Apre a Washington il nuovo museo dei Rubell, superstar del collezionismo

Un’altra sede del Rubell Museum si aggiunge a quella di Miami. A Washington D.C. la celeberrima famiglia di collezionisti inaugura il suo nuovo museo. Riunendo per l’occasione quasi duecento opere d’arte contemporanea. Lo abbiamo visitato per voi

Mera Rubell racconta di essere arrivata a Washington per la prima volta con Harry Belafonte per vedere Martin Luther King Jr. e di essere poi tornata per l’insediamento di Obama. Vera o costruita, l’origine del mito di una delle più importanti collezioniste al mondo evoca due dei momenti più significativi che la legano alla città, ma come vedremo non l’unico. Con l’apertura del nuovissimo Rubell Museum DC, uno spazio dedicato alle opere di artisti e artiste raccolte insieme al marito Don Rubell nell’arco di una vita, un altro importante tassello si aggiunge alla lunga storia che la lega a Washington. Tra il 1998 e oggi, decine sono state le mostre nate sotto l’auspicio dei Rubell che hanno via via consolidato il loro sodalizio con la città, come ad esempio 30 Americans, che includeva il lavoro di artisti neri tra i più noti del Paese, ospitata nel 2011 dalla Corcoran Gallery.

Rubell Museum, Washington D.C. Installation view, left to right Christopher Myers and Vaughn Spann, What’s Going On. Photo credit Chi Lam

Rubell Museum, Washington D.C. Installation view, left to right Christopher Myers and Vaughn Spann, What’s Going On. Photo credit Chi Lam

L’INAUGURAZIONE DEL RUBELL MUSEUM DC

Per la mostra inaugurale il direttore dell’omonimo museo di Miami Juan Roselione-Valadez, la direttrice dell’attuale museo di D.C. Caitlin Berry, i due collezionisti e il figlio Jason hanno riunito più di 190 opere, ma a emergere è “una sola voce”, come ha affermato Valadez. La voce sembra essere quella trasformativa, pedagogica e rigeneratrice dell’arte che risponde alle sfide del momento. Il titolo dell’esposizione inaugurale è What’s Going On, non a caso preso in prestito dalla famosissima canzone di Marvin Gaye, che risuona al primo piano nella sala riservata ai disegni di Keith Haring dedicati al fratello di Don Rubell, Steve, morto di AIDS a 45 anni. Il museo sorge lungo la stessa strada del già noto albergo della famiglia aperto nel 2002 e il cui rooftop è stato per un periodo una location molto ricercata in città. Il Rubell non è il solo museo di arte contemporanea di Washington, ma certamente si profila come uno tra i più interessanti in termini di collezione, sulla quale la famiglia ha lavorato per decenni: “Ci siamo sposati 57 anni fa, abbiamo cominciato a collezionare quasi subito e abbiamo capito che quella era la nostra missione”, dice Don Rubell.
In totale sono 37 gli artisti selezionati tra i più di mille che compongono la celebre collezione Rubell, le cui opere variano per materiali, tematiche (giustizia sociale, ambientalismo, femminismo), età e nazionalità degli autori. Dall’immancabile El Anatsui Carrie Mae Weems, da John Waters a Purvis Young e Jenny Holzer. Una collezione ampia che abbraccia il variegato e complesso regno dell’arte di oggi, che parla delle pressanti questioni attuali, facendolo qui però in prevalenza attraverso la pittura, la scultura e la fotografia. Niente arte digitale o video arte per ora. Il Rubell Museum porta certamente una ventata di aria fresca nello scenario dell’arte contemporanea in una città che subisce la concorrenza di località più note, come New York ovviamente, ma anche meno costose e dunque più attrattive per gli artisti, come Baltimora. A Washington non ci sono, o stanno scomparendo del tutto, i grandi edifici industriali dismessi che altrove sono stati trasformati in studi per artisti e centri d’arte contemporanea. Ciononostante non mancano le gallerie, e la città, attraverso il DC Commission for the Arts and Humanities, sta cercando di accendere i riflettori sull’arte contemporanea.

Hank Willis Thomas, From the Unbranded Series B. A Natural Exposion! Afro Sheen® Blowout Creme Relaxer 19732007, 2007. Lambda photograph, ed. 25 30 x 36 in. (76.2 x 91.5 cm). Acquired in 2007

Hank Willis Thomas, From the Unbranded Series B. A Natural Exposion! Afro Sheen® Blowout Creme Relaxer 19732007, 2007. Lambda photograph, ed. 25 30 x 36 in. (76.2 x 91.5 cm). Acquired in 2007

LA STORIA DEL RUBELL MUSEUM DC

Il Rubell Museum nasce dalle ceneri di una scuola della quale vuole evocare l’intento educativo e dalla quale vuole assorbire il ruolo un tempo centrale nel quartiere. L’edificio che ospita il museo era infatti la Randall Junior High School, un istituto storicamente frequentato da studenti neri, fondato nel 1906 e dismesso definitivamente nel 1978. Lo stesso Marvin Gaye si diplomò proprio qui. Nel 2008 il complesso venne inserito nella lista degli edifici storici nazionali e pertanto salvato da una potenziale distruzione. Il legame dei Rubell con la città viene ora consolidato non solo dalla presenza del museo, gratuito per i residenti, ma anche per il fatto di ospitare il lavoro di artisti locali, come Sylvia Snowden, le cui opere sono allestite in una grande sala al secondo piano.
A causa delle condizioni in cui versava l’edificio, i Rubell hanno intrapreso un massiccio lavoro di restauro e conservazione lasciando per lo più intatta la struttura originale, fatta eccezione per l’auditorium, che funge ora da salone principale ed è il primo spazio al quale si accede una volta superata la reception. Lungo le pareti laterali le grandi finestre arcate sono state riaperte e la sala è inondata di luce. L’architetto Hany Hassan della Beyer Blinder Belle di New York, che ha guidato i lavori, assicura che l’approccio è stato minimalista: quelle che erano le aule sono ora sale espositive con grandi aperture su ogni lato, pavimenti e soffitti originali, così come le pareti in mattone. Il risultato finale è dunque ben diverso da quello del museo di Miami. Inoltre qui c’è un piano seminterrato dove è stata posizionata, tra le altre, l’opera di Maurizio Cattelan intitolata Mother (1999) che inevitabilmente entra in conversazione con il “monumento esausto” di Andra Ursuta (Untitled, 2015), per dirla con le parole di Valadez. L’opera dell’artista di origine rumena sembra richiamare da una parte l’obelisco dedicato a George Washington, che domina il Mall a pochi isolati dal museo, e dall’altra gli incappucciati del Klan, alla Philip Guston o alla Der Spiegel. Richiamo quest’ultimo amplificato in modo assordante dalla foto di Cattelan sullo sfondo e dallo scenario un po’ cupo del seminterrato e dai soffitti ribassati.

Rubell Museum, Washington D.C. Installation view, Sylvia Snowden. Photo credit Chi Lam

Rubell Museum, Washington D.C. Installation view, Sylvia Snowden. Photo credit Chi Lam

IL RUOLO DEL RUBELL MUSEUM PER WASHINGTON

Il Rubell Museum sarà molto probabilmente un’occasione per il quartiere nel quale sorge di rinascere, certamente non l’unica, essendo tale area al centro di un’operazione di gentrificazione massiccia che ne sta cambiando completamente aspetto e sostanza, come avvenuto in tutti i maggiori centri urbani statunitensi e in quasi tutti i quartieri della capitale. Tra questi progetti ci sono anche il condominio Gallery 64 con 492 unità, di cui il 20% destinato ad affitti o mutui agevolati, che sta nascendo accanto al museo, opera della stessa ditta che ha lavorato con i Rubell.
Tutto ci parla del tentativo di rifondare una realtà attraverso l’arte e offrire rappresentanza a una comunità la cui voce è in continua crescita. La mostra è ricca di opere di nomi e volti noti alle quali se ne aggiungeranno altre provenienti da Miami. Entrambi i direttori confermano infatti che dalla Florida giungeranno sicuramente altri lavori ma, assicura Berry, verranno esposti ricontestualizzandoli e mai in un modo identico a quello di Miami o preconfezionato altrove. Anche per questo Valadez è sicuro di mantenere un ruolo nel neonato museo. Berry, volto conosciuto del mondo dell’arte di Washington D.C., afferma che il museo è aperto a collaborazioni, performance e concerti e che un programma completo di eventi sarà reso noto a breve.

Valeria Federici

https://rubellmuseum.org/dc

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