Nella città di Prato tre mostre pensate per la comunità su misura per l’estate
Includere, coinvolgere, divertire. Queste le parole chiave che caratterizzano la programmazione estiva del Centro Pecci. Tre progetti, proiettati nel futuro ma in dialogo col passato, che valorizzano il museo in un’ottica di grande attenzione alla comunità

Il Centro Pecci di Prato propone un’estate all’insegna dell’inclusività con tre mostre che mettono al centro l’essere umano proponendo degli inaspettati cambi di prospettiva. Progetti che riflettono sul concetto di abitabilità, guardando al futuro senza dimenticare il passato, ma anzi a partire da quello. Così un attento studio degli spazi e della collezione permanente, in linea con le esigenze di un pubblico sempre variegato, ha portato alla realizzazione di Smisurata, a cura del direttore Stefano Collicelli Cagol, del responsabile collezione Stefano Pezzato, in collaborazione con l’architetto Ibrahim Kombarji; esposizione che, ponendosi come un omaggio agli ampi spazi del museo progettati dal Gamberini, mette in mostra venti opere di “taglia forte”. Lavori che, selezionati nell’ambito della “smisurata” collezione del museo, che conta oltre 1500 opere, crea un dialogo tra autori di storica e recente acquisizione. Opere iconiche, tra cui Senza titolo (Montagna), 1989, di Cucchi e Senza titolo, 1988, di Kounellis, realizzata con diversi materiali tra cui 72 litri di grappa, dal cui aroma è pervaso l’ambiente, si alternano a quelle di giovani artisti come Caterina De Nicola che apre il percorso con To Become a Butterfly of th Capitalist Extracting Surplus-value, 2023, grande installazione composta da sei lettere che formano la parola REFLUX. Un Mimmo Paladino giovane, con Così da vicino, 1980, ancora in cerca della sua inconfondibile poetica, dialoga con La spirale appare, opera che Mario Merz concepì nel 1990 appositamente per il Centro Pecci. Ancora, Coast to Coast 2006, raffinati dipinti di Paolo Parisi si interfacciano con le installazioni, come The Olds 1, 2022 di Lorenza Longhi.
Al Centro Pecci di Prato la “scala” diventa uno strumento critico
La scelta di proporre opere rigorosamente XL rappresenta una dichiarazione di intenti, dal momento che la scala diventa uno strumento critico attraverso cui mettere in discussione alcune regole canoniche della museologia. Come osservato dall’architetto Kombarji: “All’origine della mostra c’è una semplice domanda: “Smisurata” per chi? Spesso, negli allestimenti si danno per scontati diversi aspetti, senza soffermarsi sui concetti di abitabilità e inclusività che, essendo di recente acquisizione, non sono contemplati dalla museologia tradizionale. Mentre oggi si è compresa l’importanza di riflettere sullo spazio in termini di tempo, sensibilità e ascolto”.

“Smisurata” a Prato. Un allestimento efficace e inclusivo
E l’allestimento di Smisurata è effettivamente così riuscito da trasformare la mostra stessa in un’opera d’arte totale che, silenziosamente, parla ai visitatori a livello fisico, intellettuale ed emotivo. In mostra, non solo le opere ma anche le didascalie sono giganti e, lungi dall’essere meri elementi decorativi, creano una frizzante dialettica con le opere, volutamente allestite più in basso rispetto ai criteri tradizionali; in un percorso che, minimizzando le differenze, invita a osservare la realtà da un altro punto di vista. Ribaltamento preannunciato anche dalla Luna del 1968, di Fabio Mauri; opera che, facendo da strategica congiunzione tra Eccentrica, recente allestimento della collezione permanente e la nuova esposizione, conferma l’essenza dell’arte come viatico per accedere a nuove dimensioni e nuovi mondi, arrivando persino nello spazio.

La mostra personale di Davide Stucchi al Centro Pecci
In un circuito perfetto, al Centro Pecci ogni fine coincide con un nuovo inizio e così il termine di Smisurata sancisce l’inizio di Light Lights, personale di Davide Stucchi (Vimercate, 1988) a cura di Stefano Collicelli Cagol. Introdotta dal gioco di parole del titolo, la mostra conduce i visitatori in uno spazio mentale, immaginario che, pur evocando un ambiente domestico, si rivela non solo spazio interno ma proprio interiore, come suggerito anche dall’atmosfera rarefatta e soffusa. Ed effettivamente, il percorso si configura come una sorta di viaggio alla scoperta del sé, con sculture luminose e leggere che, realizzate tra il 2019 e il 2025, partendo da una riflessione personale dell’artista, riflettono dinamiche dal valore universale. In tutte le opere, che brillano di luce propria, convivono due elementi: l’uno quotidiano, familiare, riconoscibile; l’altro teatrale, spiazzante, in un incontro che, creando un’epifania dell’oggetto, inevitabilmente accende il pensiero. Così Stucchi che contravvenendo a una basilare regola espositiva, spegne le luci del museo per un’esposizione che “si mostra con i propri mezzi”, attraverso le sue delicate ma incisive sculture mette in luce le piccole contraddizioni di cui è costellata la quotidianità.

La mostra di Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi al Pecci di Prato
Anche in questo caso l’uscita coincide con una nuova entrata e conduce nella mostra dedicata a La Marcia dell’uomo, recente acquisizione del Museo, dei maestri della video arte Yervant Gianikian (Merano, 1942) e Angela Ricci Lucchi (Lugo di Romagna 1942 – Milano, 2018), a cura di Elena Maggini. L’opera, presentata per la prima volta alla Biennale di Harald Szeemann nel 2001, condensa in tre video di disarmante attualità un enorme lavoro di ricerca. Le sequenze, su tre grandi schermi, ridisegnando lo spazio, raccontano le repressioni e i vergognosi rimossi della storia. La Marcia dell’uomo, traslando le testimonianze d’archivio in una dimensione poetica e visionaria, amplificata dalla musica, si traduce in un’immersione totale, un viaggio onirico dalla fine dell’Ottocento, agli Anni Venti, fino agli Anni Sessanta. E mantenendo pienamente intatta la sua accezione artistica, senza mai cedere al documentaristico, l’opera denuncia lo sprezzante sguardo occidentale, carico di pregiudizi, sul continente africano.
Ludovica Palmieri
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