Qui Messico. L’arte della megalopoli

Città del Messico è sempre di più la nuova fucina creativa del continente americano. Fra Street Art, gallerie e nuovi musei, l’arte contemporanea latina e non solo abita qui. Prosegue così il nostro viaggio nel Nuovo Mondo, dopo le tappe a Buenos Aires e Caracas.

Città del Messico: una delle megalopoli più grandi del mondo, dove di certo non manca lo spazio per la Street Art. Comunemente chiamata Distretto Federale, o D.F., è il crocevia di un Messico che mescola un’iperbolica modernità con la ricchissima cultura popolare preispanica dei riti, delle tradizioni mistiche, di un’iconografia popolata da archetipi maya, oltre che con la mitica tradizione rivoluzionaria del muralismo. Ciò detto, non è difficile immaginare perché questa enorme distesa di terra vulcanica battezzata “Il Mostro” sia considerata il tempio dell’arte contemporanea in America latina.

STREET ART E NOMADISMO

Un ricco substrato estetico si riversa soprattutto nel centro della città, dove la storia messicana viene raccontata attraverso lo sguardo sovversivo della corte dei vari Diego Rivera, Orozco e Siqueiros nei grandiosi edifici del Palacio Nacional, Palacio de Bellas Artes o nel Tribunal del Consulado. Oggi i muri di questa parte antica della città sono il teatro dei nuovi nomi della scena della Street Art mondiale: basta fare una passeggiata per imbattersi nelle creature primitive di Sego Y Obval o nei coloratissimi serpenti piumati di Curiot, e non sono solo artisti chilangui (così vengono chiamati i capitalini) a lasciare il segno, anche il bolognese Blu – tra gli altri nomi internazionali – ha colorato le storiche facciate da questa parte dell’oceano.
L’arte urbana del D.F. non resta però confinata dentro i limiti dell’antico centro storico; un esempio sono le gentrificate colonie della Roma e della Condesa. Difatti, è proprio nel quartiere della Condesa dove la galleria Kurimanzutto ha deciso di fare il nido. Con l’intenzione di creare uno spazio nel cuore della capitale per portare alla luce nuovi talenti messicani, tre amici decisero di diventare soci. Non fosse che uno di loro era Gabriel Orozco, tra le punte di diamante dell’arte plastica contemporanea, uno di quelli che qualunque cosa tocchino, dalla macchina fotografica alla cinepresa, dalle tortillas al machete, sono capaci di trasformarlo in un’opera d’arte. Per capirci, Damián Ortega, a cui l’HangarBicocca di Milano ha di recente dedicato un’ampia mostra personale, è uno degli artisti del contingente di Kurimanzutto, che non a caso è quindi considerata una delle gallerie più influenti al mondo, con una filosofia unica, fanatica del nomadismo. Questo spazio espositivo è infatti concepito come rizomatico e nomadico, con sede centrale in una bellissima open house in legno, ma che erra infaticabilmente per l’intera città, organizzando incontri ed esposizioni.

Un murale di Curiot a Città del Messico

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ROMA È UNA COLONIA

Nel cuore della colonia della Roma, altra zona in auge, incastrato fra storici palazzi che ben rappresentano l’eclettismo architettonico di questo affascinante quartiere, abita il MUCA. Per anni la Roma è stato il sacrario delle classi nobili e di aristocratici europei che costruirono sontuosi edifici, omaggiando grandi monumenti del vecchio continente come la Sagrada Familia o ispirandosi all’Art Déco francese, sempre firmando le facciate con elaborati stemmi familiari. Fondata da un ricco britannico circense che battezzò le strade con i nomi delle città in cui gli spettacoli ricevevano più applausi, fu uno dei quartieri più profondamente toccati dal terribile terremoto del 1985, dopo il quale si spopolò rimanendo abbandonato per anni fino all’avvento dell’esercito dei radical chic, poi bobo e ora punto di riferimento di barbutissimi hipster.
Adesso è una delle più vitali e interessanti arterie della capitale, e non a caso il Museo MUCA, il Museo Universitario di Scienza e Arte, ha trovato sede proprio in un pancoupé nel cuore di questa istrionica colonia.

DIRITTO ALLA CITTÀ

La direttrice del museo, Mariana David, descrive il progetto MUCA come uno spazio aperto, una fucina che vuole generare risposte creative incentrate sulla tematica del diritto alla città. Oltre alle “classiche” esposizioni d’arte, il MUCA è un coworking, una ludoteca e una biblioteca aperta al pubblico, completamente gratuita.
Non sono solo gli artisti ma anche i vicini della colonia a organizzare attività e talleres: tra le ultime iniziative, una scuola di professionalizzazione dove si insegna a conoscere e amministrare i fondi pubblici destinati ai cittadini per progetti riguardanti la gestione dello spazio urbano. Non mancano workshop professionali aperti a tutti e dal costo accessibile. Come sottolinea Mariana, “il MUCA vuole parlare di pratica artistica e non di arte. Un esempio è quello che ci ha mostrato il promotore culturale finlandese Tino Santala, ospite di un iconoclasta incontro-cena”, spiega la direttrice, “in tono con una delle sue iniziative più celebri e ricalcate: il ‘Restaurant Day’, un’allegra protesta alle difficoltà burocratiche con cui si scontrano i piccoli imprenditori del settore alberghiero a Helsinki. Per reagire si organizzarono 42 ristoranti pop up – cioè illegali – in un giorno. Alla fine il sindaco di Helsinki ha legalizzato la giornata e reso più flessibile la burocrazia”.
Il MUCA non si concentra sull’autorialità né nella produzione di oggetti d’arte, ma su come socializzare la creatività e la possibilità di rispondere con estro ai problemi che ci circondano, cercando nuove soluzioni agli ostacoli nella nostra quotidianità. Mariana David, da due anni alla direzione del museo, punta sulla ricerca di un’arte non endogamica, che esca dalla logica mercantilista solo indirizzata a un pubblico specializzato, una pratica creativa che sia capace di riempire la distanza tre le persone e il mondo dell’arte contemporanea. “Incontrare forme di lavoro in cui questo si possa dare, non significa smettere di lavorare con gli artisti”, insiste la direttrice di questo atipico museo. “Però con artisti che hanno la preoccupazione di riempire questo abisso con il pubblico e la quotidianità, e che siano interessati in pratiche pedagogiche”.

FARO (Fabricas de Artes y Oficios) de Oriente, Città del Messico

FARO (Fabricas de Artes y Oficios) de Oriente, Città del Messico

UN MERCOLEDÌ DA SOMA

Il MUCA è uno tra gli esperimenti che tarano il peso del simbolico qui a Città del Messico; un altro caso paradigmatico e dal respiro internazionale è il progetto Soma, una residenza artistica che, oltre a essere un programma formativo, è una piattaforma educativa disegnata per stimolare lo scambio tra giovani artisti e professionisti affermati.
Collettivamente e con il duplice obiettivo di generare un dialogo orizzontale e di creare rete tra le frammentate e molteplici iniziative individuali, Soma cresce anno dopo anno. I diversi progetti vengono settimanalmente aperti al pubblico durante l’incontro Miercoles de Soma, quando lo spazio si apre alla comunità con tavole rotonde, esposizioni e conferenze aperte a tutti.

UN FARO IN PERIFERIA

La Roma, La Condesa e il centro storico sono luoghi in cui è possibile passeggiare tranquillamente anche di notte – il buio del D.F. resta proverbiale – ma la capitale messicana non smette di essere considerata tra le megalopoli più violente e pericolose al mondo. Quartieri più periferici come la delegazione di Itzapalapa, nella zona orientale del Distretto Federale, non sono sicuramente raccomandabili a un ignaro turista, soprattutto dopo il tramonto.
Il problema della sicurezza, e dunque dell’abitabilità dello spazio pubblico, è sicuramente una questione più presente qui che nelle terre del vecchio continente. Proprio per questo la politica dell’Istituto di Cultura della Città, capitanato dal poeta Alejandro Aura, ha studiato un piano d’azione in cui si prevede la riappropriazione di piazze e strade attraverso attività artistiche e culturali. Il progetto principe è quello di FARO – Fabricas de Artes y Oficios de Oriente, la cui sede, che evoca un’enorme nave di cemento, è stata progettata dall’architetto Alberto Kalach. Qui si organizzano workshop per adulti, bambini e comunità dai temi più svariati: fotografia, arte plastica, teatro, musica, ma anche disegno di mobili, grafica e linguaggio dei segni. L’agenda culturale non lascia spazio al tempo libero: settimanalmente giovani compagnie teatrali presentano nuove opere o musicisti affermati danno concerti gratuiti.

Un murale di Sego y Ovbal a Città del Messico

Un murale di Sego y Ovbal a Città del Messico

LA TRAGEDIA PER TOLEDO

Per terminare di disegnare il complesso profilo dell’arte contemporanea qui a Città del Messico, non è possibile non parlare di una delle sue figure più importanti, pittore quotato e fra gli intellettuali più influenti del Paese: l’oaxaqueño Francisco Toledo. Fino all’estate scorsa presente al MAM – Museo di Arte Moderna, con la sua ultima mostra Duelo, il 75enne artista visuale, promotore culturale e attivista raccontava le ferite della sua terra attraverso novantacinque meravigliose quanto perturbanti ceramiche nate dopo i massacri di Tlatlaya e Ayotzinapa. Mescolando la pittura rupestre con allusioni alla tauromachia e omaggi a grandi maestri come Picasso, questo poeta zapoteco dell’argilla tratta il tema della morte, rappresentando il dolore, il sangue, lo smembramento del corpo e plasmando l’orrore direttamente sulla ceramica.
Quella di Toledo non è la morte festiva tipica del folklore messicano, ma una perdita aspra e divoratrice, che cancella volti e nomi; Duelo è l’esplorazione estetica della violenza che percorre il Messico, ma anche la testimonianza materiale di un’indignazione, di un Paese ancora vivo, che reagisce con estro alle grandi tragedie che continuano ad attraversarlo.

Virginia Negro

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #35

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