Musei aumentati



Ha appena aperto a Bologna una mostra in cui è possibile sfogliare con le mani un manoscritto tutto digitale. Succede grazie alla cosiddetta “augmented reality”, una tecnologia che permette di mescolare l’esperienza del mondo fisico con quella del mondo dei dati. L’importante, nel caso dei musei, è andare oltre l’aspetto spettacolare.

Le porte dello splendido Museo di Palazzo Poggi a Bologna si sono aperte per l’inaugurazione della mostra 1630-2012: viaggio al centro dell’atlante di Gerardo Mercatore, in corso fino al 9 aprile. L’evento si incentra sull’esposizione del volume originale del geografo fiammingo Gerardo Mercatore (1512-1594) intitolato Atlas, sive cosmographicae meditationes de fabrica mundi et fabricati figura (1630, decima edizione) concesso in deposito al Museo dal Dipartimento di Fisica. 
Ma c’è anche una versione “digitale”. Il visitatore è in piedi su un piedistallo e viene ripreso da una semplice webcam da 20 euro (l’intero progetto è volutamente low cost, dispiegando la propria forza nel software compilato da valenti ricercatori dell’Università di Bologna).

Di fronte c’è uno schermo, su cui viene proiettata l’immagine del libro. Alzando la mano, si può scegliere fra le pagine indicate nel menu in alto – è molto in alto, ma ci sono degli sgabelli per i bambini o per chi è più basso di un metro e sessanta – e sfogliare così virtualmente la riproduzione del volume, in tutto una cinquantina di immagini. 
Un volume del 1630 naturalmente non si può toccare, e questo è stato un pretesto per fare in modo che nella sala si potessero visualizzare alcune delle immagini più intriganti. “Si può fare lo zoom?”. La risposta è no, almeno in questa fase. Si tratta infatti di una sperimentazione voluta dall’Università per dimostrare come anche tecnologie a basso costo possano essere impiegate in contesti espositivi.

Il tema dell’augmented reality nei musei sta prendendo sempre più piede, con molte sperimentazioni, a volte fortunate, a volte no. Come per il caso dei codici QR, oramai invisi da buona parte della community museale, almeno stando a quanto dicono fonti autorevoli su Twitter, i musei iniziano a interrogarsi sull’opportunità di abbandonare l’idea di stupire con effetti speciali, che per essere apprezzati dai visitatori, soprattutto dai più giovani, devono essere davvero “pirotecnici”, riuscendo a competere con altri esempi non nell’ambito dei Beni Culturali (se scansionando un codice QR in metropolitana, come succede in Corea, la spesa arriva a casa prima di me e al museo invece ho solo una pagina web con la tag estesa dell’opera, mi sento un po’ preso in giro).

La domanda dei musei inizia quindi a essere incentrata su come dare al visitatore informazioni veramente interattive sul patrimonio esposto, su come creare percorsi educativi inventando format che possano andare oltre i cari, vecchi – ma ancora dignitosi – libri interattivi di Mario Nanni, o le installazioni di Studio Azzurro.

Ma ci sono ormai tanti casi illustri anche di esposizioni di opere interamente digitali, come quella che ha invaso “abusivamente” il MoMA nel 2010 e i vari “Padiglioni Invisibili” allestiti durante la scorsa Biennale di Venezia. È c’è anche il caso fortunato del Museo Sukkiennice di Cracovia, che è riuscito a espandere il numero dei propri visitatori grazie a un uso altamente interattivo della realtà aumentata.
Mixed Reality, Augmented Reality, e perfino Diminished Reality. L’importante è che si tenga sempre un occhio ben piantato sull’esperienza del visitatore.

Simona Caraceni



Bologna // fino al 9 aprile 2012
1630-2012. Viaggio al centro dell’Atlante di Gerardo Mercatore
MUSEO DI PALAZZO POGGI
Via Zamboni 33
051 2099398 / 051 2099610
[email protected]
www.museopalazzopoggi.unibo.it

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Simona Caraceni

Simona Caraceni

Simona Caraceni, giornalista pubblicista, si occupa di nuove tecnologie e multimedialità dal 1994, fondando con Pier Luigi Capucci "NetMagazine" poi "MagNet", la prima pubblicazione elettronica in Italia. Ha insegnato all'Università di Bolzano, Macerata, Firenze, lo IED e la NABA di…

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