Intervista a Spyros Rennt, il fotografo che documenta la comunità queer

Il corpo in tutte le sue forme, anche le più impensabili, è protagonista del terzo libro del fotografo greco. Ma l’interesse per la comunità queer resta la costante del suo lavoro

Nelle immagini del fotografo greco Spyros Rennt (nato ad Atene, vive e lavora a Berlino) i corpi si aggrovigliano, i baci sono tra coppie omosessuali, e il nudo sostituisce i vestiti. I suoi scatti rappresentano un paesaggio onirico e allo stesso tempo dinamico, che esplora principalmente il fascino della libertà e della sessualità, come osservato negli spazi queer e nelle piste da ballo dei club in tutta Europa. Identità, comunità e intimità sono elementi che ritornano in ciò che crea, specialmente nel suo terzo libro fotografico Corporeal, un progetto che si è trasformato in un lavoro di gruppo grazie alla cover disegnata dall’artista Marwan Kaabour e al testo scritto dalla curatrice Maia Kenney. Chiaro il suo modo di fare fotografia – il cui fine ultimo è documentare specifici aspetti della società che cambia – la visione del talento amato dai magazine di moda esteri è da scoprire proprio perché capace di concentrarsi sull’attualità.

Spyros Rennt, Corporeal, 2023
Spyros Rennt, Corporeal, 2023

Intervista a Spyros Rennt

La tua rappresentazione della comunità queer, e non solo, parte dal corpo. Perché?
Un punto di partenza della mia pratica è la documentazione del desiderio, di cui un aspetto preponderante è carnale. Perciò documento i corpi, perché li trovo attraenti e affascinanti, e perché sono disponibili in così tante forme e dimensioni meravigliose. D’altra parte, l’idea di “queerness” è molto legata a ciò che noi individui facciamo con i nostri corpi: come li presentiamo, come li vestiamo, il sesso che facciamo con loro, come li trasformiamo. Questo è un altro aspetto che si lega al mio lavoro.

Credi che in questi casi il corpo ribadisca l’assenza di differenze tra le persone?
Sì, sono assolutamente d’accordo con questa posizione: i nostri corpi, nella loro essenza primitiva, ci rendono tutti simili. Alla fine abbiamo bisogni simili e sentiamo cose simili. La nostra stranezza ci distingue dalla società tradizionale, ma i nostri corpi ci avvicinano gli uni agli altri.

Spesso ritornano nelle tue immagini delle posizioni complesse, che sembrano quasi sculture fatte col corpo. C’è un motivo specifico? 
Sono affascinato dalle diverse formazioni possibili generate da uno o più corpi insieme. Penso che le possibilità siano davvero infinite ed è per questo che amo sperimentare dal punto di vista fotografico.

Vivi a Berlino ma il libro è stato presentato a Milano. Hai mai colto una differenza tra la rappresentazione della comunità queer italiana e quella tedesca? 
Non parlerei di una comunità queer tedesca, perché ho familiarità con la comunità queer di Berlino: sono due cose diverse. Per quanto riguarda la comunità queer italiana, non ho trascorso abbastanza tempo in Italia per poterne parlare, ma alcuni queer italiani sono presenti nel mio libro.

Spyros Rennt, Corporeal, 2023
Spyros Rennt, Corporeal, 2023

Spyros Rennt e le comunità queer

E invece una differenza nelle comunità stesse? 
Nella mia esperienza, c’è qualcosa di universale nell’esperienza queer.

Pensi che l’emancipazione, di pari passo alla sensibilizzazione, possa partire da foto come le tue?
In passato ho ricevuto messaggi da persone che mi informavano che le mie foto rendevano il loro processo di coming out più fluido: questo mi ha dato molta gioia. È sicuramente un mio obiettivo contribuire alla visibilità queer con il mio lavoro e anche aiutare a documentare l’era in cui ci troviamo.

La tua terza e ultima raccolta di fotografie non è stata pubblicata da una casa editrice. Ti possiamo definire un fotografo “indipendente”? 
Il “self publishing” è proprio ciò che funziona per me, dal punto di vista creativo ma anche finanziario. Detto questo, non rifiuterei la possibilità di lavorare con una casa editrice, se non altro per fare anche questa esperienza. Al momento non sono rappresentato né da una galleria né da un’agenzia, quindi il termine fotografo indipendente è corretto.

Dunque come descriveresti la tua condizione di fotografo e come speri che si possa evolvere? 
Non credo che smetterò mai di documentare ciò che mi circonda e le mie esperienze, ma non so come cambieranno i miei interessi. Ad esempio, la vita notturna potrebbe non essere centrale per sempre. Sarò comunque circondato da persone queer, quindi prevedo che rimarrà uno dei miei interessi. Tutto sommato, sono curioso quanto te di come si evolverà la mia pratica.

Giulio Solfrizzi

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Giulio Solfrizzi

Giulio Solfrizzi

Barese trapiantato a Milano, da sempre ammaliato dall’arte del vestire e del sapersi vestire. Successivamente appassionato di arte a tutto tondo, perseguendo il motto “l’arte per l’arte”. Studente, giornalista di moda e costume, ma anche esperto di comunicazione in crescita.

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