“Tagliaferro s’interroga sull’uso dell’immagine fotografica, considerata non come semplice atto riproduttivo, ma come strumento in grado d’influire sull’interpretazione del reale”: così sosteneva Alberto Fiz in un catalogo del 2011 dedicato ad Aldo Tagliaferro (Legnano, 1936 – Parma, 2009). E tutto ciò emerge dalle opere esposte a Reggio Emilia – nell’ambito del Circuito Off di Fotografia Europea –, nelle quali la costante sperimentazione tecnica e poetica dell’artista è testimoniata attraverso differenti serie.
Dalle critiche al contesto socio-politico – pressoché inevitabili negli anni attorno al 1968 – alle analisi dei comportamenti umani, fino alle ricerche sulla fruizione delle opere d’arte e sulla memoria privata, i lavori di Tagliaferro fanno spesso uso di immagini tratte dai mass media, che vengono trasfigurate e combinate per proporne nuove letture. Ma l’artista usa anche fotografie di famiglia e scatti originali, com’è il caso della preziosa serie Identificazione oggettivizzata: numerosi fotogrammi che ritraggono due gemelli, originariamente montati in sequenza a formare una sorta di alfabeto minimale dei corpi di straordinaria efficacia segnica.
‒ Marta Santacatterina