Come sta il mercato dell’arte? Intervista fiume ai super esperti Clare McAndrew e Noah Horowitz

In occasione dell’Art Basel and UBS Global Art Market Report 2024 appena pubblicato, abbiamo parlato del presente e del futuro del mercato dell’arte con due dei suoi massimi esperti: Clare McAndrew (fondatrice di Arts Economics) e Noah Horowitz (CEO di Art Basel)

Rispetto ai valori del 2022 il mercato dell’arte ha rallentato nel 2023, stando ai dati dell’Art Basel and UBS Global Art Market Report 2024 appena pubblicato. Ma a guardare solo i numeri in modo un po’ frettoloso si rischia di perdere il quadro d’insieme e la sua complessità. E allora siamo andati a parlarne in modo più approfondito con Clare McAndrew, fondatrice di Arts Economics, che da molti anni cura la ricerca prodotta da Art Basel e UBS, e con Noah Horowitz, CEO di Art Basel. Per fare il punto con due super esperti sullo stato di salute del mercato dell’arte e della ricerca sui temi economici applicati al settore, sulle tendenze per il 2024 e su quale effetto avrà la Biennale Arte di Venezia 2024 che si appresta ad aprire.

Il mercato dell’arte, tra ricerca contemporanea e ossessione per i dati. Ce ne parla Clare McAndrew

L’Art Basel & UBS Global Art Market Report è tra le fonti principali per informazioni sulle tendenze del mercato dell’arte, un mercato che siamo tutti abituati a definire “opaco”. Qual è davvero il livello di conoscenza che riusciamo ad averne oggi?
Lo sviluppo di molta della ricerca che faccio è stato reso possibile, in parte, proprio da una crescente trasparenza del mercato e dalla disponibilità di dati. Ma, se in alcune aree c’è stato un grande progresso, in termini sia di disponibilità che di tecnologia per aggregarli, il mercato ha fatto anche dei passi indietro su altri versanti.

Quali, ad esempio?
Le aste sono ancora una risorsa chiave per analisi micro, per vendite e valore basati sulle transazioni, ma anche qui i dati non sono del tutto trasparenti. Molte case hanno iniziato a ridurre le informazioni condivise, soprattutto per tirar via quelle su cui molti database si basano, e alcune altre pubblicano risultati limitati o non verificati, o a volte nessun risultato affatto per certe vendite, particolarmente per quelle tenute solo online. Ci sono poi sfide continue nella valutazione del settore dominante del mercato: quello privato di dealer, gallerie e vendite private delle case d’asta.

Quale il tuo punto di vista e il tuo metodo di ricerca su questo fronte?
Data l’importanza delle vendite private, io mi baso sostanzialmente su survey, sondaggi, test sul sentiment e altri metodi di ricerca qualitativa, accanto all’analisi quantitativa. La qualità delle survey è ampiamente migliorata e il settore del commercio d’arte ha iniziato a impegnarsi davvero e più pienamente in questo sforzo di raccolta di dati, anche perché si è reso conto di averne bisogno. Per avere numeri concreti e utilizzabili per essere un interlocutore di governi, banche, istituzioni, per incoraggiare i collezionisti a investire, e per sviluppare strategie di business. Accanto a questo, interviste e insight degli esperti di settore sono anche degli strumenti chiave e io ho accolto sempre di più queste fonti soft di informazioni nel mio processo di ricerca. In un modo molto differente da quando ho iniziato, lasciando da parte l’economia accademica, e il credere che modelli quantitativi ed econometrici potessero risolvere la maggior parte dei problemi del mercato dell’arte.

E quindi quale lo scenario in cui si muove la ricerca oggi?
Siamo ancora lontani dall’aver a che fare con un mercato trasparente, ma ci sono molti nuovi sviluppi in termini di tecnologia e di AI che consentono di raccogliere una maggior quantità di dati. Ci sono anzi enormi accumuli di dati ancora inutilizzati, ma la sfida, come sempre, è mettere insieme, pulire e usare quei dati in modo appropriato, o sapere cosa farci, quali sono le domande giuste da porsi.

“Più dati” non è sempre meglio, cioè?
Non è necessariamente la risposta. E anzi può portare a questioni ulteriori sulla qualità di quei dati, a un grado maggiore di confusione e a inconsistenza nei processi decisionali, soprattutto se si hanno informazioni contrastanti. Io vedo alcuni problemi di fondo negli studi empirici sul mercato dell’arte – la replicabilità, su tutti – che danno per scontato che i risultati corrispondano a dei fatti, quando invece, appunto, non sono replicabili. E che si pongono anche quesiti errati, che è il motivo per cui è necessario comprendere il mercato e non tirare solo conclusioni da un set di dati su un fenomeno caratterizzato da una grande eterogeneità. Ma io sono molto ottimista sul futuro e continuo a lavorare con alcuni brillanti accademici e aziende nel tentativo di contribuire a superare e lasciarci alle spalle la mancanza di informazioni.

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Dr Clare McAndrew © Paul McCarthy. Courtesy Art Basel

Il punto di vista sul mercato di Noah Horowitz

La resilienza è uno degli elementi chiave tra quelli che emergono dal Report. Come spiegheresti quel talento del mercato dell’arte nel resistere anche in momenti e scenari complessi?
Nonostante il rallentamento stimato al 4% il core del pubblico che colleziona è rimasto sempre attivamente impegnato sul mercato nel 2023 e ha contribuito a tenere i prezzi in equilibrio – sebbene attraverso una lente più attenta e consapevole del valore delle opere e della loro qualità. L’aumento della partecipazione di clienti globali nuovi e spesso più giovani, insieme ai profitti del settore online, evidenzia alcuni importanti segnali di ripresa per il mercato con un buon potenziale per il futuro. Soprattutto il rovesciamento di trend per i livelli più alti del mercato, dopo anni di accesa accelerazione, è stato uno degli elementi che più ha definito il business dell’arte l’anno scorso, ma ha creato al tempo stesso un’apertura nel mercato, la possibilità di emergere di nuove tendenze e narrative.

Lo stato del mercato dell’arte tra 2023 e 2024. Le risposte di Clare McAndrew

L’Art Market Report 2024 evidenzia un decremento delle vendite nel 2023 del 4%, per un totale stimato di $65 miliardi, mentre il numero delle transazioni è invece in crescita. E allora qual è lo stato di salute del mercato dell’arte?
Il 2023 ha segnato un rallentamento nel mercato, è vero, ma dopo due anni davvero resilienti di crescita e recupero dalla pandemia, con l’arrivo alle sue vette più alte di sempre nel 2022. Quindi la flessione del 4% nel 2023 non è stata una contrazione severa, quanto piuttosto un calmo assestamento delle vendite nella fascia più alta del mercato. Abbiamo visto molta divergenza negli ultimi due anni, sia per regioni che per segmenti del mercato, che è ciò che sta causando questa crescita più piatta. Nel 2022 la fascia alta ha guidato la crescita più di tutto, mentre altri segmenti restavano più statici, mentre nel 2023 è accaduto l’inverso con quel settore apicale che si è assottigliato e ha perso valore e le fasce di prezzo inferiori in pieno sviluppo.
Questa divergenza puoi riscontrarla chiaramente se guardi ai dati delle aste: nel 2022 il segmento oltre i $10 milioni è stato l’unico a mostrare segno positivo, mentre gli altri flettevano. Mentre nel 2023 il numero di lotti venduti oltre quella soglia è diminuito del 25% con una perdita per valore del 40% ed è invece salito il tasso di crescita per il mercato sotto i $50.000.

Del 2023 abbiamo detto spesso che è stato un momento di “correzioni”, credi che questa sarà la tendenza anche nel 2024 e diventerà il nostro “new normal”?
Non sono così certa che il 2023 sia stato una correzione – i prezzi per molti artisti non sono scesi, ad esempio –, credo si sia trattato solo di un rallentamento per la fascia più alta, dovuto in parte alla riluttanza dei venditori a offrire opere particolarmente costose in un momento di incertezza e complessità economica e politica. Questo forse continuerà ad accadere anche nel 2024; il sentimento che mi pare diffuso su quest’anno è di un “cauto ottimismo”, ma nessuno può sapere davvero cosa accadrà.

Questa flessione ha riguardato più le aste (-7%) che non le gallerie (-3%) o le vendite private in generale, anche se le case d’asta sono state le vere star del mercato per un lungo tempo. Come possiamo interpretare questo cambiamento di trend?
Dealer e vendite private hanno fatto un po’ meglio nel 2023, sì, e mentre ci sono probabilmente diverse ragioni per questo, succede spesso che quando c’è un outlook positivo del mercato le vendite pubbliche in asta siano particolarmente sostenute, con i venditori attirati dalla prospettiva di ritorni economici anche superiori alle previsioni. Il limite è il cielo, in asta, e i prezzi possono salire molto di più rispetto agli accordi delle transazioni private, specialmente quando ci sono opportunità limitate di comprare certi artisti chiave che non passano spesso sul mercato. Anche se d’altro canto, in contesti politico-economici di minore certezza, le vendite private condotte attraverso dealer o case d’asta hanno spesso performato meglio di quelle pubbliche, per la possibilità di tenere riservati dettagli e possibili fallimenti rispetto al dato pubblico. Questo è stato il caso del 2023 (e in parte anche del 2022).

Un altro elemento che si può dedurre negli ultimi anni è stato anche un cambiamento di business model tra case d’asta e gallerie, con una presenza sempre più incisiva delle prime anche in altri mercati.
Ci sono stati momenti di forza e di debolezza alternate nei due settori, ma entrambi sono reciprocamente importanti e c’è ora in effetti un certo sfumare dei confini tra le due operatività. Le case d’asta hanno avuto degli ovvi benefici dalla capacità di diversificarsi negli anni più recenti, a partire dalle vendite dedicate al mercato del lusso e dei collezionabili, mentre il business model dei dealer e dei galleristi tende a essere più frequentemente specializzato solo in pochi definiti campi dove esercitano la loro massima expertise. Questo li rende spesso dipendenti da un ristretto numero di possibilità e li espone a rischi considerevoli quando quel settore subisce un rallentamento. Ma al tempo stesso possono contare su molti vantaggi competitivi che li hanno aiutati a sopravvivere sempre nel tempo – sono loro a esercitare il controllo ultimo sui prezzi ad esempio e su tutto ciò che ruota intorno alle vendite – come i termini, i ricarichi di prezzo o le commissioni che restano sempre in capo a loro, e sono sempre loro a determinare l’offerta di opere sul mercato. Così come restano nella condizione di mantenere la confidenzialità su tutti i dettagli delle loro transazioni.

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Noah Horowitz, CEO, Art Basel. Courtesy of Art Basel. Photo by Noé Cotter

La Biennale di Venezia e il mercato dell’arte. Le riflessioni di Noah Horowitz

Siamo tutti in attesa dell’apertura della Biennale Arte 2024 a Venezia. Quale relazione tracceresti tra l’Esposizione Internazionale e le presenze nei Padiglioni nazionali e il posizionamento degli artisti sul mercato?
La 60. Esposizione Internazionale d’Arte tornerà di certo a offrire fondamenta essenziali e opportunità per nuovi dialoghi cross-culturali e nuove scoperte che emergeranno. Il tema curatoriale di Adriano Pedrosa, “Stranieri Ovunque”, con il suo focus su artisti e artiste queer, outsider, indigeni e folk potrebbe lasciare un profondo impatto sul dibattito culturale globale e credo sia inevitabile che alcune nuove stelle nasceranno. Nella sua interezza la mia sensazione è che la Biennale di Adriano Pedrosa evidenzierà ulteriormente l’importanza di artisti di origini latine e africane. L’inclusione di nuovi Padiglioni nazionali per l’Africa, per il Benin, l’Etiopia, la Tanzania, per esempio, ha tutta la potenzialità di elevare il profilo di quelle scene artistiche e di creare sentieri di maggiore visibilità, dialogo e supporto istituzionale.

C’è da aspettarsi che si aprano nuovi interessi, e anche nuovi market darling che finora non sono stati riconosciuti e valorizzati e che invece troveremo anche nei prossimi eventi del mercato, a partire da Art Basel?
Guardando alla fiera ammiraglia di Art Basel che aprirà il prossimo giugno a Basilea possiamo essere più che felici di annoverare diversi artisti esposti a Venezia anche nel nostro settore Statements, dedicato alle nuove voci emergenti, con la presenza ad esempio di La Chola Poblete dall’Argentina, l’artista angolana Sandra Poulson, e l’artista norvegese-sudanese Ahmed Umar. E come sempre siamo pronti a contribuire al potenziamento del discorso, della visibilità e del potenziale di mercato per questi e altri artisti anche attraverso la nostra piattaforma.

Cristina Masturzo

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Cristina Masturzo

Cristina Masturzo

Cristina Masturzo è storica e critica d’arte, esperta di mercato dell’arte contemporanea, art writer e docente. Dal 2017 insegna Economia e Mercato dell'Arte e Comunicazione e Valorizzazione delle Collezioni al Master in Contemporary Art Markets di NABA, Nuova Accademia di…

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