Perché la politica rifiuta (e disprezza) gli intellettuali? Un libro prova a spiegare

La scomparsa degli intellettuali in politica, da Berlusconi ai giorni nostri. Una deriva raccontata nel nuovo libro edito da Laterza di Giorgio Caravale

Nell’età dell’incompetenza, come viene definita dall’autore del libro Giorgio Caravale, che senso ha avere degli intellettuali come consulenti o peggio come membri di un partito? A quanto pare nessuna. Senza Intellettuali. Politica e cultura in Italia negli ultimi trent’anni racconta di come, a partire dalla discesa in campo di Berlusconi, la figura dell’intellettuale sia stata colpite e allontana dalla sfera politica, ritrovandosi arroccata e depotenziata solo in ambiti universitari e accademici. 

Il libro Senza Intellettuali

L’età dell’incompetenza. Così Giorgio Caravale, docente di storia moderna all’Università Roma 3 e autore dell’illuminante saggio Senza Intellettuali. Politica e cultura in Italia negli ultimi trent’anni (Laterza, 160 pg., 18€), definisce il nostro tempo nell’introduzione del libro, come punto culminante del divorzio tra mondo politico e intellettuali. L’apice di un processo di allontanamento iniziato alla fine degli anni Novanta, che Caravale analizza in maniera puntuale e documentata , quando nel 1997 l’Ulivo, capeggiato allora da Romano Prodi, convoca nel castello di Gargonza 70 politici e 50 intellettuali, per un confronto scaturito dalla discesa in campo dell’imprenditore Silvio Berlusconi, che aveva determinato da una parte un arroccamento degli intellettuali in posizioni massimaliste e autoreferenziali, e dall’altra un lento ma graduale isolamento del mondo politico nei confronti della cultura. Sfociato nel fenomeno dei “girotondi” promosso da Nanni Moretti, in aperta polemica con i dirigenti del centrosinistra, incapaci di proporre modelli culturali diversi dall’antiberlusconismo. Sull’altro versante politico, dopo aver presentato un piccolo gruppo di intellettuali (tra i quali Saverio Vertone, Lucio Colletti e Vittorio Mathieu), Berlusconi si rende subito conto dell’inutilità degli stessi, ridotti a meri strumenti di propaganda elettorale, sulla scia di Bettino Craxi, che considerava gli intellettuali dei semplici cortigiani. “Ho più soggezione di Mike Buongiorno e di Raimondo Vianello che di una schiera di intellettuali” dichiara Berlusconi nel 2001, decretando la sua volontà di basare il consenso di Forza Italia sulla televisione piuttosto che sulla cultura, con l’eccezione di Vittorio Sgarbi, lanciato da Maurizio Costanzo e “archetipo dell’intellettuale televisivo” scrive Caravale. 

Il disprezzo per gli intellettuali nel libro di Caravale

Il disprezzo per l’intellettuale viene condiviso all’inizio degli anni Novanta anche dalla Lega Nord di Umberto Bossi, come dimostrano le parole del suo ideologo Gianfranco Miglio: “Gli intellettuali in politica. Prima li metterei come le lumache a spurgare”. Una linea condivisa oggi dal leader Matteo Salvini, che conferma il carattere antintellettualistico del partito, così come era accaduto per Alleanza Nazionale, dove Maurizio Gasparri si era espresso così: “Meglio non avere professori: un professore di meno è uno scemo di meno”. Per non parlare del movimento 5 Stelle: Beppe Grillo definisce gli intellettuali “fantasmi che non toccano palla nel mondo reale”. Anche Matteo Renzi, da Presidente del Consiglio, non risparmia commenti velenosi sulla categoria, pur scegliendo tra le sue fila Alessandro Baricco e Massimo Recalcati. 

E sul versante degli intellettuali? Passato di moda l’intellettuale organico alla Renato Guttuso ma anche il ribelle antiregime alla Pasolini, si ritirano nelle loro torri d’avorio universitarie. “La comunità accademica italiana”, scrive Caravale, “anche in ragione della retorica antintellettualistica alimentata dalla politica, ha accentuato difetti congeniti nella corporazione universitaria quali l’autoreferenzialità, il respiro corto e l’iperspecialismo delle ricerche, la ritrosia a confrontarsi con i grandi temi del dibattito nazionale e internazionale”. Così, se nel secondo capitolo si analizza il rapporto della politica italiana con la storia, sostanzialmente azzerato negli ultimi due decenni, nel terzo  l’autore si sofferma sull’identità dei governi tecnici , osservando come l’usanza virtuosa di assegnare dicasteri  ad esponenti di spicco della cultura praticata di frequente e con ottimi risultati dalla Prima Repubblica (pensiamo a Carlo Azeglio Ciampi, Bruno Visentini, Franco Reviglio o Romano Prodi) si sia molto diradata nei governi del terzo millennio, dove il rapporto tra tecnici e politici è tutt’altro che roseo. Eppure, sottolinea Caravale, molti grandi leader degli ultimi settant’anni non erano uomini di partito, come Reagan, De Gaulle o Luigi Einaudi, ma allora la stima e la fiducia reciproca tra intellettuali e politici era solida e profonda.  

L’intellettuale autoemarginato

Le colpe però non sono tutte da una parte, anzi. “Schiacciato da modelli televisivi nei quali fa fatica a riconoscersi, costretto a inseguire le dinamiche dei nuovi social network, l’intellettuale si è così rifugiato nel chiuso delle aule universitarie, accentuando la sua emarginazione: la progressiva chiusura corporativa e la crescente autoreferenzialità dell’accademia italiana hanno sancito la sua definitiva uscita di scena dal dibattito politico contemporaneo”. Se nel recente passato esempi di personalità di indubbio prestigio accademico come Giulio Carlo Argan o Massimo Cacciari avevano ricoperto incarichi politici in maniera egregia, oggi questa abitudine sembra lontana anni luce. C’è un modo per riprendere un dialogo costruttivo tra economia e cultura nel nostro paese? Il saggio si conclude con una vena di velato ottimismo.  “Occorre che la politica dismetta quella pregiudiziale che ha troppo spesso fatto propria, anche solo come riflesso di una posa retorica studiata a tavolino. E che il mondo universitario ritrovi le condizioni per liberarsi dalla soffocante logica corporativa accademica”. Purtroppo, stiamo assistendo a logiche contrarie, e per questo lo studio di Caravale appare quanto mai opportuno e urgente. 

Ludovico Pratesi

Giorgio Caravale, Senza Intellettuali. Politica e cultura in Italia negli ultimi trent’anni

Laterza, Bari 2023

pag. 168, € 18,00

ISBN 9788858150283

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Ludovico Pratesi

Ludovico Pratesi

Curatore e critico d'arte. Dal 2001 al 2017 è stato Direttore artistico del Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro Direttore della Fondazione Guastalla per l'arte contemporanea. Direttore artistico dell’associazione Giovani Collezionisti. Professore di Didattica dell’arte all’Università IULM di Milano Direttore…

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