Artisti italiani all’estero: l’installazione immersiva di Gian Maria Tosatti a Barcellona

Un’opera site specific viaggia da Cape Town a Barcellona, dove approda al museo barceloneta di Santa Monica. Un pellegrinaggio compiuto dall’artista italiano alla ricerca dei resti della democrazia e dell’umanità

Immergersi fisicamente in un’opera d’arte è una delle forme più immediate e stimolanti di conoscere sé stessi e il mondo che ci circonda. Lo sa bene Gian Maria Tosatti (Roma, 1980), artista visivo, ma anche giornalista e scrittore, che si esprime prevalentemente attraverso grandi installazioni ambientali, concepite site specific per interi edifici o per aree urbane.  L’artista – che oggi dirige anche la Quadriennale di Roma – ha dato ampia prova della sua progettualità creativa non solo come unico artista del Padiglione Italia alla cinquantanovesima Biennale di Venezia, nel 2022, ma anche realizzando l’opera a episodi intitolata Il mio cuore è vuoto come uno specchio. Un viaggio fortemente concettuale iniziato nel 2018 a Catania, che ha toccato città come Riga, Cape Town, Odessa e Istanbul per riflettere, in diversi modi e con forme diverse, sulla storia della cultura occidentale e la crisi dei valori del nostro tempo. Il progetto – condensato anche in un romanzo-diario edito da Treccani – è un “pellegrinaggio sul territorio alla ricerca dei resti della democrazia, dell’utopia, dell’umanità”, come spiega lo stesso autore. 

El otro lado: l’opera di Tosatti a Barcellona 

Per la prima volta, e in maniera del tutto inusuale, Tosatti ha accettato di trasferire un’opera site specific in un contesto fisico e storico-sociale diverso da quello per la quale è stata concepita.  Il Museo di Santa Monica di Barcellona – centro d’arte dipendente dalla Generalità di Catalogna, situato in un ex convento al fondo de La Rambla e a due passi dalla Barceloneta ospita infatti fino al 2 giugno l’installazione realizzata nel 2019 per la A4 Arts Foundation di Cape Town, organizzazione dedita allo sviluppo delle attività artistiche. E, per la prima volta, un’opera di Tosatti concepita per uno spazio abitato, un palazzo residenziale, entra in un museo, uno spazio espositivo. El otro lado (ossia l’altro lato) è la cornice, il contesto curatoriale nel quale si inserisce l’installazione di Tosatti, nata in Sudafrica per riflettere, in origine, sul tema dell’apartheid. Si tratta di un’esposizione collettiva insolita, curata dal regista Ferran Utzet e da Enric Puig Punyet – giovane direttore del Museo di Santa Monica – pensata per stimolare la libera circolazione nello spazio fisico dell’arte contemporanea, intesa come sperimentazione, interazione e transito, con forti sollecitazioni di carattere performativo e sensoriale. Al piano terra del museo, infatti, è costruito un vero e proprio labirinto, dove una decina di artisti presentano altrettante opere che trattano temi come la vita e la morte, il sogno e l’inconscio, la nascita e la rinascita, l’immagine riflessa e l’eco di noi stessi.  

La mostra al Museo di Santa Monica di Barcellona 

All’ingresso del labirinto, il visitatore è invitato a indossare, a scelta, uno degli abiti colorati e stravaganti disegnati dalla costumista Giulia Grumi, per assumere quasi inconsapevolmente una nuova identità; o solo per immergersi nel labirinto come fosse una vera e propria performance – solo con i sensi e non con la ragione – e compiere un percorso individuale di scoperta, che riserva molte sorprese anche divertenti.  L’altro lato è una mostra da vivere in maniera individuale e intima, soprattutto quando si accede all’installazione di Tosatti, situata al secondo piano dell’edificio. L’artista romano ha ricreato a Barcellona con assoluta precisione – anche se con qualche piccola modifica, per ragioni di spazio – l’episodio di Cape Town de Il mio cuore è vuoto come uno specchio, accettando che l’opera divenisse parte di un più ampio incontro del pubblico con l’arte immersiva, con il significato stesso di installazione e con le infinite domande che l’arte pone all’uomo, oggi come ieri. Non a caso, tra il labirinto del piano terra – dal carattere tendenzialmente ludico, estraneo alle logiche della razionalità – e l’atmosfera ben più enigmatica e riflessiva insita nell’installazione di Tosatti, i curatori hanno predisposto un piano intermedio, dal carattere didattico ed esplicativo. Qui, sette interviste audiovisive ad altrettante personalità, analizzano le molteplici sfaccettature dell’altro lato, visto sotto diverse prospettive (dalla psicanalisi alla magia) e raccontato con grande semplicità.  

L’opera immersiva di Gian Maria Tosatti a Barcellona 

Immergersi fisicamente nell’opera di Tosatti, nel silenzio della propria intimità, è un’esperienza emotiva forte, a tratti persino drammatica. Si entra in un appartamento, uno spazio pulito e arredato con semplicità, con mobili in stile anni Cinquanta. Subito, però, il senso di vuoto, di sospensione e quasi di prigionia impedisce di rilassarsi; l’inquietudine aumenta osservando alcuni dettagli sparsi per l’ambiente: le sbarre alle finestre, i denti lasciati su tavolo e comò, le tante bottiglie d’acqua, mezze vuote, appoggiate a terra, ma soprattutto gli specchi appannati alle pareti. Si ha l’impressione che qualcuno abbia vissuto a lungo nelle due stanze e che, forse, si sia allontanato da poco, lasciando la propria impronta sul letto.  

L’episodio di Cape Town – spiega Tosatti – nasce come riflessione intorno all’apartheid, una pagina drammatica della storia del Sudafrica. La mia lettura è orientata verso quegli individui che hanno attraversato momenti storici complessi, ma che ne sono usciti senza ferite apparenti o cicatrici visibili. Quelli che Hermann Brock chiama gli incolpevoli (nell’omonimo libro), che con indifferenza e non curanza, forse anche con un certo opportunismo, hanno lasciato che gli eventi facessero il proprio corso, senza esprimere il proprio dissenso né ostacolare l’arrivo di catastrofi.  Purtroppo, si tratta di un’opera molto attuale: l’Europa oggi sta attraversando un’epoca drammatica, con due guerre in atto e il tremendo spirare di venti assolutisti, che ricordano i fascismi dei primi del Novecento, dei quali l’apartheid è figlio”. 

Dinnanzi all’arte più attuale ciascuno reagisce secondo la propria sensibilità, con il proprio vissuto e il proprio bagaglio culturale. L’installazione di Gian Maria Tosatti è un’opera complessa, ma semanticamente aperta, che si presta a interpretazioni diverse e contrastanti: in chiave politica o sociale, ma anche domestica, personale o famigliare. Il trasferimento a Barcellona dell’episodio di Cape Town potrebbe infatti suscitare nei visitatori letture interessanti, riflessioni profonde, in un contesto storico dove la guerra civile prima e la dittatura poi hanno piegato intere generazioni. Anche in Spagna “più nessuno è incolpevole”, come scriveva Montale nella Primavera Hitleriana, e, davanti allo specchio, la visione del passato riflessa nella coscienza di molti è ancora forse troppo opaca e confusa. 

Federica Lonati 

Barcellona//fino al 2 giugno 2024 
Gian Maria Tosatti. El otro lado.  
Museo di Santa Monica,  
La Rambla 7  
www.artssantamonica.gencat.cat  

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Federica Lonati

Federica Lonati

Federica Lonati (Milano, 1967), giornalista professionista italiana, dal 2005 vive a Madrid. Diploma al Liceo Classico di Varese e laurea in Lettere e Filosofia all’Università Cattolica di Milano, si è formata professionalmente alla Prealpina, quotidiano di Varese, scrivendo di cronaca,…

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