Il coraggio di essere street artist visto da Pino Boresta

Terzo e ultimo capitolo degli approfondimenti di Pino Boresta sui temi della Street Art. Dopo il focus dedicato allo street artist dimenticato TUFF e ai pregiudizi legati a Street Art e vandalismo, una riflessione su “arte di strada” e art system.

Se non sei dappertutto, non sei da nessuna parte. Questo GECO l’ha assimilato, e forse delle colpe o dei meriti, secondo i punti di vista, potrei averli anch’io, visto che con la mia effigie, una sorta di marchio anti-marketing, lotto fin dai primi Anni Novanta, quando di certi personaggi, oggi considerati fenomeni della Street Art, non vi era neanche la puzza. Particolarmente riuscite sono la contraffazione dei segnali stradali, interventi da me denominati S.S.R. – Segnali Stradali Rettificati, oppure i M.E.R.d.A. Manifesti Elettorali Rettificati da Asporto e tutta un’altra serie di D.U.R. – Documenti Urbani Rettificati, per non parlare degli adesivi, anche interattivi, del progetto C.U.S. ‒ Cerca e Usa la Smorfia.

GLI ARTISTI E LA STRADA

Spesso per molti aspiranti artisti il lavoro di strada e in strada è stato solo un’attività provvisoria. Tanti giovani hanno cominciato ad attaccare adesivi o a fare stencil per le vie delle città per farsi notare, perché difficilmente sarebbero riusciti a entrare nel mondo chiuso delle gallerie. Molti di questi hanno finito per lavorare nel campo dell’illustrazione, della graphic art o simili, pochi invece quelli che sono approdati all’arte contemporanea. Io ho fatto un po’ il contrario. Io ho sempre disegnato, sono geometra ma non mi sono mai iscritto all’albo. Negli Anni Ottanta facevo il militare a Firenze, ero affascinato dai ritrattisti che nel cortile del Museo degli Uffizi facevano i ritratti ai turisti. Passavo lì delle ore a guardarli. Come artista ho avuto un excursus piuttosto tradizionale, disegnando molto e passando dalla pittura classica dei nudi all’espressionismo all’astrattismo. Quando poi ho scoperto l’arte concettuale e l’arte relazionale e i situazionisti, il passaggio in strada è stato quasi immediato. Certe letture come Psicopatologia della vita quotidiana e Totem e tabù di Sigmund Freud o La quarta via di Peter D. Ouspensky sono state decisive per la mia filosofia di vita, mentre altre come L’evoluzione creatrice di Henri Bergson e la Società dello spettacolo di Guy Debord sono state fondamentali per la mia formazione artistica. Il libro No-logo di Naomi Klein è stato poi una vera rivelazione che mi ha fatto capire meglio l’importanza di quello che già facevo da anni, e così ho deciso di utilizzarlo per un progetto di Web Art, No-Logo C.U.S. Ho abbinato alcune citazioni del libro con delle mie foto creando tra le due una sorta di connessione, nel tentativo di far riflettere su quello che come società dei consumi stiamo rischiando.

Pino Boresta, D.U.R. Documenti Urbani Rettificati, Kassel 1997

Pino Boresta, D.U.R. Documenti Urbani Rettificati, Kassel 1997

LE SMORFIE DI PINO BORESTA

La smorfia del mio viso ha la funzione di catturare l’attenzione, e far sorgere nella mente del passante quel punto interrogativo che tenta di far nascere considerazioni e ragionamenti oggi più che mai necessari.
Quando mi chiedono come sia nata l’idea di tappezzare la città con la mia faccia, mi piace ricordare come nella vita di ognuno di noi ci siano scoperte che diventano decisive, a me è successo quando mi sono accorto dell’esistenza e della potenzialità della fotocopiatrice, mi si è aperto un mondo. Continuo poi raccontando come da sempre sia stato infastidito dal bombardamento manipolatorio che la pubblicità esercita su noi poveri consumatori. Veniamo costantemente distratti dalle promozioni pubblicitarie, che si trovano ovunque, e io volevo trovare il modo per far riflettere su quanto tutto questo sia fuorviante e malevolo. Ho pensato che solo una faccia da cazzo come la mia potesse competere con tutto ciò, e ho confidato fin da subito che sarebbe riuscita a sequestrare per qualche minuto lo sguardo dei passanti nel tentativo di farli ragionare su questo sistema consumistico che inquina e condiziona costantemente le nostre menti. Credo che l’idea di usare la mia faccia mi sia venuta allorché mi sono ricordato di una maestra (forse era una supplente) indispettita dal mio atteggiamento refrattario alle sue sfuriate. Sosteneva che avevo una faccia da impudente, una faccia da schiaffi, tutto questo perché non ero impressionato dai suoi rimproveri rimanendo impassibile e con un’espressione, o meglio, una non espressione, alla Buster Keaton. Oltre a questo, come ho già raccontato, credo che in qualche misura sia stato influenzato anche da un film del 1954, che vidi in gioventù, uno di quelli in bianco e nero, It Should Happen To You è il suo titolo originale, tradotto in La ragazza del secolo, e da un libro, 1984 di George Orwell, che lessi molto tempo dopo.

DA GEORGE ORWELL ALLA STREET ART

Ecco quello che scrissi un po’ di tempo fa:

Perché un ghigno ovunque?
Per combattere il “Bispensiero” che, come spiega George Orwell, è la capacità di condividere simultaneamente due opinioni palesemente contraddittorie e di accettare entrambe. Sapere e non sapere. Essere cosciente della verità nel mentre si dicono architettate menzogne. Condividere contemporaneamente due opinioni che si annullano a vicenda. Usare la logica contro la logica, ripudiare la morale mentre la si adotta. Credere che la democrazia sia impossibile e allo stesso tempo sostenere di poterla attuare. Dimenticare tutto quello che è necessario dimenticare, e quindi richiamarlo alla memoria nel momento in cui fa più comodo, e con prontezza dimenticarlo nuovamente, ma soprattutto applicare lo stesso processo al processo stesso.
Perché imporre una smorfia?
Per combattere lo “Stopreato” che rappresenta la facoltà di arrestarsi come per istinto in modo rapido e deciso sulla soglia di qualsiasi pensiero pericoloso. Esso rappresenta la capacità di non cogliere le analogie, di non riuscire e non voler percepire errori di logica su argomenti semplici e a tutti visibili. Soprattutto respinge e nega a sé stessi qualsiasi tentativo di elaborare una dialettica di pensiero che sia suscettibile di condurre in una direzione eretica rispetto al sistema capitalistico. Stopreato significa, in sostanza, stupidità protettiva.
E non è lontano il rischio profetizzato da Orwell con la parola in Neolingua “Voltoreato”, cioè la possibilità di considerare colpevole qualcuno di Psicoreato in base alla sua espressione facciale. Non è quello che sta succedendo attraverso l’introduzione di nuove tecnologie e sistemi di sorveglianza, che studiano il linguaggio del corpo e le espressioni facciali? Potrebbero utilizzarle per scoprire se sei un writer, un vandalo, un bomber o un jammer. E chi sa? Sarà la mia faccia già classificata nei loro archivi?

Pino Boresta, D.U.R. Documenti Urbani Rettificati, Venezia 2009

Pino Boresta, D.U.R. Documenti Urbani Rettificati, Venezia 2009

STREET ART E ART SYSTEM

Spesso street artisti come graffitisti, writer o sticker artisti vengono ancora oggi in molti casi snobbati dal sistema dell’arte e a volte considerati nient’altro che dei vandali. Ma ultimamente accade sempre più spesso che alcuni di questi siano fagocitati e assorbiti all’interno del sistema e impiegati come utili idioti per ridare un po’ di smalto e vitalità al mondo dell’arte, dove i troppi artisti radical chic in circolazione si ostinano a partorire opere di difficile lettura, pregne di inutili misticismi: opere presuntuose, enigmatiche e senza un reale significato, in sostanza opere noiose e stantie. Tutto questo rischia di afflosciare l’art system, facendo allontanare il pubblico dall’arte contemporanea, e con lui i collezionisti che potrebbero cominciare a orientarsi diversamente. Ecco che allora alcuni non sprovveduti galleristi hanno iniziato a tirare fuori dal mazzo qualche artista di strada, per rivitalizzare la loro scuderia confidando di aver scelto i più bravi. Ma ahimè spesso non è così, perché per trovare veramente i migliori artisti di strada bisogna aver calcato, percorso e vissuto quelle strade, cosa che il più delle volte questi galleristi non hanno fatto. E allora non ci rimane che sperare che tutti questi nuovi rampanti specialisti ed esperti di Street Art incomincino veramente a mettere ordine ricostruendo i fatti e la storia come è realmente accaduta.
Qualcuno ha scritto che la libertà non ha prezzo, io credo che si sbaglino e che in verità un prezzo, e anche piuttosto alto, tutto questo ce l’abbia. Per questo, non di rado, molti rinunciano e si arrendono. Sono infatti pochi quelli che non si fanno colonizzare il pensiero e tengono duro al grido di “I don’t give up”, disposti a pagare il costo amaro di certe scelte.

Pino Boresta

LE PUNTATE PRECEDENTI
C’era una volta TUFF. Storia di uno street artist dimenticato
Street Art? Mai chiamarla vandalismo. Parla Pino Boresta

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Pino Boresta

Pino Boresta

Pino Boresta nasce Roma e vive a Segni (Roma). Sulla scia di valori dei Situazionisti, di cui condivide impostazioni e finalità, realizza un’arte fatta di coinvolgimenti a tutto tondo, di se stesso e dei fruitori consapevoli o inconsapevoli delle sue…

Scopri di più