Fotografare il dimenticabile. La mostra di Eva Frapiccini a Torino

Gli scatti in mostra nella galleria Peola Simondi stravolgono il nostro quotidiano approccio alla fotografia, immortalando quello che tende a essere dimenticato

Potrebbe essere tradotta in una poesia o in un romanzo la mostra personale di Eva Frapiccini (Recanati, 1978) Forget/Fullness presso la Galleria Peola Simondi di Torino. L’artista, definibile poliedrica senza usare il termine a sproposito, si interroga sulla “pienezza nella dimenticanza” attraverso una serie di fotografie analogiche che catturano eventi e soggetti marginali; ombre che abitano il quotidiano e che acquisiscono finalmente la dignità degli eventi considerati memorabili (continuamente fotografati e condivisi sui social) generando narrazioni inedite.

Eva Frapiccini, Untitled (dalla serie Forget Fullness), 2023. Courtesy l'artista e Galleria Peola Simondi

Eva Frapiccini, Untitled (dalla serie Forget Fullness), 2023. Courtesy l’artista e Galleria Peola Simondi

EVA FRAPICCINI E LA FOTOGRAFIA

Eva Frapiccini può considerarsi una sofisticata archivista delle esperienze contemporanee nascoste. Le sue opere catturano colori, forme e situazioni ritenute impropriamente secondarie, appartenenti a una visione periferica degli eventi quotidiani. Se le fotografie oggi sono il mezzo con cui principalmente si registrano i ricordi, rendendoli “condivisibili” e ri-fruibili ogni qualvolta si torna su uno scatto e preservandoli dall’oblio della memoria umana perfettibile, in Forget/Fullness creano all’inverso un atlante sentimentale di momenti dimenticabili. L’artista insomma accetta la situazione attuale della fotografia e cerca significanti di forte impatto altrove, in scorci e dettagli dove ancora è possibile costruire un dibattito critico e poetico proficuo. L’impossibilità esasperata di catturare ogni dettaglio del visibile per ricordare il proprio vissuto spinge Frapiccini a inabissarsi, a dedicarsi al fatto visivo secondario (allo “scarto inclassificabile, incompleto, corroso e quindi parzialmente illeggibile”) e al punto cieco, trasformando il dato recondito “fuori fuoco” in un apice di lirismo selettivo – ancor più notevole se si passa in rassegna il mare magnum delle opere d’arte fotografiche contemporanee in circolazione.
Le immagini in ‘Forget/Fullness’ sono unite dal metodo di lavoro, dalla scelta di non fotografare il presente, e con questa parola intendo accadimenti, contingenze del momento, ma qualcosa che si ripete ogni giorno, anche se in modi diversi, che quindi non avrebbe bisogno di essere ‘fermato’. In questo processo le immagini si ritrovano tra loro, e ho lavorato nello spazio della galleria in modo che continuassero a muoversi; alcune di esse sono legate tra loro in trittico o dittico. Quest’ultimo rappresenta un po’ il processo che sottende la produzione di questi mesi: lo sforzo di non registrare fatti della mia quotidianità in immagini. Mentre cercavo di rappresentare questo esercizio di equilibrio, per caso ho scattato proprio mentre tutto cadeva. E mi è piaciuto. Ho deciso di tenere entrambi: sia l’equilibrio che la perdita di equilibrio, perché la riuscita di qualsiasi impresa risiede nel tentare piuttosto che nel risultato finale”, ci ha spiegato l’artista.

Eva Frapiccini, Untitled (dalla serie Forget Fullness), 2023. Courtesy l'artista e Galleria Peola Simondi

Eva Frapiccini, Untitled (dalla serie Forget Fullness), 2023. Courtesy l’artista e Galleria Peola Simondi

GLI SCATTI IN MOSTRA DA PEOLA SIMONDI

Le opere che si possono ammirare da Peola Simondi, con un allestimento che rispecchia la natura ambigua delle composizioni, richiamano il fondativo approccio all’immagine del punctum barthesiano; ovvero, puntano sul momento della visione della fotografia quale istante emotivo e comprensibile al di là di ciò che è concettualizzabile. La specificità della fotografia attesta anche quello che l’autore non avrebbe voluto dire (o che non avrebbe detto in quel modo): il dettaglio prende il sopravvento, dilagando nella carta in maniera plenaria come elemento della non intenzionalità. Certi particolari pungono senza cedere alla retorica trita; l’impressione allude ai caratteri della casualità, ma individua un’esperienza e un idioma estetico strettamente legati all’interpretazione dell’artista, che ha aggiunto: “Gli scatti non sono premeditati, sono momenti di luce accaduti che vedo tutti i giorni attorno a me, nei luoghi che abito – poi magari si è aggiunta un’idea, come per esempio l’immagine del gatto; qualcosa che forse mi ha ricordato altro. Le immagini sono tutte scattate in Hasselblad; è un mezzo molto riflessivo, che io uso con il pozzetto, quindi tenendo la macchina ad altezza pancia. Anche questo influisce sul mio modo di guardare il mondo esterno. Quello in mostra è quasi tutto quello che ho prodotto in questi mesi in pellicola: infatti, lavorando in formato medio, si scatta molto meno e si sceglie prima”.

Eva Frapiccini, Untitled (dalla serie Forget Fullness), 2023. Courtesy l'artista e Galleria Peola Simondi

Eva Frapiccini, Untitled (dalla serie Forget Fullness), 2023. Courtesy l’artista e Galleria Peola Simondi

FRAPICCINI E I SOCIAL MEDIA

La pienezza informativa dei social media, paradossale perché effimera nei contenuti ma imperitura nei database, è in netto contrasto con la fragilità dei documenti incompleti ma emozionali dell’arte. L’impressione analogica ha perso la sua rilevanza storico-scientifica e catalogatrice in senso stretto, ma ha acquisito uno spazio privilegiato nel processo di interiorizzazione del reale. Conclude Frapiccini: “Era da diversi anni che non realizzavo una mostra di fotografie, perché ho un rapporto conflittuale con il mondo delle immagini, soprattutto nell’epoca dei social. Negli ultimi anni, grazie forse alla mia pratica di docenza, ho iniziato a interrogarmi sulla processualità dello scatto, non mi interessava tanto il risultato finale quanto la trasformazione a cui mi avrebbe portato l’astinenza dalla documentazione. Ho cominciato a vedere delle cose che prima non notavo. Spero che questa mostra porti chi la visita a rapportarsi con il valore fisico delle immagini. Mi interessa non tanto il valore estetico quanto quello evocativo dei lavori, utilizzando vari mezzi, linguaggi artistici e collaborando con performer, coreografi o sound artist. Può darsi che questa non sia la migliore strategia di mercato, ma spero che sia un modo per offrire qualcosa di genuino (e mi diverte molto di più)”.

Federica Maria Giallombardo

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Federica Maria Giallombardo

Federica Maria Giallombardo

Federica Maria Giallombardo nasce nel 1993. Consegue il diploma presso il Liceo Scientifico Tradizionale “A. Avogadro” (2012) e partecipa agli stage presso l’Assessorato alla Cultura della Provincia di Biella (2009-2012). Frequenta la Facoltà di Lettere Moderne presso l’Università degli Studi…

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