Felicità e tessuto urbano. Sono questi i poli tematici (e geografici) attorno a cui prende forma la ricerca di Göran Gnaudschun, che ha dedicato un progetto fotografico alla Prenestina, nella periferia di Roma.

Göran Gnaudschun è nato nel 1971 a Potsdam. Ha studiato alla Hochschule für Grafik und Buchkunst di Lipsia con Timm Rautert. Nel 2016/17 è stato borsista dell’Accademia Tedesca a Villa Massimo. Come fotografo freelance, Gnaudschun sviluppa i suoi temi in grandi serie di opere in cui i processi che stanno dietro o al di fuori delle fotografie sono altrettanto importanti delle fotografie stesse. Fra i suoi lavori più noti ricordiamo: Are You happy? (2017-19), Alexanderplatz (2010-14), Wüstungen (2014-16) e Neue Portraits (2005-09), e le sue monografie Wüstungen (2017, con Anne Heinlein, Distanz Verlag, Berlino 2017), Alexanderplatz (Fotohof Edition, Salisburgo 2014) e Mittelland (Hesperus Verlag, Dresda 2016). Ha vinto molte borse di studio e premi, tra i quali: Hannover Shots (2015), borsa di lavoro della Stiftung Kunstfonds (2013), Lotto-Brandenburg-Kunstpreis (2012), borsa di studio dello Schloss Wiepersdorf (2011, 2004), borsa di lavoro del Land Brandeburgo (2002, 2008), borsa di studio del DAAD (2004), soggiorno studio presso le Künstlerhäuser Worpswede (2000) e pro Brandenburg–Kunstpreis (2000).

Göran Gnaudschun, Are you happy?, 2017 19. Courtesy l’artista
Göran Gnaudschun, Are you happy?, 2017 19. Courtesy l’artista

IL PROGETTO

Fotografo le persone perché desidero avvicinarle, perché voglio saperne di più. Aspetto che in loro si manifesti qualcosa: un sentimento di vita che trovo nelle periferie di Roma, una vicinanza che è al contempo estraneità. Lavoro sull’intensità che si crea quando due persone entrano, anche solo per un momento, in stretto contatto. I protagonisti delle mie fotografie hanno bisogno della mia presenza diretta, così come di una giusta distanza da me, quella distanza che consente uno sguardo preciso. Ormai conosco bene lo spazio urbano che ruota intorno a via Prenestina, tra Porta Maggiore e il GRA. Lo conosco ma non vivo qui, sono quello che mantiene la distanza per rilevare qualcosa di vago, indicibile. Un’emozionalità che ha origine solo nell’interazione tra le immagini”. Göran Gnaudschun così descrive il lungo e complesso progetto fotografico Are You Happy? che ha condotto a Roma a partire dalla sua residenza come borsista all’Accademia Tedesca di Villa Massimo.
Il fotografo tedesco ha iniziato a esplorare la città a bordo della sua bicicletta dall’autunno del 2017 per individuare la zona che più delle altre avrebbe potuto permettergli di proseguire la sua ricerca pluriennale, una ricerca intensa e originale che lo ha portato a indagare a fondo i margini fisici e immateriali della società. I suoi progetti richiedono un tempo lungo di osservazione e realizzazione: si tratta di mesi, a volte anni, necessari per entrare in profondo contatto con le persone e i luoghi in cui vivono.

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Göran Gnaudschun, Are you happy?, 2017 19. Courtesy l’artista
Göran Gnaudschun, Are you happy?, 2017 19. Courtesy l’artista

LA PERIFERIA DELLA CAPITALE

Nelle immagini di Göran non esiste lo spazio urbano senza i suoi abitanti e viceversa, le fotografie sono connesse le une alle altre, per costruire una narrazione capace di rivelare il tempo presente di una storia che ha profonde radici nel passato. Ecco perché individua un’antica strada consolare come la via Prenestina come espediente per avviare il suo personale discorso per immagini e testi sulla città. Le fotografie offrono una lettura composita di una delle più intense periferie della Capitale, raccontando l’evoluzione dell’edilizia nei decenni, e la trasformazione del paesaggio umano e urbano, attraverso gli occhi delle persone rappresentate e le strutture architettoniche e naturali in cui trascorrono il proprio quotidiano.
Il punto di partenza è una domanda che appare nel film Accattone di Pier Paolo Pasolini, che proprio in quella zona è stato girato: “Sei felice?”. Una domanda mai posta direttamente, in uno scambio spesso silenzioso, ma che corre nascosta lungo tutto il progetto, per indagare la vita urbana in tutte le sue sfumature, al di là degli aspetti più eclatanti e riconosciuti.

Emilia Giorgi

http://gnaudschun.de/

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #50

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Emilia Giorgi
Emilia Giorgi (Roma, 1977) è critica e curatrice di arti visive e architettura contemporanee. Dal 2002 al 2009 collabora con il MiBACT, tra le altre attività alla definizione del programma culturale del museo MAXXI di Roma, dove poi lavora dal 2010 al 2012. Come curatrice indipendente ha collaborato tra gli altri con La Triennale di Milano, la Fondazione Feltrinelli, il Centro Pecci di Prato, l’Istituto Centrale per la Grafica, la Fondazione VOLUME!, la Fondazione Pastificio Cerere (Roma). Nel 2015 cura la sezione Cut and Paste del Padiglione Italiano (diretto da Cino Zucchi) della Biennale di Architettura di Venezia. Autrice di numerosi saggi e pubblicazioni, scrive per le principali testate italiane, come Il Manifesto, Artribune, Flash Art, Domus, Abitare, Icon Design. Il suo libro più recente è "Giorni come stanze. Riappropriarsi della città" (Libria, 2020). Fa parte del direttivo dell’IN/ARCH Lazio.