Morto Enrico Cattaneo. Il fotografo che amava gli artisti

Se n’è andato il 5 luglio 2019 Enrico Cattaneo, il fotografo milanese che ha passato la sua vita tra gli artisti, le gallerie e la propria ricerca. Angela Madesani ricorda le vicende di una lunga e sincera amicizia

Enrico Cattaneo se n’è andato. Era un uomo molto intelligente, attento. Quando guardava le opere, anche le sue, si metteva una mano sul fianco e un’altra sul collo, pensava e poi parlava con la sua voce inconfondibile, in certi punti un po’ acuta, segnata dall’accento milanese e dal milione di sigarette che aveva fumato. Lo conoscevo da oltre vent’anni, tante volte ero stata nella sua grande casa studio, dove ha sede anche l’archivio, nel quale vigeva un ordine complesso fatto di quaderni, cassetti e cassettiere. Un ordine partito dai suoi inizi.

ENRICO CATTANEO, LA GIOVINEZZA

Nato nel 1933, a partire dalla metà dei Cinquanta ha iniziato a dedicarsi alla fotografia, al reportage, alla ricerca, per poi entrare in contatto con l’arte e farla divenire una professione. La matematica era per lui una passione esistenziale: studiava, leggeva, cercava di spiegare ai suoi interlocutori (che quasi mai erano al suo livello), problemi di risoluzione difficilissima. Ricordava, con una certa nostalgia, quando con altri, pochi, studenti delle facoltà scientifiche, tra cui Toni Nicolini e Franco Vaccari, aveva occupato il laboratorio fotografico del Politecnico di Milano. Lui era uno studente fuori corso di Ingegneria. E quindi i suoi esordi di fotoreporter, nella Milano della ricostruzione, quando cercava di infilarsi nei palazzi di ringhiera e veniva fermato dai portinai, che erano severi e intransigenti come guardiani dell’Ade. Il rapporto con i Realisti Esistenziali, con Sandro Luporini era stato determinante per la sua crescita.

Enrico Cattaneo, Man Ray e Ugo Mulas, Studio Marconi, Milano 1969

Enrico Cattaneo, Man Ray e Ugo Mulas, Studio Marconi, Milano 1969

ENRICO CATTANEO E GLI ARTISTI

Aveva una storia lunga e ricca di rapporti importanti, dei quali non si vantava mai. La sua capacità di guardare lo aveva portato a diventare il fotografo di riferimento per molte gallerie, soprattutto milanesi. Aveva fatto lavori importantissimi, sua la famosa foto del gattino, la seconda Soluzione di immortalità di Gino De Dominicis, sua la documentazione di molte delle prime mostre della galleria milanese di Massimo Valsecchi: Kudo, i Poirier, Baruchello, Hamish Fulton, David Tremlett. Quando raccontava di quegli anni Enrico si divertiva a ironizzare. Allora era tutto più semplice. Il fotografo portava a casa le opere senza assicurazione, le metteva nella sala di posa, le fotografava con la luce giusta. Una volta ha portato a casa dei feltri di Beuys. La moglie li ha riposti, scambiandoli per i feltri della lucidatrice. Storie paradossali che Enrico ti raccontava soave, facendoti ridere a crepapelle.

ENRICO CATTANEO, GLI ULTIMI ANNI

Cattaneo nel corso degli anni aveva portato avanti anche una sua ricerca personale, fatta di scatti “surrealisti”, ma anche di lavori di grande raffinatezza sui materiali della fotografia. Sapevo che Enrico amava gli animali. Quando era viva sua moglie ne aveva avuti parecchi, cani gatti; da quando era solo, credo da più di trent’anni, non se n’era più potuto occupare e non ne aveva più presi. Così quando sono andata a intervistarlo per la serie dei fotografi d’arte, che abbiamo pubblicato su questo giornale, ci sono andata con il mio fox terrier, Ambrogio, sapevo che in fondo quel cagnetto terribile lo divertiva. In quel frangente ha mangiato il cappello di lana di Enrico, che invece di arrabbiarsi, ha minimizzato tutto con il suo sorriso dolce, i suoi occhi dietro gli occhiali ridevano. Così voglio ricordamelo.

-Angela Madesani

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Angela Madesani

Angela Madesani

Storica dell’arte e curatrice indipendente, è autrice, fra le altre cose, del volume “Le icone fluttuanti. Storia del cinema d’artista e della videoarte in Italia”, di “Storia della fotografia” per i tipi di Bruno Mondadori e di “Le intelligenze dell’arte”…

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