Vivere ai tempi dell’interferenza. Nuovo libro di fotografie per Michael Stipe

Da sempre appassionato di fotografia, Michael Stipe, dopo lo scioglimento dei R.E.M., si è dedicato sempre più spesso alle arti visive. Nei giorni scorsi ha presentato al MAXXI di Roma il suo nuovo libro, realizzato con Douglas Coupland ed edito da Damiani. Una raccolta di scatti che vuole raccontare il passaggio da un mondo analogico a uno digitale.

La musica è visiva. Quando ascolto la musica, è come se nella mia testa vedessi un film. In quanto autore di testi e cantautore, il mio ruolo è quello di inserire storie, personaggi e vicende umane all’interno del paesaggio sonoro. Risponde così Michael Stipe (Decatur, 1960), noto ai più per la sua trentennale carriera come frontman dei R.E.M., a chi gli chiede di spiegare il rapporto tra suono e immagine all’interno del suo processo creativo. La dichiarazione è stata rilasciata durante una lunga e affollata conferenza stampa tenutasi lo scorso 8 ottobre al MAXXI di Roma, dove l’artista americano ha presentato il suo ultimo libro di fotografie.
Our Interference Times: a Visual Record (2019), realizzato in collaborazione con lo scrittore canadese Douglas Coupland, è la seconda pubblicazione dell’artista per la casa editrice Damiani, e, come la prima, Volume 1 (2018), è una raccolta di scatti realizzati in diversi periodi della sua vita. “Il primo libro era più un album di famiglia, con foto delle persone che mi sono vicine, che ammiro, della famiglia da cui provengo e di quella che mi sono creato. Questo nuovo libro, invece, allarga il concetto alla famiglia degli umani, includendo ognuno di noi”, spiega.

UN DISCO PER IMMAGINI

Il tema della raccolta, descritta nella presentazione come “un disco per immagini”, è la transizione tra mondo analogico e mondo digitale. Un tentativo di indagare, attraverso le mutazioni riscontrabili nel linguaggio della fotografia, le influenze che questo passaggio epocale sta esercitando sulla nostra visione del mondo, come individui e come comunità. Altro tema centrale nella poetica di Stipe, da sempre impegnato politicamente, è rappresentato dal rapporto degli esseri umani con il pianeta, in una prospettiva ecologista di segno radicale. Non a caso, tutti i proventi del libro incassati durante il primo anno saranno devoluti all’organizzazione Extinction Rebellion, che opera a livello globale per sensibilizzare le persone e fare pressione sui governi chiedendo azioni per arginare gli effetti del cambiamento climatico (stessa cosa vale per il primo singolo solista di Stipe, Your Capricious Soul, appena pubblicato e disponibile per l’acquisto sul sito dell’artista).

Michael Stipe, Our Interference Times: a visual record, 2019 (Damiani Editore)

Michael Stipe, Our Interference Times: a visual record, 2019 (Damiani Editore)

IL CERVELLO PRE-INTERNET

Douglas Coupland (1961), lo scrittore canadese che ha aiutato Stipe a selezionare le immagini per il libro, è a sua volta un personaggio poliedrico, che si muove tra l’universo della letteratura e quello delle arti visive. In una delle sue più famose installazioni, che comprende una serie di massime scritte su semplici cartelli colorati, presentata per la prima volta nel 2012, c’era una frase divenuta poi iconica: “I Miss My Pre-Internet Brain”. In quelle poche parole, Coupland ‒ famoso tra le altre cose per aver scritto all’inizio degli Anni Novanta un romanzo di culto come Generation X ‒ racchiudeva il sentire di un’intera generazione. Una generazione tesa tra la nostalgia di un mondo ormai scomparso e la consapevolezza di una mutazione inevitabile. Una tensione tra disagio e fascinazione che nasce dall’aver vissuto, consapevolmente, entrambi i mondi: quello senza Internet, più lento e disperso, e quello dominato da computer e network, veloce e iperconnesso.

TRA ANALOGICO E DIGITALE

Il libro di Stipe, la cui passione per la fotografia risale all’adolescenza, quando studiava alla scuola d’arte, cerca di connettere questi due universi, mescolando immagini che sembrano provenire da un lontano passato a pagine distorte e pixelate, dominate da glitch, distorsioni ed errori: “Il titolo del volume viene dall’universo del suono, dall’idea di interferenza e di rumore bianco. Di come un segnale a volte diventi suono, e poi possa diventare musica. Di come a volte nascano dei pattern che ci possono guidare nella comprensione del nostro stare al mondo”, commenta. “Molte persone sono spaventate dalle tecnologie digitali e dal mondo in cui viviamo oggi. Io no. Io sono molto ottimista. Penso positivamente ai cambiamenti che questo salto può innescare”.
Tra le ragioni della collaborazione con Coupland, oltre all’affinità di pensiero sul tema del libro, c’è anche una necessità di sistematizzazione del materiale. Stipe pesca infatti da un archivio personale che affonda indietro negli anni e conta quasi 40mila scatti: “Nel mio modo di lavorare non ci sono gerarchie, seguo il flusso dei pensieri”, spiega, “invece Douglas ha una profonda abilità nel categorizzare, separare ed esaminare le cose. Era la persona perfetta da coinvolgere per un libro che affronta questa idea del rapporto tra analogico e digitale oggi, nel Ventunesimo secolo”.
Da sempre appassionato di arti visive, Stipe ha più volte dichiarato di sentirsi più a suo agio con le immagini perché permettono di comunicare in maniera non mediata: “Ho scattato foto per tutta la vita”, ha raccontato in una recente intervista con Dario Pappalardo di Repubblica, “per me rappresentano il panorama emotivo e visivo di quest’epoca di transizione e caos: questo libro è la cosa migliore che abbia fatto finora. Dalla musica ho imparato che, per spiegare tutto, un artista tende a sminuire ciò che fa. Ho sempre combattuto per tradurre in parole, in canzoni, le immagini che ho in testa. Le foto sono più dirette, contengono risposte, non vanno descritte”.

Michael Stipe, Our Interference Times: a visual record, 2019 (Damiani Editore)

Michael Stipe, Our Interference Times: a visual record, 2019 (Damiani Editore)

LA PASSIONE PER L’ARTE E PER I MUSEI

Vista la scelta di presentare il libro in un museo, gli abbiamo chiesto se i musei sono un luogo che frequenta spesso e se qualcuno in particolare, lo ha ispirato: “Uno dei miei luoghi preferiti è il Noguchi Museum a New York. Era anche il preferito di mio padre”, ha risposto, citando un luogo poco conosciuto ma di grandissimo fascino: il museo fondato dall’artista americano-giapponese Isamu Noguchi negli Anni Ottanta, che comprende anche un suggestivo giardino di sculture. Infine svela un piccolo dettaglio relativo a un progetto ancora inedito, nato da una vacanza trascorsa a Roma lo scorso agosto: “Sono rimasto molto colpito dalla Basilica di Santa Maria degli Angeli. Alcune delle cose che ho visto lì sono state di ispirazione per un progetto a cui sto lavorando e che vedrete alla fine del 2020”.

Valentina Tanni

Michael Stipe, Douglas Coupland – Our Interference Times: a visual record
Damiani Editore, Bologna 2019
Pagg. 200, € 50
ISBN 9788862086783
https://www.damianieditore.com

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Valentina Tanni

Valentina Tanni

Valentina Tanni è storica dell’arte, curatrice e docente; la sua ricerca è incentrata sul rapporto tra arte e tecnologia, con particolare attenzione alle culture del web. Insegna Digital Art al Politecnico di Milano e Culture Digitali alla Naba – Nuova…

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