Esiste uno scarto netto, a livello concettuale e linguistico, tra le parole visibile e visionario. È da questo scarto che prende il via la mostra dedicata a Luigi Pericle (Basilea, 1916 – Ascona, 2001) presso la Fondazione Querini Stampalia di Venezia: un’esposizione che, attraverso il “visibile”, rivela e svela un artista che predilesse il lato “visionario” dell’arte e della vita, spingendosi oltre i loro stessi limiti per trovarne l’essenza più profonda.
LA STORIA DI LUIGI PERICLE
Curata da Chiara Gatti con Luca Bochicchio, Marco Pasi e Michele Tavola, la rassegna getta nuova luce sulla figura di Luigi Pericle, tra i protagonisti della pittura europea del secondo Novecento che, grazie all’impegno dell’Archivio a lui intitolato, dopo anni di oblio sta ritrovando il suo posto nell’ambito degli studi storico-artistici di quel periodo. Pittore, illustratore, letterato e intellettuale poliedrico con la passione per le filosofie orientali e l’esoterismo, Pericle negli Anni Cinquanta, insieme alla moglie Orsolina Klainguti, arriva ad Ascona, borgo della Svizzera che intorno agli Anni Venti – per la precisione su Monte Monescia, ribattezzato poi Monte Verità – ospitò la comunità di pacifisti, anarchici, teosofi, poeti, bohémien, antroposofi, vegetariani e femministe fondata nel 1900 da Ida Hofmann e Heinrich Oedenkoven ‒ e oggetto/soggetto della mostra curata da Harald Szeemann nel 1978. Un locus amoenus in cui Pericle trova rifugio, fuggendo dalla civiltà dell’apparenza e dal sistema dell’arte per immergersi in una dimensione altra, più vicina alle dinamiche dello spirito e alla natura.

LE OPERE
La mostra allestita presso l’Area Scarpa della Fondazione Querini Stampalia racconta il percorso di vita e d’arte di Pericle, attraverso dipinti su tela e su masonite, chine su carta, disegni, appunti, pagine di diario: dalla marmotta Max (protagonista dell’omonimo fumetto ideato proprio da Pericle) agli oroscopi e ai quadri astrologici, fino ai dipinti astratti che sembrano negare la figurazione, sebbene poi l’artista crei una sua personalissima forma di narrazione ispirata a temi e personaggi di filosofie, culti e dottrine occidentali e orientali.
Una coniunctio oppositorum di alchemica memoria che trova risoluzione dentro e oltre le forme visibili e visionarie dell’arte.
– Desirée Maida