300 scatti per Letizia Battaglia. A Milano

Palazzo Reale, Milano – fino al 19 gennaio 2020. Letizia Battaglia torna nella Milano che la accolse in gioventù con una mostra che riunisce più di trecento fotografie.

Arriva a Palazzo Reale lo sguardo intenso della bambina con il pallone, quello nascosto tra le mani di Pier Paolo Pasolini, quello fraterno dell’amico Koudelka, insieme a tanti altri scatti di gente comune, donne, bambini, a celebrare con una retrospettiva di più di 300 immagini la vita e la fotografia di Letizia Battaglia (Palermo, 1935), splendida a 84 anni nella sua forza instancabile, nel suo anticonformismo dai capelli rosa, nel suo percorso di impegno umano, civile, politico e sociale al servizio di una verità mai banale, mai scioccamente bella.
Prima fotografa italiana a lavorare per un giornale (L’Ora di Palermo), prima donna europea a vincere il premio Eugene Smith nel 1985, fondatrice a Palermo del Centro Internazionale di Fotografia, Letizia Battaglia è per tutti il simbolo della lotta alla mafia e insieme la storia del riscatto possibile dell’immagine e del ruolo della donna oggi. A quasi quaranta anni, riesce a liberarsi da un passato di soprusi che la rende sposa bambina a 16, moglie in un matrimonio che la imprigiona, per ricominciare prima a Milano e poi a Palermo sulle sole sue forze e dar voce a quell’esigenza di libertà e verità che non la abbandonano neanche ora, alla soglia degli 85 anni.

LA MOSTRA DI LETIZIA BATTAGLIA A MILANO

Storie di Strada, a cura di Francesca Alfano Miglietti, segna quindi per Letizia Battaglia anche un ritorno simbolico nella città in cui la sua vita ha avuto veramente inizio: “Nel 1971” ‒ si legge in apertura della mostra ‒ “Milano mi ha accolta e dato le opportunità per decidere della mia vita. Avevo 36 anni e qui, non a Palermo, ho cominciato a essere una fotografa”.
Ed è da quegli Anni Settanta a Milano che prende le mosse il percorso della mostra, che si svolge per nuclei tematici arrivando fino a scatti degli anni recenti, attraverso molte immagini inedite, selezionate con un lavoro di recupero nel suo sterminato archivio, per raccontare un’inedita Letizia Battaglia, non più solo “fotografa della mafia” ‒ etichetta che ha odiato ‒ ma prima di tutto persona, donna con una voce. Ci sono gli scatti di mafia sì, con il dramma assoluto della morte e del dolore umano che la perseguiterà anche negli anni successivi, ma si rivelano in questa luce come il capitolo più drammatico di una più grande visione della vita, fatta di amicizie, di gioie, di umanità, in cui, su tutto, resta il valore della vita e della speranza.
Ecco allora le gioie di una scampagnata fuori porta, l’umanità nei vicoli di Palermo, la profonda verità dei bambini o la schiettezza di una prostituta che fuma a testa alta, immagine simbolo della mostra.

Letizia Battaglia, Donna che fuma, Catania, 1984 © Letizia Battaglia

Letizia Battaglia, Donna che fuma, Catania, 1984 © Letizia Battaglia

PAROLA A LETIZIA BATTAGLIA

Sono imprigionata nel ruolo di fotografa che ha fotografato la guerra civile nella sua terra”, dice. E invece Letizia Battaglia è una fotografa della vita: fotografa dell’umanità e del sentimento che cattura oltre la superficie delle cose, lontano da ogni sentimentalismo o da qualsiasi retorica, con l’essenzialità che solo nasce dal profondo rispetto per la dignità umana. “La fotografia non cambia il mondo, né la mia fotografia, né quella di altri, ma, come un buon libro, può essere una fiammella. Non ho un messaggio, ma una necessità. Non penso al messaggio, quello arriva, forse, dopo. Si tratta di costruire un mondo diverso, di sperare disperatamente. Le parole servono, i libri servono, i film servono. Tutto serve. Anche la fotografia può servire e io ho questo piccolo mezzo”.

Emilia Jacobacci

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Emilia Jacobacci

Emilia Jacobacci

Emilia Jacobacci è una storica dell’arte, laureata alla Sapienza di Roma con una tesi sul progetto del MAXXI. Si è poi specializzata in Management dei beni culturali alla Scuola Normale di Pisa e a Milano in Comunicazione multimediale. Scrive di…

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