Quale futuro per le AFAM? La visione del Ministero dell’Università e della Ricerca

Nelle linee programmatiche del Ministro dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini, le prospettive per l’Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica. Sottolineata la coscienza che queste istituzioni sono un patrimonio in atto: che produce, accudisce il talento e internazionalizza l’asset ad alto potenziale dei linguaggi artistici. Ne scrive Antonio Bisaccia, Presidente del Consiglio Nazionale per l’Alta Formazione Artistica e Musicale

Recentemente il Ministro del MUR, Anna Maria Bernini, è stata audita dalle Commissioni riunite Cultura di Camera e Senato. La lunga e dettagliata relazione, riguardante tutto il set degli enti compresi dal Ministero dell’Università e della Ricerca, ha sottolineato anche prospettive interessanti per il mondo dell’Alta Formazione, Artistica, Musicale e Coreutica.
Già a Lecce, all’interno del Premio Nazionale delle Arti, il Ministro Bernini aveva sottolineato l’importanza dell’immenso giacimento di talenti che connota queste istituzioni storiche: “L’alta formazione artistica è il nostro oro. Il nostro giacimento di oro e di talenti che dobbiamo usare per portare l’Italia nel mondo, ma soprattutto per portare il mondo in Italia”. Prospettiva già in atto ma che dovrà implementare la sua attività modificando e migliorando, sostanzialmente, la declinazione pluriennale delle normative di settore che – negli anni – ha gettato queste istituzioni nell’alveo di una piattaforma giuridica amorfa e senza prospettive di reale cambiamento. Anche in occasione dell’inaugurazione dell’Anno Accademico dell’Accademia nazionale d’arte drammatica “Silvio d’Amico”, il Ministro – il giorno prima – ha voluto segnalare una netta presa di coscienza dell’enorme patrimonio di menti creative che abitano il mondo AFAM: L’AFAM è in se stessa scienza e formazione, da sempre il nostro paese è stato caratterizzato dalla coabitazione, dalla coesistenza tra immaginazione, arte e scienza. Basti pensare a Michelangelo e Leonardo, a Grazia Deledda ed Enrico Fermi, a Riccardo Muti e Giorgio Parisi”. Immaginazione, conoscenza e innovazione, divengono in questo contesto semi in grado di funzionare come moltiplicatori seriali dell’identità di un Paese. E se il teatro è – secondo il Ministro – la “metafora di un ossimoro (la conservazione innovativa)”, non possiamo non sottolineare come questa metafora abbia necessità di un contenitore legislativo che funga da catalizzatore dei talenti che calcano il palcoscenico dei linguaggi artistici. Senza condizioni basiche, senza un’ambiente consono, non può esserci sviluppo del talento e non può esserci la scintilla produttiva dell’espressione artistica che è in grado di modificare il mondo (anche in termini economici).

Accademia di Belle Arti di Brera, Cortile d'Onore, Milano. Photo Cosmo Laera. Courtesy Accademia di Brera

Accademia di Belle Arti di Brera, Cortile d’Onore, Milano. Photo Cosmo Laera. Courtesy Accademia di Brera

L’AFAM SECONDO IL MINISTRO DELL’UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA BERNINI

Nella sua lunga e articolata relazione al Senato, il Ministro Bernini ha ancor di più manifestato l’interesse per l’AFAM (che ritiene – non a torto – un brutto acronimo), sottolineando la necessità di usare il PNRR come “(…) leva per potenziare in termini strutturali e coerenti le politiche per l’università e per l’AFAM”. Per fare questo, nelle istituzioni dell’Alta Formazione Artistica e Musicale, è necessario superare le sole tre righe contenute nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Righe che impattano, al momento, solo su progetti di internazionalizzazione (peraltro ancora non banditi). Esso è soprattutto un piano delle riforme, con tutto il potenziale di cambiamento che queste possono generare nell’economia italiana. Lo dice lo stesso PNRR: gli investimenti vanno accompagnati da strategie di riforma che creino l’efficienza del contesto da un punto di vista regolatorio e ordinamentale. Nella Missione 4, Istruzione e Ricerca, sono ben definite le linee delle riforme da attuare: riforma degli ITS, riforma dell’organizzazione del sistema scolastico, riforma delle classi di laurea, riforma delle lauree abilitanti, riforma dei dottorati, etc. E le riforme si accompagnano a un investimento, in modo che ogni riforma sia lo strumento per attuare gli investimenti che – a loro volta – devono segnare degli obiettivi. Questo il plot narrativo del piano: per l’AFAM, in detto piano, tutto questo non è previsto. E qui sarebbe necessario un intervento strutturale di riforma dell’AFAM, persa in un arcipelago nebbioso che ha creato in un quarto di secolo un disseminato florilegio di piccoli interventi, di flebili emendamenti, di lillipuziane norme, di circolari a vicolo chiuso, di decreti invalidanti, di visione non solo cieca ma inesistente e di ideologiche posizioni benaltriste.

COME INNOVARE L’AFAM?

Si sente, insomma, la necessità di un codice innovativo, per l’AFAM, che riordini il settore facendolo uscire dal cono d’ombra in cui bivacca – a fasi alterne – nell’incuria che dura dal 1999, anno in cui la legge di settore, la 508, vide la luce. Nata, come tutti sanno, diversamente da come era stata concepita in prima lettura alla Camera nel 1997: una diversità, rispetto al testo originario, che ha segnato – per molti versi – un fermo innaturale e infecondo per quasi 25 anni. Il peccato originale è proprio in quella manipolazione che ha geneticamente modificato, fino a stravolgerlo, un ottimo testo innovativo abortito per sempre. E questo è forse il momento, in ottica di valorizzazione a tutto campo delle AFAM, di collocare nel giusto cono di luce il capitale umano e artistico di queste istituzioni. Il Ministro Bernini nella sua relazione ha sottolineato la potenza immaginativa delle AFAM che, attraverso i processi di ricerca artistica si trasformano in atti produttivi: “Se è nostro compito supportare con le giuste risorse la ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica, è tuttavia essenziale presidiare la bellezza e la tradizione umanistica, come pilastri del Made in Italy”. O, dal PNA di Lecce in poi, del Created in Italy. Una proposta, questa, di superamento delle cosiddette “due culture” di Charles Snow: la cultura scientifica e umanistica che si danno la mano, nell’idea che lo statuto della scienza e dell’arte abbiano, di fatto, lo stesso modello di riferimento: che è il comune denominatore della ricerca.

Accademia di Belle Arti di Roma

Accademia di Belle Arti di Roma

L’IMPORTANZA DI INVESTIRE IN FORMAZIONE

Questo spirito di innovazione collaborativo delle due culture porta verso quell’universitas che è il polo attrattivo di ogni forma del sapere, in ottica funzionale alla crescita e al sostegno del sistema: dove l’Italia deve continuare a giocare un ruolo da protagonista, poiché l’immaginazione (di qualsiasi natura essa sia) non può (e non deve) essere interrotta. Cosa possibile se si ha il coraggio di investire in formazione: che vuol dire investire in sviluppo. Il MUR non è solo un ministero di spesa ma un ministero che dovrebbe, all’interno di un permanente e immanente stress test ormai cristallizzato, misurarsi con l’obiettivo di uscire dal cosiddetto “pensiero power point”, che è diventato – nel tempo – un precipitato centralista, e senza dialogo, di un pensiero contratto dal respiro corto. Il derma delle istituzioni pubbliche dovrebbe essere, innanzitutto, il dialogo (e l’ascolto) che – con determinazione – porta alla scelta più condivisa. Il non scegliere è stato per anni la poetica dei decisori politici, il cui ruolo spesso si è consumato in un “indecisionismo aureo” foriero di stasi conclamata.

IL FUTURO DELL’AFAM

Ma, dalle dichiarazioni del ministro del MUR, è evidente che alcune delle categorie di politica difensiva, a cui siamo abituati, sembrano destinate a cedere il passo a politiche di innovazione che risolva le pregresse contraddizioni: “(L’AFAM) è un sistema che merita fiducia e attenzione lungo il processo di attuazione dell’autonomia, attraverso la revisione e semplificazione della governance e la piena applicazione della riforma avviata nel lontano 1999”. Parole, queste, che lasciano intravedere una strategia e, soprattutto, una visione. Sulla scorta di queste interessanti linee programmatiche che coinvolgono anche l’AFAM, sarà interessante cogliere – nei prossimi atti concreti – tutto il portato di novità che sembra essere costruito su un piano di ragionevolezza istituzionale. Piano che appare funzionare come snodo cruciale e programmatico in cui prospettiva, sviluppo e consolidamento del sistema dovrebbero interpretare la stoffa di un Paese con carattere fortemente semiurgico.

L'Accademia di Belle Arti di Napoli

L’Accademia di Belle Arti di Napoli

AFAM COME “STABILIMENTI DI CREATIVITÀ”

La capacità di produzione di segni (siano essi pittorici, scultorei, musicali, cinematografici, teatrali, del design, etc.) è forse il tratto distintivo che rende riconoscibile la particolare e naturale propensione verso uno stato di grazia della creatività, a tutti i livelli. E i luoghi dove si danno strumenti ai talenti per maturare ed emergere – attraverso la filiera che porta, con il decisivo contributo della ricerca, dall’ideazione alla produzione – non possono che essere oggetto d’intervento da parte di uno Stato che intende questi stabilimenti della creatività come laboratori essenziali per l’immagine del Paese nel mondo. Laboratori che si nutrono di didattica, ricerca e terza missione: nel perimetro della formazione superiore. L’auspicio è che ogni singola vexata quaestio (i quattro regolamenti attesi – reclutamento, ordinamenti didattici, governance, valutazione– un FFO dignitoso, i dottorati di ricerca, l’equiparazione giuridico-economica dei docenti, etc.) che ha imbrigliato le AFAM possa essere disinnescata non solo per valorizzarle adeguatamente ma anche per renderle più competitive a livello internazionale. In un momento di crisi trasversale, l’effetto propulsivo dell’immaginazione può fare – fuor di retorica – la differenza. Per tornare – infine – all’acronimo AFAM, se vogliamo davvero cambiare il nome a questo sistema, perché non sostituirlo con il più efficace, aderente e semplice “Università delle Arti” (pur mantenendo, ogni istituzione, il proprio nome: Conservatori, Accademie, ISIA)? Sarebbe un cambio di nome con accluso un preciso indirizzo politico indicante, immantinente, quella direzione artistico-scientifica in grado di determinare l’ambito di appartenenza all’area della formazione superiore. Senza ambiguità alcuna. “Dove tuona un fatto, siatene certi, ha lampeggiato un’idea”. Ippolito Nievo, ne Le confessioni d’un italiano, aveva ragione, ma può essere vero anche il contrario, ovvero dove lampeggia un’idea può generarsi un fatto: che è quello che tutti attendiamo.

Antonio Bisaccia

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Antonio Bisaccia

Antonio Bisaccia

Antonio Bisaccia è Presidente del Consiglio Nazionale per l’Alta Formazione Artistica e Musicale e titolare della cattedra di prima fascia di “Teorie e metodo dei Mass-Media” presso l’Accademia Albertina di Torino. Collaboratore di riviste e quotidiani, tra i suoi libri…

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