Vin Vin gallery a Vienna. Storia, sviluppo e bilancio della galleria “italiana”

Una primavera, questa, con il vento in poppa per il giovane Vincenzo della Corte, napoletano e – per così dire – musicista di nascita. Ma viennese e gallerista d’adozione.

Come ci aveva raccontato, Vincenzo della Corte era giunto a Vienna per perfezionare i suoi alti studi musicali dopo le già numerose esperienze concertistiche internazionali da violinista. Ma, conseguito il diploma niente meno in direzione d’orchestra, in Austria c’è rimasto, mettendosi calcare i luoghi della emergente, e pertanto effervescente, scena artistica metropolitana, con iniziative che lo introducono nell’ambiente. Una fascinazione che, tanto per dire, ben si lega alle convergenze estetiche, e agli –ismi, di un fine Ottocento molto “viennese”. In seguito, vestendo anche l’abito di talent scout, nel 2016 ha fondato un proprio spazio espositivo in Bartensteingasse14, e l’ha chiamato Vin Vin Gallery: uno spazio esiguo, ma centralissimo, proprio all’ombra del monumentale palazzo del municipio.

GIOVANI ARTISTI INTERNAZIONALI

Ai primi di aprile Vincenzo della Corte porta la galleria a Milano per miart 2019, e nella sezione LCA Emergent si aggiudica il relativo premio con una personale della talentuosa artista danese Saskia Te Nicklin; vittoria accompagnata da una specifica annotazione di lode, da parte della giuria, per l’allestimento site-specific che va a rivestire tutte le pareti con dipinti e superfici riflettenti. Tornato a Vienna, appena due settimane dopo il gallerista trasloca, inaugurando la nuova sede in Hintzerstrasse 4, non così centrale, ma più ampia e sicuramente più adeguata della prima. Ha aperto proponendo il newyorkese Myles Starr, con una personale dal titolo inglese ma familiare all’udito, The Name of the Rose, mostra che è ancora in corso. Tuttavia la Vin Vin Gallery è già sulla lunghezza d’onda di una prossima personale a fine maggio, I’m non okay, dello svizzero Thomas Liu Le Lann, artista ginevrino appena venticinquenne. La galleria mira pertanto a qualificarsi come spazio giovane e senza frontiere, d’altronde lo è stato fin dall’origine, quando nel 2016 a officiare il debutto fu il tedesco Julian Turner, e di seguito alcuni altri di varia provenienza europea.

LE MOSTRE DI QUESTA PRIMAVERA

Agli esordi della sua nuova professione, il gallerista diceva di non volersi ingabbiare in una specifica tendenza espressiva, tantomeno seguire criteri formali o linguistici prestabiliti, affermando invece di voler prendere in considerazione “un ventaglio creativo il più ampio possibile, con scelte molto distanti tra loro”. In effetti, rispetto al passato in cui ha fatto intervenire prevalentemente artisti “astratti”, seppure di volta in volta con caratteristiche differenti, con l’attuale mostra di Myles Starr, ha scelto di volgersi verso una pittura figurativa con risvolti autobiografici. È un cambio di registro con il quale Vincenzo della Corte ha voluto concedere anche mano libera all’artista nel curare la propria mostra, accompagnata unicamente da un testo di Juliane Bischoff, fresca ex-curatrice della Kunsthalle di Vienna. L’insieme delle opere viaggia su una costante ambiguità, dando a ogni dipinto il titolo inglese di un’opera letteraria conosciuta, come The Name of the Rose (dal celebre romanzo di Umberto Eco), che per l’appunto dà il titolo all’intera mostra, o Bartleby the Scivner, o The Construction of the Tower of Babel, dal racconto biblico, eccetera. Ma in effetti senza alcuna relazione apparente con i relativi dipinti e le due sottili sculture. Sottintendendo, con questo gioco, una molteplice possibilità – o necessità? – di intendere un’opera. Quanto all’aspetto figurativo, viene subito all’occhio la strategia dell’artista di mostrare il proprio habitat domestico, tratteggiandolo simbolicamente con segni e cromatismi pittorici immediati, infantili, in cui le prospettive e i dettagli restano incerti o indefiniti. Per l’esposizione in arrivo, coraggiosa la scelta di optare per la personale di un venticinquenne. Tuttavia l’artista in questione, lo svizzero Thomas Liu Le Lann, ha già buone credenziali. Recentemente ha guadagnato il premio New Heads, istituito dalla BNP Paribas Foundation, in base al quale ha avuto una mostra personale al Musée des Beaux-Arts Le Locle, in Svizzera. È un artista multidisciplinare il cui lavoro si concentra sul tentativo di invalidare la mascolinità ed evidenziare le caratteristiche della mansuetudine e della passività.

-Franco Veremondi

Vienna
Hintzerstrasse 4
Vin Vin Gallery
Myles Starr / fino al 25 maggio 2019
Thomas Liu Le Lann / dal 31 maggio al 13 luglio 2019
www.vinvin.eu

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Franco Veremondi

Franco Veremondi

Nato a Perugia, residente a Roma; da alcuni anni vive prevalentemente a Vienna. Ha studiato giurisprudenza, quindi filosofia con indirizzo estetico e ha poi conseguito un perfezionamento in Teoretica (filosofia del tempo) presso l’Università Roma Tre. È giornalista pubblicista dal…

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