Mario Puccini, il pittore che ricorda Vincent van Gogh

Al Museo della Città di Livorno una grande retrospettiva per conoscere la pittura di Mario Puccini e confrontarla con i contemporanei Ghiglia, Lega, Fattori, Liegi. Oltre 140 opere, con prestiti da numerose istituzioni museali italiane, raccontano un artista e il suo personale aggiornamento della Macchia in senso europeo.

Emilio Cecchi lo definì, nel 1913, “un Van Gogh involontario”. E la seconda parte della sua carriera lo vede effettivamente in sintonia con il tormentato artista olandese morto suicida nel 1890. Anche Mario Puccini (Livorno, 1869 – Firenze, 1920) ebbe una vita breve e sofferta, seppur iniziata sotto buoni auspici e nella relativa tranquillità della Toscana popolare del secondo Ottocento. Infatti, pur nato da un’umile famiglia, riuscì a completare gli studi d’arte presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze, dove fu allievo del concittadino Giovanni Fattori con il quale ebbe un legame profondo. Gli esordi pittorici lo vedono apprezzato ritrattista nella natia Livorno; intense le sue figure di giovani e vecchi, donne e uomini, dai volti espressivi, naturali, segnati nel bene e nel male dall’esistenza. Il suo rapporto con la Macchia, però, si sublima nel “dialogo” con Fattori, di cui la mostra offre un’ampia panoramica: se il tratto del maestro è però chiaro e disteso, dalla seconda metà degli Anni Novanta quello dell’allievo si fa drammatico e predilige toni più scuri, e le placide scene di campagna divengono occasioni di malinconica introspezione. Una profonda differenza rispetto agli esordi, dovuta a una grave crisi personale che ne segnò l’esistenza (che si fece sempre più solitaria), così come il suo modo di guardare alla realtà.

IL BUIO E LO SGUARDO SULL’EUROPA

Una grave crisi depressiva, dovuta a una delusione sentimentale, sfociò nel 1893 in gravi disturbi psicologici, che ne obbligarono il ricovero prima all’ospedale civile di Livorno e, dall’anno seguente, al manicomio di S. Niccolò a Siena, dove rimase fino al 1898. A questo proposito, una toccante sezione documentaria, che si avvale di fotografie d’epoca, delle cartelle cliniche e dei disegni di Puccini realizzati durante la degenza, trasmette al visitatore la portata di questa triste vicenda umana, prima ancora che artistica. E dove la matita, come sarà per Ligabue qualche decennio più tardi, costituisce l’unico conforto, l’unico mezzo per affermare la perduta libertà.
Un’esperienza difficile e sofferta che, al suo concludersi, portò radicali cambiamenti nella pittura di Puccini, come già accennato. La pittura di paesaggio prese il sopravvento sul ritratto, l’introspezione sostituì la narrazione, ma soprattutto, nei primi Anni Dieci del Novecento, Puccini guardò con interesse alle nuove tendenze dell’area europea, in particolare Cézanne e van Gogh, che poté ammirare a Firenze, nella celebre mostra promossa da Ardengo Soffici. D’ora in avanti la sua poetica pittorica sarà improntata alle nuove suggestioni del Post-impressionismo e del Divisionismo.

Mario Puccini, Il mandracchio a Livorno, s.d. Collezione Rangoni

Mario Puccini, Il mandracchio a Livorno, s.d. Collezione Rangoni

LIVORNO E LA CAMPAGNA

Immersa in una luce schiettamente mediterranea, la città natia è protagonista della pittura matura di Puccini, che predilige ancora una volta le marine, affrontate sia in luminosa chiave divisionista, sia in pensosa chiave tardo-impressionista. E per contrasto la zona del porto, dove si concentravano le maggiori attività cittadine; ma anche qui, pur in una smagliante luce ispirata a van Gogh, la solitudine sembra prevalere. Diverso il discorso quando l’artista racconta la campagna livornese, dove la lezione di Cézanne è assorbita sia nei colori sia nel tratto pittorico; opere in larga parte pre-espressioniste, che rivelano sia il rispetto e il legame dell’artista con la sua terra e la sua gente, sia una modernità creativa ancora oggi poco nota, resa possibile sia dall’attenzione al nuovo corso, sia, purtroppo, dalla sofferenza che si portava dentro. L’elegante allestimento della mostra, con raffinate pannellature blu che accolgono i quadri, contribuisce all’apprezzamento di questo lungo percorso di riscoperta e di confronto con l’opera dei contemporanei.

Niccolò Lucarelli

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Niccolò Lucarelli

Niccolò Lucarelli

Laureato in Studi Internazionali, è curatore, critico d’arte, di teatro e di jazz, e saggista di storia militare. Scrive su varie riviste di settore, cercando di fissare sulla pagina quella bellezza che, a ben guardare, ancora esiste nel mondo.

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