Dove sta andando il museo del futuro?
È sempre difficile fare una previsione. Dieci anni è un lasso di tempo molto lungo, soprattutto se si guarda allo sviluppo dei social media dove tutto cambia molto rapidamente, trasformando completamente lo scenario. Quello che vedo è che i musei hanno bisogno di cambiare un po’ atteggiamento. Dovrebbero essere capaci di condividere maggiormente le loro collezioni, con meno restrizioni. Naturalmente noi siamo custodi delle nostre collezioni, ma abbiamo bisogno di farle arrivare al nostro pubblico. Guardando allo sviluppo di alcune applicazioni di successo che ci hanno cambiato la vita, come Airbnb o Uber, è facile capire che oggi la parola chiave a livello globale non è possesso ma condivisione. La sfida principale per i musei non è solo attrarre pubblici ma trovare il modo più facile per condividere le proprie collezioni ed entrare in contatto con altri gruppi della società.
Come si sta muovendo il Rijksmuseum, in questo senso?
Il Rijksmuseum ha messo online la sua collezione con il progetto Rijksstudio, senza alcuna restrizione: tutti possono accedervi gratuitamente. Se i musei seguiranno questa strada potranno diventare rilevanti e raggiungere un’audience molto ampia, che include la comunità scientifica. Rendere accessibili i musei, digitalmente o secondo altre modalità, e utilizzare i propri network di riferimento: in questo modo si moltiplicano gli specialisti in campo ed è possibile ricorrere a loro per i motivi più vari. Grazie al movimento per l’accessibilità dei dati, gli esperti verificano le tue informazioni e le completano, anche da un punto di vista scientifico, proprio come accade con Wikipedia.
Il modo migliore per raggiungere questo obbiettivo dipende dal museo, le collezioni e i mezzi a disposizione. Il nostro museo gode di una posizione privilegiata, perché è un grande museo dei Paesi Bassi: abbiamo quindi la possibilità di attingere da significative risorse finanziarie rispetto ad altri musei.
Molte persone pensano che noi abbiamo la possibilità di mettere in condivisione le nostre collezioni perché godiamo di grandi disponibilità economiche e perché abbiamo qualcosa da condividere. Questo è sicuramente vero, ma, dall’altro lato, io credo sia anche una questione di mentalità e di approccio: mettere al centro di tutto la condivisione, è questo a fare la differenza.
Su quali strategie puntate?
Noi crediamo che avere una strategia sia la chiave del successo: puoi ideare progetti e strumenti meravigliosi, ma se non sono in linea con il core delle tue attività, non sono efficaci come vorresti. Abbiamo deciso di rendere digitali le nostre collezioni per esporle e per motivi scientifici: metterle sulla nostra pagina web del Rijksstudio è stato un’evoluzione naturale delle nostre attività. Per noi è avvenuto naturalmente, ma non significa che questa sia la soluzione adatta per tutti i musei. Noi possiamo farlo perché la maggior parte dei nostri reperti è libera dai diritti di copyright (perché sono scaduti), per cui per noi è facile.
L’idea del Rijksstudio risale a dieci anni fa. Rendere accessibile la nostra collezione gratuitamente è uno dei migliori investimenti che abbiamo mai fatto. È un modo indiretto di fare marketing: aiuta a essere rilevanti e noi crediamo che, ricorrendo a questi mezzi, le persone vengono a conoscenza più facilmente delle nostre collezioni e alla fine vengano a trovarci. Non abbiamo paura che le persone realizzino nuova arte dalla nostra arte, che creino qualcosa di nuovo, perché così otteniamo rilevanza come museo soprattutto agli occhi delle nuove generazioni. Oggi contiamo 2600 creazioni digitali. Saper guardare al futuro, non solo al passato, è un obbiettivo fondamentale e cruciale per un museo.
In che termini il digitale sta cambiando questa istituzione culturale?
Dipende dal settore. Sarebbe molto interessate se curatori e altri specialisti museali cominciassero a utilizzare molto di più blog e social media, come Linkedin, per esempio, o altri canali rilevanti. Nel nostro dipartimento di marketing tutti lo usano, ma altri colleghi non ancora. Parliamo di strumenti molto potenti che facilitano il networking. Oltre a quello che le persone pubblicano nei loro canali privati, noto una tendenza che predilige la produzione di contenuto in-house per i canali ufficiali dei museali. In generale, tra il personale museale sta crescendo il numero di persone con una conoscenza digitale, capaci di raccontare storie e sviluppare contenuti, attraverso clip, video e foto. Ricorriamo ancora ad agenzie pubblicitarie digitali per la realizzazione di trailer e altri progetti. Ma stiamo provando ad accrescere le capacità dei nostri dipendenti, perché producano contenuti digitali in autonomia, perché crediamo nel potere delle persone che lavorano nei musei.
Cosa può aiutare i musei ad affrontare la sfida digitale?
Occorrono dei cambiamenti a diversi livelli. Il mondo sta cambiando e i musei hanno bisogno di ripensare il modo in cui coinvolgono il pubblico. Oggi tutto è basato sulla condivisione, tutto è accessibile liberamente grazie ai social media e non bisogna avere paura di questo. I musei devono governare questo cambiamento, non cercare di limitarlo e di tenere tutto sotto controllo. I musei devono rendersi conto che anche il settore pubblico è in trasformazione: se si rivolgono ai bambini, ad esempio, devono considerare che oggi i bambini hanno un comportamento completamente diverso rispetto a 10-20 anni fa. Per esempio, il Rijksmuseum dà la possibilità ai suoi visitatori di fotografare quello che vuole dentro il museo, perché sappiamo che lo farebbero comunque. Le persone vogliono scattare un selfie davanti a un bel quadro: se a questa esigenza si risponde con delle restrizioni, non si otterrà alcun successo. Questo è solo un piccolo esempio, per incoraggiare nuovi comportamenti.
Dall’altro lato, i musei hanno bisogno di assumere persone con un background e una conoscenza digitale che riguardi i social media, la realizzazione di siti web e i big data. L’analisi dei dati è molto importante, perché i musei hanno bisogno di misurare le attività che realizzano, utilizzando i risultati per capire quali sono più efficaci per i pubblici.
Come vi muovete in ambito digitale?
Il nostro museo ha posto le basi per affrontare il processo di digitalizzazione, anche se qualche volta abbiamo bisogno di rivolgerci all’esterno per avere delle consulenze più specifiche. A volte è meglio lavorare con specialisti esterni; altre, viceversa, è meglio sviluppare le capacità al proprio interno. Quello che dovremmo sviluppare da soli sono le capacità connesse alla produzione dei contenuti per il pubblico. Se sapremo sfruttare al meglio la conoscenza e l’expertise del personale impiegato, sarà un grande aiuto, perché ci assicureremo delle storie più autentiche e vere. Inoltre, potremo contare sulla dedizione e la passione che le persone mettono nel loro lavoro: per cui, perché non approfittarne?
A oggi abbiamo diversi dipartimenti che si occupano dei social media: l’ufficio pubblicazioni, il marketing e l’ufficio stampa. Una dei miei colleghi all’interno di questi uffici, ad esempio, è davvero un buona fotografa ed è per questo che la gestione del nostro account su Instagram è stata affidata a lei. Ogni settimana organizziamo una riunione editoriale che coinvolge tutti e tre gli uffici e ogni due settimane partecipiamo a una riunione più ampia, in cui vengono coinvolti anche l’ufficio didattica e altre persone provenienti da altri dipartimenti, per discutere cosa pubblicheremo la settimana seguente con un gruppo più ampio e diversificato di persone.
Che competenze (digitali e trasferibili) possono facilitare questi cambiamenti in atto?
Prima di tutto, un livello avanzato di competenze legate all’utilizzo dei social media. Oggi molti musei ricorrono a degli esperti con un profilo junior, senza capacità di influenza. Al secondo posto c’è l’expertise digitale, come gli esperti di big data (persone capaci di interpretare i dati e tradurli in attività e nuove priorità). Terzo: i musei hanno bisogno di essere produttori di contenuti e per questo hanno bisogno di professionisti di questo campo (es. il redattore capo) e di persone che realizzano video e foto di qualità.
In generale, è importante che le persone siano consapevoli dello sviluppo digitale raggiunto in altri campi. Noi abbiamo ottenuto il successo perché il Rijksstudio si è ispirato a Pinterest, per esempio. Il concetto di condivisione è alla base della scelta di rendere accessibile la nostra collezione, così come lo è per la condivisione di un alloggio oggi possibile grazie ad Airbnb (anche se il Rijksstudio ha iniziato prima). Guardando a questi sviluppi e traslandoli nel proprio lavoro si favoriscono l’innovazione e il cambiamento. Il personale di un museo deve guardare oltre al settore museale, a tutti i campi dell’attività umana. Per questo motivo, un altro concetto molto importante è la curiosità. Le persone dovrebbero essere curiose e non rimanere solo nel proprio ambiente, devono guardare avanti. Lavoro al Rijksmuseum solo da quattro anni e vengo da un ambiente completamente diverso: ho lavorato in un’agenzia digitale e in alcune istituzioni finanziarie. Il Rijksmuseum ricorre a persone provenienti da altri ambiti d’attività per avere visioni, competenze ed esperienze diverse. Questo incontro di culture è davvero utile, perché porta nuove idee e un nuovo modo di pensare. Rimanere nel proprio ambiante e limitarsi a pensare in modo rigido al raggiungimento dei propri obbiettivi non porta lontano. Ecco perché è così importante avere molti partner: lavorare con loro favorisce lo sviluppo di nuove idee e nuove competenze, oltre che essere più divertente.
Quali sono le figure professionali emergenti legate al mondo digitale di cui i musei hanno oggi bisogno?
Tutte le competenze di tutti i profili sono importanti nell’era digitale. Soprattutto, come ho già detto, sarebbe utile che i curatori sviluppassero le loro competenze digitali. Allo stesso tempo, il settore ha bisogno di alcuni profili digitali specialistici, a un livello senior. Inoltre, il digital manager è un profilo strategico, perché conosce tutto quello che serve per costruire un sito web ed è anche capace di parlare a diversi partner e diverse comunità.
Qual è il vostro candidato ideale?
È molto importante lavorare con persone che pensano digitalmente e che sono consapevoli delle numerose opportunità che la tecnologia può portare. Allo stesso tempo, abbiamo molti professionisti che sono ottimi curatori di mostre ma non hanno grandi competenze in ambito digitale. Per questo, abbiamo bisogno di aiutarci a vicenda, per scambiare le competenze di cui disponiamo. Solo così i curatori potranno occuparsi degli aspetti digitali di una mostra, anche se questo richiede del tempo.
a cura di Symbola / Melting Pro
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