giustificare un’azione simbolica così come invocata da Giuseppe Sala (“ripartiamo dai musei”) il quale si trova in piena zona gialla o da Dario Nardella con l’iniziativa dei musei comunali aperti gratuitamente.

UNA SCELTA POLITICA SBAGLIATA

Chiariamoci: non è “colpa” dei sindaci in tutto e per tutto. Il decreto che riapre i musei (luoghi, ricordiamolo, chiusi e talvolta affollati) è stato scritto dalla Presidenza del Consiglio ed è stato convalidato dal Ministero della Salute. Ci sono dunque fior di tecnici che hanno deciso che – con le dovute precauzioni – nei musei si poteva riprendere ad andare. Resta però la pressione politica che i sindaci hanno fatto. Una pressione politica che ci sarebbe piaciuto vedere in senso contrario: “lasciateci chiusi un’altra settimana ma così almeno risolviamo”. Oltretutto, passate le prime ore di apprensione, scegliere la strada delle misure responsabili e rigide non può far altro che attenuare, non aumentare, il panico.

MAGGIORI I DANNI CHE I VANTAGGI

Da non trascurare il problema che gli italiani non sono giapponesi, non sono coreani e non sono cinesi. Non siamo, purtroppo o per fortuna, una popolazione che accetta e applica senza discutere le indicazioni che provengono dall’alto e pensiamo sempre di essere più furbi di chi ci amministra. Questo significa dare un carico enorme e ingiusto a chi in questi giorni dovrà gestire i musei badando che le persone non si avvicinino e controllando altri parametri. Assumendosi responsabilità gigantesche, senza magari averne la competenza. Ma i disagi non sono solo per il personale bensì anche meramente per le casse dei musei stessi: “a fronte di ingressi che saranno limitatissimi o nulli” ci spiegano da un importante museo di Milano, “ci tocca pagare le pulizie, il personale, le ditte esterne, gli straordinari e tutto il resto come se nulla fosse. Un danno economico significativo”.

UNA SITUAZIONE DI DIFFICOLTÀ DA GESTIRE CON CREATIVITÀ

Invece di lasciare il boccino in mano esclusivamente al Ministero della Sanità e alla Presidenza del Consiglio, la faccenda meritava una maggiore applicazione da parte del Ministero della Cultura. La chiusura dei musei, che era corretto prolungare almeno per questa settimana, poteva essere sfruttata in chiave positiva, addirittura creativa. Si potevano immaginare iniziative (che alcuni musei hanno tentato, ma in maniera pulviscolare e non coordinata) giocate sulle piattaforme virtuali, video, audio; si poteva trasformare una pausa improvvisa e assolutamente necessaria in un grande workshop condiviso su cosa può essere il museo di domani anche nelle ore (o nei giorni, o nelle settimane) in cui non è fisicamente accessibile. E poi si poteva approfittare – chiudendo gli edifici museali al pubblico ma non al personale – per realizzare tutte quelle necessarie manutenzione che sono sempre necessarie. Un po’ quello che si dovrebbe fare anche negli edifici scolastici della zona gialla chiusi al pubblico e quello che, nel settore privato, stanno facendo tanti ristoranti e esercizi turistici costretti a chiusure forzate o a riduzione momentanea dell’operatività

UNA SCELTA INOPPORTUNA IN OGNI CASO

E invece abbiamo riaperto i musei. I risultati potranno essere due: o musei semi vuoti e dunque iniziativa puramente simbolica, inutile dal punto di vista dell’immagine e fallimentare dal punto di vista economico; oppure musei pieni, con magari persone in attesa del proprio turno contingentato fuori in fila, e dunque potenzialmente pericolosi. In ogni caso, una scelta sbagliata, intempestiva, inopportuna.

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Redazione

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