Un nuovo libro racconta la storia dell’arte in modo estremamente personale

Nel suo nuovo libro Museo di sabbia, Giovanna Di Marco affronta l’arte non da storica ma da narratrice, mescolando memoria, riflessione e finzione

Un testo che attraversa secoli di storia dell’arte filtrandoli attraverso lo sguardo di chi vive le opere come parte di sé, fuori da ogni schema accademico. Un approccio originale che mette al centro l’esperienza soggettiva, rivelando come l’arte possa ancora parlare in modo potente e inatteso.

Il libro “Museo di sabbia” di Giovanna Di Marco

Il titolo, in cui risuona Jorge Luis Borges, torna in una frase dello scrittore argentino che compare in esergo all’ultimo lavoro di Giovanna di Marco. Una scrittrice pronta a confrontarsi col monumento, cioè con la concretezza dell’opera d’arte, per circumnavigarla in modo eccentrico, lambendo le sponde dell’io narrante, indugiando sull’approdo esclusivo all’autobiografia, tracciando una rotta anomala dell’esperienza estetica. Nel libro il discorso sull’arte diventa voce dell’arte. È ciò che rende complesso questo discorso, fors’anche perché a guidare la scrittura non è una sola opera o un solo artista, ma l’intera storia dell’arte, divisa in periodi, così come l’abbiamo studiata al liceo. È la scrittura dell’arte con le sue molteplici declinazioni, innanzitutto, ad accompagnarci in una galleria divisa in tre sale, la sala Medievale, Moderna e Contemporanea.

Gabriella Di Marco: al di là dei generi narrativi

Giovanna Di Marco apre le stanze della propria esperienza dell’arte dove la vita si dispiega intorno alla visione entrando e uscendo dai generi, senza mai incastrarsi nella descrizione dell’oggetto. Sempre attenta a modulare le voci narranti non relega mai l’arte in un fondale semmai la penetra animando le immote figure, spesso è come se i modelli generati dalla pittura e dalla scultura del passato si trasponessero, in un gioco di perverse analogie, in personaggi incontrati nella vita dall’autrice, un po’ come i santi e i profeti che popolano con le loro attuali sembianze la bizzarra agiografia dei fastosi quadri di Francesco De Grandi. Sono le forme dell’arte che, come dice l’autrice: “mi rapivano e mi portavano fuori dal tempo” cioè, un rifugio, in quella dimensione che George Kubler chiamò “forma del tempo” che qui è un pretesto che si fa spazio di un racconto.

Giovanna Di Marco tra documento e monumento

Giovanna di Marco lo dichiara apertamente: “Se un racconto fosse un quadro delimitato da una cornice lo spazio sarebbe il tempo e tutte le vicende un aggregarsi didascalico degli avvenimenti, in un piccolo dipinto”. Così l’autrice esce ed entra dai generi. È epistolare quando, in omaggio all’Anna Banti di Rinascimento Privato, scrive la lettera di Botticelli ed Isabella D’Este, segue il ragionamento di Gesualdo Bufalino nel suo commento a Il trionfo della morte di Palermo e continua con John Berger quando si confronta con le deviazioni dalla misura tradizionale imposta dal documento storico. Giovanna Di Marco, infatti, schiva la tirannia del documento e, giocando a rimpiattino tra dati emotivi e storici, s’appoggia prima all’uno poi all’altro per lanciarsi in volute finzionali.  È l’esercizio di stile ad inquadrare il dato visivo, lo amplifica spostando l’immanenza generica in una fluida e precaria vicenda specifica. Il documento, caro agli storici dell’arte, si trasforma in un monumento che è divertimento della memoria. Questo, così, diviene monumento traccia, per usare una categoria di Régis Debray, ovvero un’espressione della vita quotidiana, un contesto evocato.

Museo di Sabbia, copertina
Museo di Sabbia, copertina

La quota personale del libro “Museo di sabbia”

Ecco, allora, che il Museo di sabbia di Giovanna di Marco a volte diventa diario, ossia un racconto pronto a entrare in conflitto con l’oggettività storica dell’opera. Nel contrasto mnemonico, cui il lettore è chiamato a partecipare, emerge l’antinomia tra verità del passato e personale interesse da raccontare, un interesse retrospettivo, intimo. L’autrice trova così il modo per includere la lingua di una comunità, il dialetto, tanto che, dopo l’incontro, l’opera sembra trovare la sua continuità nella vita. In questo modo l’autrice consegna l’autobiografia a un’identità letteraria.

“Museo di sabbia” di Giovanna Di Marco. Un libro di bellezza ed emozioni

In questo libro, infine, Di Marco riflette anche sullo stupore del bello, dove un dubbio alimentato dalla dimensione finzionale ha oramai perso del tutto la sua accezione di menzogna, anzi, si propone quale stimolo per dire e pensare l’arte e, soprattutto, per insinuare ciò che non si può dire o mai pensare di essa. L’opera è, infatti, una scaturigine indistinta di una storia delle emozioni che non solo conducono a riscrivere preclari esempi come la Calunnia di Sandro Botticelli, a sua volta elaborata dall’Ekphrasis di Luciano di Samosata di un dipinto di Apelle, ma che spingono soprattutto a mutare lo sguardo informato in parola formante. La riscrittura dell’arte, in Giovanna Di Marco, diventa, in un certo senso, l’artificio orientativo degli impulsi, filtro di sensazioni che fanno dei segni materiali del passato lo strumento di connessione con un’assenza. Sarebbe come se l’oggetto osservato restasse sospeso nel ricordo, come se si trasformasse in un desiderio circoscritto da tutto il resto, un desiderio mai detto, un vuoto che resta indescrivibile perché dicibile solo tramite il suo perimetro. È in quest’ottica che Di Marco ci mostra l’altare di Antonello Gagini, nella sua assurda invisibilità connessa al vuoto dello Spasimo di Sicilia (Andata al Calvario), quell’olio su tavola (ora su tela) eseguito nel cantiere di Raffaello Sanzio a Roma nel 1517 e ora al Museo del Prado; sicché, l’occhio di un turista in Provenza o la personificazione della statua di Giuditta di Giacomo Serpotta, non si perdono nell’inabissamento patologico della famigerata sindrome di Stendhal, evitano semmai con cura ogni diagnosi dell’apparenza per portarci sempre al cospetto di scenari onirici, eccentrici, in cui il messaggio lanciato dall’arte involontariamente si crea nella scrittura.

Marcello Carriero

Giovanna Di Marco, Museo di sabbia
Del Vecchio Editore, 2025
pag. 264, € 18,00
ISBN 9788861102590
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Marcello Carriero

Marcello Carriero

Marcello Carriero (1965) si occupa di critica e storia dell’arte dal 1994. Ha scritto sulla cultura visiva contemporanea sulle riviste Arte e Critica, Arte, Exibart, e ha pubblicato l’unica monografia completa sul futurista Volt (Ed. Settecittà, Viterbo 2007). Attualmente docente…

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