Passione dell’indifferenza. Il libro su Francesco Lo Savio

“Passione dell’indifferenza. Francesco Lo Savio”, il nuovo libro di Riccardo Venturi, è un viaggio immersivo in un altro mondo che appare lontano, fatto di storia individuale – quella dell’artista morto suicida a ventotto anni, dopo cinque anni di ricerca e produzione – e di un complesso e stratificato mondo, percorso tra il 1958 e il 1963 transitando fra Roma, Milano, Torino e Marsiglia, dove poi si consuma la fine di una straordinaria parabola attraverso un suicidio che è un vero e proprio spartiacque nella storia dell’arte contemporanea per il suo carattere anzitutto simbolico.

Si presenta con una veste editoriale rigorosa e un formato tascabile – 10 x 17 cm, 160 pagine, Humboldt Books, comodissimo da portare con sé e da leggere ovunque, soprattutto nei luoghi speciali della propria esistenza –, profondo per i suoi contenuti, un tunnel di azioni, esperienze, emozioni, visioni, perplessità, drammi, intuizioni, rare felici coincidenze, drammatiche esperienze e molto altro, soprattutto esseri umani che agiscono con ritmi differenti. E poi c’è il contesto, che merita un’analisi a sé, perché è anch’esso una stratificazione di spazi, architetture, dinamiche, citazioni che emergono esattamente nel punto giusto della storia. E i co-protagonisti di questa storia ci sono tutti, compresi Piero Manzoni e Lucio Fontana, che non accolgono granché bene Lo Savio, mentre all’estero c’è chi lo stima e rispetta.
Critici, artisti, galleristi. Relazioni umane (poche), professionali (altrettanto poche) sono i personaggi di una storia profonda, avvincente proprio perché paradigmatica: Reinhardt, Verheyen, Restany e gli artisti romani che gravitavano attorno al Rosati di piazza del Popolo.
È una storia che riguarda uno straordinario artista, geniale, pioniere, incompreso. Ma non è una storia di luoghi comuni, all’insegna del reiterato cliché del creativo maledetto e avversato, bensì quella di un pensatore raffinato e lungimirante, che contribuisce con il suo lavoro a un rinnovamento dei linguaggi della scultura contemporanea italiana e internazionale, anticipando minimalismo e concettuale, anche se il suo lavoro solo in anni recenti (e soprattutto con la bella e analitica mostra del Mart di Rovereto del 2017, curata da Silvia Lucchesi, Alberto Salvadori e dallo stesso Venturi) è stato approfondito con più rigore storiografico.

Riccardo Venturi

Riccardo Venturi

IL METODO E LA SCRITTURA

Ma Passione dell’indifferenza. Francesco Lo Savio non è un romanzo, sia chiaro. Anche se la scrittura è di qualità e attrae, d’altronde la grande tradizione degli studi storico-artistici non ha mai tradito la passione per la forma della scrittura e per le sue medesime strutture intrinseche, basti pensare a Roberto Longhi (che Gianfranco Contini contemplava come grande scrittore, non a caso).
Ciò che più emerge – oltre, naturalmente, all’analisi della sua esperienza biografica messa in relazione con rigore e chiarezza rispetto alla coeva ricerca dell’artista e al contesto di riferimento, supportata da una bibliografia ragionata – è la capacità di Venturi di analizzare, narrare e stratificare dati, fatti e prospettive di pensiero in un unico flusso. “Come scrivere una monografia di un artista che muore a soli 28 anni e ha solo cinque anni scarsi d’attività? Era chiaro che si trattava di ripensare il modello accademico della monografia, quella struttura classica del “nacque, si formò, visse, fece, conobbe il successo (o l’insuccesso più clamoroso), morì, ai posteri lasciò la lezione””, ci racconta lo stesso autore, storico dell’arte, pensionnaire in Storia e teoria delle arti presso l’Accademia di Francia ‒ Villa Medici, Roma (2018-2019) e autore di Mark Rothko. Lo spazio e la sua disciplina (Electa 2007) e Black paintings. Eclissi sul modernismo (Electa 2008).

LA RICERCA

Ma prima di tutto, alla base di questo libro c’è, naturalmente, la ricerca, tra le opere germinali dell’artista, quando Lo Savio ha iniziato a riflettere attorno a quei concetti basilari del suo operare – spazio e luce – e a mettere in discussione taluni statuti legati alla bidimensionalità e alla tridimensionalità dell’opera stessa. Anche in tal senso la mostra di Rovereto è stata fondamentale, poiché ha permesso l’analisi dei documenti di Lo Savio consegnati all’epoca a Udo Kultermann. Ma – precisa Venturi durante una nostra conversazione – “l’esistenza di un fondo Kultermann non era un segreto per nessuno, bastava leggere bene quello che si conosce su Lo Savio per intuire che, da qualche parte, giaceva un fondo di materiale inedito, materiale mai emerso anche a causa del fatto che Lo Savio non ha avuto eredi e la gestione del suo lascito è stata nelle mani del suo gallerista per molti anni. Al di là della mostra, il materiale emerso resta da studiare. Per la sua natura pluri-disciplinare, richiederebbe un’équipe dove storici e critici d’arte sono affiancati da studiosi di architettura, urbanistica, fisica teorica e medicina. Tante erano le discipline cui Lo Savio faceva riferimento”.

Francesco Lo savio, Filtro e Rete, 1962, Pinault Collection

Francesco Lo savio, Filtro e Rete, 1962, Pinault Collection

UNA QUESTIONE DI METODO

Per queste e per altre ragioni il libro di Venturi si può considerare uno strumento significativo, non solo per approfondire l’esperienza di Lo Savio, ma anche per allenare un pensiero metodologico, perché l’autore riesce a essere filologo ma non con la stitichezza di molte esperienze accademiche tutte italiane, quindi è particolarmente consigliato per i laureandi e i dottorandi in storia dell’arte contemporanea di molte università nostrane. Passione dell’indifferenza riesce a essere finanche divulgativo (nella sua accezione più profonda), non perché semplifichi analisi e letture, ma perché ha la capacità di mescolare tutto con un unico flusso potente. Perciò c’è da essere d’accordo con lo stesso autore quando sostiene che “la filologia resta uno strumento preliminare, proprio a ogni ricerca nelle scienze umane. Ma la storia dell’arte contemporanea che si pratica in Italia mi sembra aver confuso questa prima fase per un metodo vero e proprio: ritenere che il compito dello storico dell’arte sia quello di esporre quello che dicono i documenti trovati è per me assurdo, risultato di una mentalità positivistica e storicistica, attenta solo a ristabilire i fatti. E non capisco l’interesse – né il piacere – di limitarsi a dare nomi e date a fenomeni complessi che solo incidentalmente riguardano nomi e date”.

Lorenzo Madaro

Riccardo Venturi ‒ Passione dell’indifferenza. Francesco Lo Savio
Humboldt Books, Milano 2018
Pagg. 160, € 16
ISBN 9788899385446
www.humboldtbooks.com

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Lorenzo Madaro

Lorenzo Madaro

Lorenzo Madaro è curatore d’arte contemporanea e, dal 2 novembre 2022, docente di ruolo di Storia dell’arte contemporanea all’Accademia delle belle arti di Brera a Milano. Dopo la laurea magistrale in Storia dell’arte all’Università del Salento ha conseguito il master…

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