La magia del Minimalismo. Dan Flavin a Parigi

Galleria David Zwirner, Parigi ‒ fino al 1° febbraio 2020. Il nuovo spazio nel cuore del Marais consacra una vasta retrospettiva all’artista americano Dan Flavin.

Una sequenza di decisioni implicite al fine di combinare le tradizioni della pittura e della scultura in architettura con degli atti di luce elettrica che definiscono lo spazio”. Dan Flavin (New York, 1933-1996) definiva le sue opere in questi termini e nel rispetto di tale vocazione sono allestite negli spazi dalla galleria David Zwirner di Parigi. Si tratta, infatti, della più grande retrospettiva consacrata all’artista nella capitale francese, inerente alle sue opere realizzate tra gli Anni Sessanta e Ottanta, dopo la mostra del 2006 al Museo di Arte Moderna di Parigi.
Accostare il concetto di magia al Minimalismo può sembrare davvero poco ortodosso, ma è impossibile non tenere conto dell’effetto di stupore e della carica emotiva che le installazioni di Flavin suscitano nell’osservatore. Si tratta certamente di arte concettuale “pura”, ma con un forte carico di emozioni. L’effetto sorpresa di questi lavori è amplificato dagli spazi espositivi, ubicati nel cuore del Marais e occupati solo di recente dalla galleria. Le sale, per ampiezza e armonia di proporzioni, ricordano quelle di un museo e sono il set perfetto per i tubi fluorescenti dell’artista americano.

LA MOSTRA

All’ingresso del percorso espositivo un’opera poco conosciuta, ma non di minore impatto, accoglie i visitatori; si tratta di Untitled (1973), composta da dispositivi circolari, collocati orizzontalmente, in una sequenza che alterna una luce bianca fredda a una luce bianca calda.
Il Minimalismo apparve negli Stati Uniti agli inizi degli Anni Sessanta e si impose come una corrente artistica in reazione all’Espressionismo astratto e alla Pop art, rivendicando il concetto di Ludwig Mies van der Rohe del “less is more”.
Dan Flavin è uno dei più importanti esponenti di questo movimento insieme a Donald JuddAgnes MartinRobert MorrisAnne Truitt, e Frank Stella. Per questi artisti il Minimalismo corrispondeva a una semplificazione massima in termini di forme e di colori, tendendo quasi sempre a una semplicità di tipo geometrico.
Rispondendo a tali principi, Flavin, dal 1963, anno in cui realizzò la Diagonal of May 25, 1963, ha lavorato esclusivamente con l’uso di tubi di luce fluorescente, come se ne trovavano sul mercato, realizzando delle installazioni, o meglio delle “situazioni”, sempre differenti in base allo spazio espositivo. Quella di Flavin è un’esperienza situazionista perché le opere richiedono il pieno coinvolgimento di chi le osserva e la loro percezione muta a seconda del movimento nello spazio. Anche i colori utilizzati (il rosso, il blu, il rosa, il giallo e quattro bianchi differenti) sono sempre rimasti invariati dal 1963, consentendo di realizzare un corpus di straordinaria coerenza formale e concettuale.

Dan Flavin. Installation view at David Zwirner, Parigi 2019. Photo Jack Hems © 2019 Stephen Flavin _ Artists Rights Society (ARS), New York Courtesy David Zwirner

Dan Flavin. Installation view at David Zwirner, Parigi 2019. Photo Jack Hems © 2019 Stephen Flavin _ Artists Rights Society (ARS), New York Courtesy David Zwirner

LE INSTALLAZIONI

Ogni installazione si definisce, quindi, in base alla posizione dei tubi fosforescenti nello spazio, mentre il loro spessore e la loro dimensione sono determinati dalla quantità di luce irradiata, che ne varia quindi la percezione della grandezza. Anche se le dimensioni generali dell’opera dipendono direttamente dallo spazio che le racchiude. La luce crea anche uno sfaldamento di confine tra i vari i tubi, di una stessa o di installazioni differenti, e lo spazio circostante, inglobando lo spettatore. L’opera si costituisce quindi dell’oggetto, del suo contesto e di chi la osserva. Motivo per il quale, secondo quanto affermato da Donald Judd nell’opera Specific objects, Dan Flavin con le sue opere aveva perfettamente compiuto la missione dell’arte minimalista, ovvero fare in modo che l’oggetto si confonda con le tre dimensioni dello spazio reale.
Per la prima volta a Parigi è esposta una grande “barriera” (untitled) dai colori blu e rosso, in origine installata nel loft di Donald Judd a New York. Le barriere, essendo strutture concepite in situ, modulari e seriali, rappresentano uno dei primi esempi relativi all’arte dell’installazione risalenti agli anni Sessanta e Settanta. L’esposizione comprende anche altre opere chiave che illustrano la ricerca sulle sottili potenzialità, percettive e cromatiche, dei tubi fluorescenti di luce “bianca”, declinati nelle quattro varianti del bianco freddo, della luce del giorno, del bianco caldo e del bianco dolce. In mostra anche untitles (for Fredrerika e Ian) 1-4 (1987) che testimonia, invece, l’indagine di Flavin nell’ambito delle sequenze e delle variazioni. I lavori sono tutto un gioco di linee, di diagonali e di forme geometriche pure che hanno il compito di ridefinire lo spazio circostante, accentuando o addolcendo la struttura architettonica.

LONTANO DALL’EMOTIVITÀ

Le opere dell’artista americano, volutamente, non ispirano il contatto fisico e impongono anzi una naturale distanza in chi le osserva. Questo avviene perché nel Minimalismo non vi è alcuna volontà di creare un legame emotivo con l’opera tendendo, anzi, a un’arte spogliata di qualunque tipo di sentimenti. “It is what it is and it ain’t nothing else” affermava lo stesso Flavin per spiegare che le sue opere non richiamavano alcuno coinvolgimento emotivo o spirituale, essendo solo ciò che si vedeva e nulla più.
Eppure, nell’osservare non solo la luce che determina il volume dei tubi ma anche il cambiamento di questi al variare della nostra posizione nello spazio emerge dello stupore, una curiosità, e una sorta di spontanea fascinazione. Le pareti diventano una tela, in cui tutta la paletta di Flavin finisce con il mescolarsi lasciando filtrare nuovi colori e sfumature, in un gioco di luci e ombre colorate. E nel percepire tutto ciò l’osservatore è parte della tela stessa, all’interno di un processo psicologico, filosofico o, per meglio dire, magico.

Arianna Piccolo

Parigi // fino al 1° febbraio 2020
Dan Flavin
DAVID ZWIRNER PARIS
108 rue Vieille du Temple
https://www.davidzwirner.com

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Arianna Piccolo

Arianna Piccolo

Storico dell’arte e giornalista, vive tra Parigi, Napoli e Roma seguendo il ritmo dei vari impegni lavorativi e di studio. Dopo la laurea Magistrale in Storia dell’arte, intraprende il percorso giornalistico, attraverso TV, web e carta stampata, curando l’ufficio stampa…

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