Due mostre nel centro storico Napoli riscrivono il rapporto tra arte, natura e memoria
Geopolitiche del visibile e del vissuto. La Fondazione Morra Greco ripensa il ruolo dell’arte attraverso i progetti di Peter Fend e Marina Xenofontos che, con linguaggi distinti, pongono una serie di interrogativi sulla contemporaneità

Nel cuore stratificato di Napoli, dove la storia si deposita in pieghe architettoniche e affreschi barocchi, la Fondazione Morra Greco ospita due progetti espositivi che – pur procedendo da direzioni opposte – convergono su una medesima urgenza: ripensare il ruolo dell’arte nel nostro presente ecologicamente, politicamente e affettivamente vulnerabile.
Alla Fondazione Morra Greco la mostra di Peter Fend
Con Lavoro per Natura Vivente, non solo Capitali, Peter Fend (Columbus, 1950) trasforma i saloni storici di Palazzo Caracciolo di Avellino in un osservatorio operativo. Le opere in mostra non sono semplici rappresentazioni, ma modelli di intervento, ipotesi attive per una riconversione ecologica del territorio. Nato da due residenze svolte in Campania nel 2024, il progetto si fonda su un’indagine radicale dei bacini idrografici del Sarno e del Volturno. Le immagini satellitari, le cartografie, i materiali raccolti in loco, si fanno strumento per una nuova forma di urbanistica naturale: Fend propone strategie di coltivazione marina, produzione energetica a basso impatto, e sviluppo di comunità autonome. Il suo gesto è pragmatico, ma visionario: arte che entra nel reale, che si allea con scienza, architettura ed economia per pensare un altro mondo possibile. La lezione è chiara: senza un ritorno consapevole all’acqua, non potrà esserci rinascita né ecologica né sociale.






Marina Xenofontos a Napoli
Di tutt’altro registro, ma ugualmente carica di tensione poetica, è Eternal, Returns, prima mostra personale istituzionale in Italia dell’artista cipriota Marina Xenofontos (Cipro, 1988). Ambientata nei saloni affrescati del primo piano, l’esposizione si presenta come un esercizio di riscrittura della memoria attraverso l’oggetto. Ogni elemento esposto – tende, mobili, supporti obsoleti come CD-ROM – è testimone di una stratificazione intima, di un archivio non ufficiale, che raccoglie frammenti di storia individuale e collettiva. In Carousel (2022), le tende provenienti da tutte le stanze abitate dall’artista dal 2001 a oggi portano su di sé l’ombra delle finestre, delle vite, delle architetture passate. In Code of Construction (2024), il mobile modulare ispirato alle camere da letto cipriote rimodula in chiave critica l’arredamento coloniale, mettendo in discussione la narrazione domestica e nazionale. Xenofontos costruisce così un linguaggio denso, fatto di luci, intermittenze, corpi dislocati, dove la favola si incrina, e sotto la superficie emerge la storia: quella del lavoro invisibile, del potere, delle ferite.
I due progetti accendono il dialogo con gli sfarzosi spazi della Fondazione Morra Greco
Le due mostre si specchiano nei soffitti affrescati e nelle contraddizioni dell’edificio che le ospita. Gli affreschi celebrativi delle famiglie Caracciolo e Carafa diventano nel progetto di Xenofontos contro-cornici critiche, mentre le installazioni di Fend sembrano sovrascrivere la topografia antica con una nuova geografia, sostenibile e condivisa. Due forme diverse di resistenza: una che agisce sul paesaggio naturale, l’altra che decostruisce l’architettura simbolica dell’intimo.
In un’epoca che ci anestetizza con il rumore del presente, queste due pratiche artistiche ci chiedono di tornare a sentire: l’acqua che scorre sotto la superficie, la polvere sulle tende, le storie dimenticate nei cassetti. È in questa materia viva, incerta, marginale, che si gioca oggi il senso più profondo della creazione artistica.
Alla Fondazione Morra Greco, l’arte torna a interrogare la realtà, ma lo fa con la precisione della scienza e la dolcezza dell’umano.
Diana Cava
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