La storia di Marco Bagnoli. In un libro

Germano Celant ripercorre la carriera di Marco Bagnoli, dando vita a una sorta di catalogo generale che affonda le radici nella storia dell’arte italiana degli ultimi decenni.

Marco Bagnoli (Empoli, 1949) è un artista particolare, ha partecipato quattro volte alla Biennale di Venezia, due alla Documenta di Kassel, il suo lavoro è stato protagonista di alcune fra le più importanti mostre degli ultimi quarant’anni, la X Biennale de Paris, Identité ItaliennePeriodi di marmo. Arte verso l’inespressionismoMinimalia, ma non ci troviamo di fronte a una personalità facilmente ascrivibile a un movimento, a una corrente.
Nel corso degli anni ha realizzato, quando ancora non erano tanto di moda, opere site specific per luoghi dalla forte connotazione storica e religiosa della sua terra, la Toscana, quali la Cappella Pazzi a Firenze, la Villa Medicea dei Cento Camini ad Artimino, la Sala Ottagonale della Fortezza da Basso di Firenze, la Basilica di San Miniato al Monte, le sale del Palazzo Pubblico di Siena, la stazione Leopolda e il Giardino di Boboli a Firenze.

LA CARRIERA

Da poco è uscito per i tipi dell’editore Skira un grosso e fitto volume a cura di Germano Celant, che facilita la lettura del suo complesso percorso. Il volume è introdotto da un saggio iniziale del noto curatore, che porta un titolo significativo: Senza affrettare risposte su Marco Bagnoli. Lo studio apre molti quesiti, che non devono per forza trovare risposte immediate. Il resto del volume è costruito cronologicamente. 1949-1969 è il momento iniziale. Dalla nascita, a Empoli, da una famiglia che proprio in quegli anni stava costruendo la sua fortuna nell’industria alimentare, alle prime prove poetiche e artistiche. Bagnoli studia chimica all’università ma si appassiona a letture di ambito filosofico. Inizia a frequentare altri giovani che sarebbero diventati protagonisti del mondo dell’arte: Remo Salvadori, Gigi Boni, Renato Ranaldi, Sandro Chia.
Con lo scorrere del libro, i periodi trattati si fanno più brevi, due anni, un anno ciascuno. Ogni parte contiene fotografie delle opere dell’epoca, di documenti, fotografie delle copertine e dei frontespizi dei cataloghi, parti di testi e di interviste.
È una sorta di catalogo generale senza esserlo, attraverso il quale è possibile ricostruire il cammino di Bagnoli, ma anche un lungo periodo della storia dell’arte italiana.

Marco Bagnoli, Albe of Zonsopgangen, pallone aerostatico, terra e stroboscopio, brughiera di Laren 1984. Fotografia di Jan Schot rielaborata

Marco Bagnoli, Albe of Zonsopgangen, pallone aerostatico, terra e stroboscopio, brughiera di Laren 1984. Fotografia di Jan Schot rielaborata

PAROLA A CELANT

L’opera d’arte è un serbatoio” ‒ scrive Celant a conclusione del suo saggio ‒ “che permette a Bagnoli di “destarsi” in ogni situazione e proporre un meccanismo di vita come gioco di polarità antagoniste. Lo fa anche creando un dialogo tra dentro e fuori dell’architettura, stabilendo una dialettica tra struttura urbana e Spazio x Tempo, 1975 (2016), a Bolognano o tra undici tumuli di terra di Sentiero, 2017, connessi alla proiezione luminosa, sulla superficie del suo atelier, a Montelupo Fiorentino. Dopo decenni di aspirazione a riappropriarsi di un unicum e di un continuum, l’atelier diventa l’epifania del riassorbimento, in cui l’artista trova una calma ricomposta e una luce costante”.
Il suo è un viaggio verso l’ineluttabile e il sublime che si esprime attraverso forme concrete e di luce, che negli Anni Ottanta, nel corso della mostra al nuovo museo di Rivoli, furono narrate con grande raffinatezza anche da Luigi Ghirri.

Angela Madesani

Germano Celant ‒ Marco Bagnoli
Skira, Milano 2018
Pagg. 514, € 90
ISBN 885722273
www.skira.net

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Angela Madesani

Angela Madesani

Storica dell’arte e curatrice indipendente, è autrice, fra le altre cose, del volume “Le icone fluttuanti. Storia del cinema d’artista e della videoarte in Italia”, di “Storia della fotografia” per i tipi di Bruno Mondadori e di “Le intelligenze dell’arte”…

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