Emergenza Coronavirus: le decisioni dell’Austria
Dopo tentennamenti e sottovalutazioni del Codiv-19, ora l’aria si fa tesa anche a Vienna e nel resto del territorio austriaco. A partire da lunedì 16, nuovo regime all’italiana senza possibilità di farla franca nel fronteggiare la pandemia. Chiusi musei, gallerie d’arte, teatri e centri culturali.
“Cari visitatori, vogliamo informarvi che la mostra ‘… di pane, vino, automobili, sicurezza e pace’ alla Kunsthalle Wien, nel MuseumsQuartier e in Karlsplatz, per ora rimarrà aperta. Ciò nonostante, a causa della situazione attuale relativa al Coronavirus, tutti gli eventi e le visite guidate saranno probabilmente cancellati entro la fine di marzo 2020”. Era l’inizio della scorsa settimana, momento di un allarme generalizzato. Eppure, con questo comunicato posto in apertura della pagina web, la Kunsthalle di Vienna mostrava l’intenzione di sostenere a spada tratta la mostra in corso. Una mostra – per la verità non proprio imperdibile – dislocata, per l’appunto, sia nella sede canonica all’interno del MuseumsQuartier, sia nel padiglione di vetro della Karlsplatz. L’istituzione, pertanto, non si allineava alla sospensione delle attività alla stregua degli altri musei della capitale, i quali avevano recepito alla lettera l’ordinanza governativa, che tra le varie disposizioni imponeva la chiusura di musei e teatri. Quell’ordinanza, però, una certa ambiguità di fondo la conteneva; vi veniva espressa una regola riassumibile in termini numerici: 100/500. Consisteva nel consentire raggruppamenti di non più di 100 persone nei luoghi chiusi, e 500 nei luoghi all’aperto. Questo permetteva alle gallerie di non essere soggette al provvedimento di chiusura, registrando tuttavia un notevole calo di visite. Visibile a tutti la quasi totale assenza di visitatori alla influente Martin Janda Gallery, nel suo recente, ampio e centralissimo spazio con enormi vetrate a livello strada sulla Herrengasse; una sede comunque provvisoria.
LA SERRATA DEI MUSEI
Alla serrata generale aveva aderito anche il Museo Albertina, nonostante nel giovedì della scorsa settimana avesse in agenda un evento a dir poco “storico”, come l’inaugurazione ufficiale della sezione Albertina Modern, domiciliata nella ristrutturatissima Künstlerhaus, in Karlsplatz. Un appuntamento dal menù ricco, che insieme alla nuova sezione prevedeva la presentazione della collezione d’arte contemporanea appena acquisita grazie a una generosissima donazione, e la riapertura della ottocentesca Künstlerhaus, tornata dopo anni di oblio alla sua smagliante immagine delle origini. Delusione tra il pubblico viennese, sempre pronto a offrire un sostegno sentimentale alle istituzioni artistiche della propria città. In effetti, in un primo momento la direzione del museo aveva escluso dalla chiusura della sede principale proprio la cerimonia d’apertura della nuova istituzione, che comunque avrebbe sospeso l’apertura al pubblico a partire dal giorno successivo. Solo la mattina dell’evento è stato comunicato l’annullamento del taglio del nastro, rinviandolo a data futura. Seguiva di lì a poco anche il ravvedimento della Kunsthalle che comunicava la chiusura della sua mostra dispiegata a tutto-campo.
UNA QUESTIONE “ITALIANA”
Alle origini dell’emergenza Coronavirus, quando l’Italia si era trovata, sola in Europa, al centro del ciclone, l’ambiente austriaco, tramite una comunicazione poco lungimirante, aveva fatto del fenomeno epidemico una questione “italiana”. Prova ne era che il Tirolo, regione austriaca più prossima all’Italia e soggetta a notevoli flussi turistici, presentava molti casi di contagio virale. Quindi, prevaleva l’opinione che bastasse chiudere – come è stato fatto prontamente – la frontiera con il Paese alpino confinante. In definitiva, con una valutazione tesa a relativizzare l’emergenza e a non generare un particolare allarmismo, fino ai giorni scorsi la pericolosità del fenomeno non è stata ben percepita dalla popolazione, la quale per suo conto ha continuato a frequentare i caffè, i ristoranti, le sale cinematografiche, anche in presenza della sopra citata ordinanza governativa che suonava come un avvertimento generale del pericolo di contagio. Nel frattempo è accaduto che il virus ha cominciato ad avere focolai in tutta l’Europa, aumentando i contagi anche nel territorio austriaco, finché nella mattinata di lunedì 16 registrava 959 pazienti, 2 decessi e 6 guarigioni (fonte Ministero degli Interni). Dati che sappiamo essere destinati a un continuo aggiornamento.
Pertanto a partire proprio da lunedì 16 marzo, nuovo regime senza possibilità di equivoci nel fronteggiare l’emergenza. In Tirolo si è adottato un isolamento totale con le stesse regole dell’Italia, provvedimento esteso anche al resto del territorio, ma con alcuni alleggerimenti. Nel frattempo spira da ogni parte una brutta aria, dato che Svizzera e Germania hanno chiuso le frontiere con il Paese “amico”.
‒ Franco Veremondi
**AGGIORNAMENTO**
L’intera Austria ha scelto la strada del lockdown, disponendo provvedimenti simili a quelli italiani: uscite ridotte al minimo ed esclusivamente per ragioni di stringente necessità; apertura delle sole attività essenziali e chiusura dei confini con fortissime limitazioni agli spostamenti, anche interni al Paese. [Redazione]
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